il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2025
Morte di Gallo: analisi sul cibo per escludere l’ipotesi veleno
Per comprendere quanto sia delicato il caso della morte dell’ex poliziotto Carmine Gallo, deceduto mentre si trovava ai domiciliari per l’indagine sugli spioni di via Pattari, bisogna tornare alla mattina di domenica e a quello yogurt mangiato e poi sequestrato dai carabinieri.
Meglio: i carabinieri prima hanno portato via il barattolo di yogurt marca Müller pieno e cioè la confezione che solitamente si stacca e si ripone in frigorifero. E poi la confezione vuota e alcune sottilette. Oltre a questo, si legge nel verbale dei carabinieri di Garbagnate Milanese, anche una vaschetta vuota di prosciutto, una bottiglia di birra vuota, una confezione di pancarré oltre a sei confezioni di medicinali vari. Due giorni fa era domenica, e come tutte le domeniche, da quando aveva avuto il permesso dalla Procura, Gallo attende figli e nipoti per il pranzo. La moglie si è svegliata alle otto ed è scesa al piano di sotto per preparare da mangiare. Gallo, invece, è rimasto su a dormire. Forse prima ha consumato lo yogurt o forse lo ha mangiato la sera prima. Verso le 11, visto che non scendeva, la moglie è risalita trovandolo esanime nel letto. Tutto è avvenuto in un lampo. L’infarto non gli ha dato il tempo di chiedere aiuto. Il 29 gennaio, l’ex poliziotto, che era un maratoneta e che fino a qualche mese fa si allenava tutti i giorni, si era operato per un’ernia all’ospedale di Garbagnate. Le visite del prericovero ne avevano certificato la salute cardiologica. Nessuna avvisaglia all’orizzonte.
Ecco il punto. Perché che sia morto d’infarto non vi è dubbio. Il dubbio sta nella causa. E la causa, tra le ipotesi valutate dalla nuova indagine della Procura di Milano, è quella che possa essere stato avvelenato. Altrimenti non si spiegano i cibi e i farmaci sequestrati dalla scientifica che domenica è rimasta per ore nella casa della famiglia Gallo. A supporto dell’ipotesi le domande fatte alla moglie sui delivery ordinati di recente. Un dato, quello dell’avvelenamento, che se sarà confermato potrebbe aprire ben altri scenari, forse residuali, ma ritenuti possibili visto che l’inchiesta sulla società Equalize da ottobre a oggi si è trasformata in una vera e propria storia di spie, dove spesso il bianco è nero e il nero è bianco. Nel frattempo la Procura ha fissato per domani mattina l’autopsia e gli esami tossicologici. Di certo la morte di Gallo lascia molte domande in sospeso. Soprattutto dopo il suo ultimo interrogatorio del 22 gennaio. Un lunghissimo verbale nel quale ha spiegato al pm Francesco De Tommasi i rapporti tra Equalize ed Eni che ai presunti spioni di via Pattari aveva commissionato dei report, alcuni ritenuti in parte illegali dalla Procura visto che risulta indagato il direttore degli affari legali Stefano Speroni.
Ora il verbale è secretato e per quel che risulta sarebbe stato chiesto di scorporare gli atti che non hanno rilevanza penale. Di certo l’argomento resta al centro dell’indagine. Tanto che Carmine Gallo doveva essere risentito dalla Procura proprio sui rapporti con la società del Cane a sei zampe. E con lui anche l’hacker Samuele Sam Calamucci, il quale era già entrato in argomento. Insomma, erano ancora tante e tanto delicate le notizie che Gallo avrebbe dovuto fornire agli inquirenti. Tra queste anche i contatti dei frequentatori di via Pattari con quel presunto servizio segreto parallelo che si chiama squadra Fiore e sul quale sta indagando la Procura di Roma. Sul tema, infatti, era già stato sentito Calamucci che aveva fatto i nomi dei presunti appartenenti anche legati ai servizi segreti interni. L’interrogatorio di Gallo sulla squadra Fiore pur fissato era sempre slittato. Doveva dunque essere fatto, non lo sarà. Anche se Calamucci aveva spiegato che i contatti con gli spioni romani li aveva lui e non Gallo, anche attraverso un coindagato già legato ai Servizi segreti. Come si comprende, il livello superiore di questa indagine se pur fatto intravedere dai primi verbali di Gallo doveva essere messo a fuoco.
La sua morte, invece, rischia di fermare tutto. Non solo: in questa vicenda c’è una storia nella storia che a oggi non può essere svelata, ma che porta al tentativo di far ritrattare lo stesso Calamucci. Di chi fosse il piano resta ancora un omissis. Di certo il particolare aiuta a comprendere quali e quante siano al momento le forze di pressione su chi indaga e su chi è indagato. Tanto da far tornare alla memoria “quella mano oscura” evocata nell’inchiesta.