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 2025  marzo 09 Domenica calendario

La globalizzazione delle Madonne senesi

L’arte religiosa europea nacque a Siena nel XIV secolo. È la tesi di Siena. The Rise of Painting 1300-1350, mostra con la quale, in collaborazione con il Metropolitan Museum of Art di New York, la National Gallery di Londra continua le celebrazioni per i duecento anni dalla sua fondazione (la nuova entrata sarà inaugurata a maggio). L’esposizione, curata da Caroline Campbell e Stephan Wolohojian con John Pope-Hennessy, Laura Llewellyn e Imogen Tedbury (catalogo a cura di Joanna Cannon, sponsor Intesa Sanpaolo), aperta dall’8 marzo al 22 giugno, celebra i successi e la diffusione di quattro maestri senesi, riunendo per la prima volta opere disperse in vari musei: Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti più scultori, orafi e intagliatori.
L’identità collettiva di Siena fu di sentirsi sotto la protezione «personale» della Vergine. I cittadini ne trassero conferma il 4 settembre 1260 quando, a Montaperti, sconfissero le soverchianti forze dei fiorentini. Dal 1287 al 1355, sotto il governo del Consiglio dei Nove, il cosiddetto Buon Governo, sorsero il palazzo pubblico e la cattedrale in onore della Vergine dove, il 9 giugno 1311, fu rivelata la sublime Maestà di Duccio di Buoninsegna, opera di eccezionale innovazione dalla quale prende avvio la rivoluzione senese che investì l’Europa. Questa rivoluzione costituisce un esempio di trasmigrazione delle immagini e di come la pittura cattolica plasmò una comune cultura europea.
Si parte da sua maestà la Maestà di Duccio della quale sono esposti, per la prima volta uno a fianco all’altro, gli otto pannelli della base posteriore e due dell’anteriore. Duccio era una testa calda e la confraternita, con sede in Santa Maria Novella a Firenze, che gli affidò l’incarico gli disse che non sarebbe stato pagato se la pala «non fosse stata dipinta magnificamente e secondo [i loro] desideri». Fu pagato. La predella della Maestà è la più antica base di una pala d’altare sopravvissuta. Narra nel retro – che era la parte in vista da tutti i fedeli – scene della vita di Gesù, come tre Tentazioni di Cristo (soggetto ripreso in molte chiese del centro Italia), le Nozze di Cana e la Resurrezione di Lazzaro. In quegli stessi anni, Duccio dipinse anche alcune Vergini con bambino, come quella del Metropolitan (1290-1300), che hanno la caratteristica di presentare sempre il bambino sulla destra perché era il primo lato o anta che si scopriva o apriva ai fedeli. Per il cardinale Niccolò da Prato, Duccio realizzò due altarini portatili, che nella mostra londinese sono, per la prima volta, uno di fianco all’altro. Sono la Madonna con bambino tra San Domenico, Sant’Aurea, patriarchi e profeti (1312-15 ca.) della National Gallery e la Crocifissione, San Nicola, San Clemente e il Redentore con angeli (1311-1318 ca.) del Museum of Fine Arts di Boston, quest’ultimo ripreso (con anche i due ladroni) da Ambrogio Lorenzetti.
Questo nuovo verbo delle Madonne senesi non nacque dal nulla: i precedenti giotteschi sono quelli della Basilica di San Francesco ad Assisi e la postura delle Vergini è quella appresa dagli originali bizantini che circolavano. Ma da allora, come sottolineano anche le curatrici, «la pittura si fece ambasciatrice della città presso chiese e corti europee». La generazione successiva a Duccio, infatti, portò questo verbo figurativo fuori dalla città. Come mostra il celebre affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, le mura di Siena esprimevano sicurezza per i cittadini mentre le porte invitavano al viaggio lungo la via Francigena. Un viaggio che poteva essere intrapreso per commercio, pellegrinaggio o diplomazia; a piedi, a cavallo o in carretto. Le mete più prossime erano Arezzo e Cortona... ma i senesi si spinsero sino a Napoli e ad Avignone. Inoltre, il porto di Talamone, dipinto in lontananza nell’affresco di Lorenzetti, consentiva a Siena rotte di collegamento con il commercio globale già nella prima metà del XIV secolo. Pietro e Ambrogio Lorenzetti, quest’ultimo con le sue coloratissime Storie della vita di San Nicola (1332-1334 ca.), lasciarono tracce preziose soprattutto in Toscana: di Pietro è in mostra l’intero Polittico della Pieve (1320) e la Crocefissione tridimensionale di Cortona. Lo scultore Tino di Camaino raggiunse, invece, Napoli e realizzò per il nobile Gastone della Torre uno spettacolare monumento funebre del quale restano quattro pezzi qui riuniti. Chi portò in Europa il verbo senese fu Simone Martini (circa 1284-1344), la cui formazione avvenne con Duccio. La sua fu una bottega famigliare: nel 1325 sposò Giovanna Memmi, figlia del pittore Memmo di Filippuccio e sorella di due collaboratori, Federico e Lippo Memmi che lo seguirono ad Avignone come altri «minori». I sette pannelli in mostra di Simone Martini sono tutti datati dal 1325: il più affascinante è La Vergine col Bambino sopra i Santi Elena, Paolo, Domenico, Stefano e una monaca domenicana (1325 ca., Isabella Stewart Gardner di Boston).
Intorno al 1333 Simone partì per Avignone al seguito del cardinale Jacopo Stefaneschi. Francesco Petrarca, che lì lo conobbe, compose due sonetti in lode del suo pennello «miracoloso»: del ritratto di Simone dell’amata Laura del poeta, Petrarca scrisse che sembrava come se la «cortesia» stessa lo avesse fatto («Cortesia fe’»). Simone fu l’artista che introdusse nelle corti la pittura senese. Stupefacente il suo altarino portatile, il Polittico Orsini (in musei diversi), un quadrittico sul verso e un dittico sul recto con i raffinatissimi fondi oro della Annunciazione e dell’Arcangelo Gabriele. Moderna l’espressione dei volti in Gesù scoperto nel tempio (1324, dal museo di Liverpool) che Simone dipinse per un avignonese nel quale si legge tutto lo stupore di Giuseppe e Maria di fronte al riconoscimento di un figlio che prende distacco dalla famiglia. Viaggiarono così tanto queste immagini che furono fatte proprie dai miniaturisti: si ritrovano già nel Libro d’ore di Jeanne D’Evreux, regina di Francia, illustrato da Jean Pucelle, e nel più tardo (1404-1409) Libro d’ore del duca di Berry miniato dai fratelli Limbourg.
Quando quest’arte arrivò in Inghilterra, i pittori della rivoluzione senese erano già morti. L’impatto dell’arte senese, e anche francese, è evidente nel Dittico Wilton, commissionato dal re Riccardo II intorno al 1397 dopo il matrimonio con Isabella, figlia di Carlo VI di Francia. Questo dittico, dipinto in recto e verso, raffigura Riccardo presentato dai Santi Edmondo, Edoardo il Confessore e Giovanni Battista alla Vergine col Bambino e agli angeli. Sul verso reca lo stemma reale d’Inghilterra con lo stemma mitico di Edoardo il Confessore e l’emblema di Riccardo, il magnifico cervo bianco illuminato alla moda senese.