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 2025  marzo 11 Martedì calendario

Sicilia, Veneto&C.: le faide dentro FdI spaventano Meloni

Azzerate tutte le cariche regionali. Un vice capogruppo alla Camera dimissionario che parla ai giornali locali, di “liti e beghe interne”. E un commissario, espressione del presidente del Senato, inviato nottetempo da Roma con l’obiettivo di mettere fine alle faide. Non è il racconto di un piccolo partito o del Pd, spesso abituato a queste dinamiche. È il quadro di Fratelli d’Italia in Sicilia, prima forza politica che ha sempre rivendicato la sua natura di monolite granitico senza correnti e scontri interni.
Ma spaccature e faide in FdI – spesso comunicate con veline ai giornali – non riguardano solo la Sicilia. In molte altre Regioni d’Italia, il partito è spaccato tra fazioni e correnti. Divisioni che stanno preoccupando Giorgia Meloni, che da quando è a Palazzo Chigi non riesce più a occuparsi del partito, affidando tutto alla sorella Arianna Meloni (responsabile segreteria e adesioni) e a Giovanni Donzelli (responsabile organizzazione). Ma la gestione sui territori sta sollevando qualche perplessità sia perché Arianna Meloni non ha ancora deciso se prendere in mano il partito e non sta incidendo, sia perché Donzelli non riesce a occuparsi di tutto. Ieri se n’è parlato in una riunione in via della Scrofa a cui hanno partecipato i vertici di FdI e governo. Forse non è un caso che questa settimana a Firenze inizierà un tour tematico nelle Regioni in cui si andrà al voto.
Il caso della Sicilia è il più esplosivo. Giovedì via della Scrofa ha deciso di azzerare i due coordinatori regionali Salvo Pogliese e Gianpiero Cannella, oltre a portare alle dimissioni da vice capogruppo alla Camera di Manlio Messina. Sul repulisti ordinato da Roma pesa il caso che ha riguardato il vice capogruppo all’Ars Carlo Auteri (considerato vicino a Messina): le inchieste di Domani e Piazzapulita hanno raccontato i contributi pubblici per 125 mila euro assegnati dall’Ars a due associazioni legate, anche se indirettamente, al deputato siciliano. Auteri, che aveva minacciato il consigliere regionale La Vardera, si è autosospeso dal partito e già a novembre Messina aveva dato le dimissioni per poi ripensarci. L’altro caso che ha fatto esplodere la “questione Sicilia” ha riguardato il deputato siracusano Luca Cannata, vice capogruppo in commissione Bilancio a Montecitorio: tre ex assessori di Avola hanno accusato l’ex sindaco di avergli dato contributi in contanti non rendicontati. La procura di Siracusa ha aperto un fascicolo, senza indagati.
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Lo scontro in Sicilia è politico. Perché sull’isola il partito è diviso in tre fazioni: da un lato c’è la “corrente turistica” di Auteri e Messina (già assessore al Turismo) che fa riferimento al ministro Francesco Lollobrigida, dall’altro c’è quella del presidente del Senato Ignazio La Russa che ha affidato la gestione al suo fedelissimo presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e nel mezzo Donzelli, accusato dai suoi nemici di voler fare una corrente con i fedelissimi Carolina Varchi e Cannata. Per questo si è deciso di inviare un commissario da Roma: il deputato Luca Sbardella, figura di collegamento tra La Russa (era già nella sua corrente di AN) e Donzelli.
La Sicilia però non è l’unico caso. Due dirigenti di FdI raccontano che casi simili siano presenti in molte altre Regioni, ma la differenza è che qui “le cose non escono sui giornali”. Per esempio in Lombardia dove da mesi si scontra la fazione di La Russa e Daniela Santanchè con quella del capo delegazione al parlamento Europeo, Carlo Fidanza. In Veneto, invece, dove si vota nel 2025, l’europarlamentare Elena Donazzan è invisa al resto del partito, dal vice capogruppo al Senato Raffaele Speranzon al presidente della commissione Agricoltura Luca De Carlo. I tre si giocano la candidatura da governatore per il dopo-Zaia. Stesse dinamiche in Puglia dove la sfida tra Raffaele Fitto e Marcello Gemmato porterà FdI a scegliere un civico, probabilmente perdente, contro l’ex sindaco di Bari Antonio Decaro. Per non parlare del Lazio dove si affrontano i “gabbiani” di Fabio Rampelli e i meloniani di ferro: in questo caso la corrente del vicepresidente della Camera ha abbassato i toni perché Rampelli spera di diventare il candidato sindaco di Roma nel 2026.