Robinson, 9 marzo 2025
Il fotografo che creò la moda
Sembra di entrare in un’altra epoca o, almeno, è questo ciò che viene da pensare dopo aver messo piede nella prima delle tante stanze che Palazzo Reale, a Milano, ha messo a disposizione di George Hoyningen-Huene, il barone della fotografia. Colui che, secondo Richard Avedon, era «un genio, il maestro di tutti noi». E sembra di entrare in un’altra epoca, e cioè negli anni Trenta del secolo scorso, non tanto per la data impressa sulle fotografie e nemmeno per le ottime stampe al platino, quanto per quella che la generazione prima della nostra definirebbe un’eleganza “d’altri tempi” e che è, in pratica, impressa in ogni istantanea presente sulle pareti di Palazzo Reale. «Huene seppe interpretare la cultura visiva tra gli anni Venti e Quaranta, giungendo a esiti di tale originalità e qualità da costituirsi come icona eterna in cui si riverbera lo Zeitgeist dell’epoca» ha detto Domenico Piraina, il direttore del museo. E come dargli torto. Aperta fino al prossimo 18 maggio, la mostra si intitola George Hoyningen-Huene. Glamour e avanguardia e l’ha curata Susanna Brown, per oltre un decennio curatrice del Victoria & Albert Museum di Londra. Più di cento fotografie per la prima volta esposte in Italia, suddivise in dieci sezioni che vanno dai viaggi alla moda, dalle modelle-icone all’incontro con Coco Chanel e via dicendo. Una sorta di storia della storia è, d’altronde, la vicenda personale di Huene, che è nato a San Pietroburgo nel 1900 e, diciassette anni dopo, si ritrova a essere un giovanissimo aristocratico poliglotta che decide di scappare dalla Rivoluzione bolscevica.
«Era l’unico figlio maschio del barone Von Hoyningen- Huene e di madre americana, cresciuto alla corte dello zar Nicola II, immerso nella cultura classica e circondato dal fermento delle avanguardie artistiche di quell’epoca» ha spiegato Giulia Fortunato di CMS. Cultura che, insieme all’archivio del fotografo, ha prodotto la mostra.
È, insomma, un giovane che si trova già al centro della storia quando giunge nella città centro dello stile e della cultura, cioè Parigi, dove in poco tempo diventa capo dello studio fotografico di Vogue.
Frequenta Man Ray, Picasso, Picabia, Cocteau e Salvador Dalí, fino a scoprire la fotografia a colori. C’è un’immagine scattata da Walter Limot in cui si riconosce Huene manovrare un enorme faro e un’altra, ancora più bella, che sembra un’opera d’arte a sé stante e che è scattata da Philippe Halsman. In quest’ultima, si vede Huene, in un gioco di luci e ombre, che fotografa Rita Hayworth. Sono, entrambe, la testimonianza di come il mondo della fotografia di moda, a quei tempi, era un processo articolato, difficile, basato non solo sulla collaborazione tra modella e fotografo: anche solo per manovrare le pesantissime attrezzature dello studio o calibrare le luci al tungsteno, era necessaria una squadra di assistenti. Eppure, visto che parlavamo di eleganza di altri tempi, la sensazione è che tutto lo sforzo di imbastire quelle necessarie produzioni colossali, svanisce davanti al senso di immacolatezza delle fotografie di Huene, che diventano perciò un esercizio quasi miracoloso sopravvissuto ai decenni.
«Ma è l’incanto delle forme classiche della statuaria e dell’archeologia greca, insieme alle atmosfere luminose e alle sfumature magiche della Tunisia» prosegue Fortunato, «a ispirare alcuni dei suoi scatti più seducenti, tra cui i vibranti nudi maschili, che anticipano gli scatti del fotografo americano Herb Ritts negli anni Ottanta e Novanta». È proprio l’arte e l’architettura classica a influenzare, dunque, non solo la sua fotografia di moda di Huene, ma a regalare, in questa mostra milanese, le stanze più suggestive, ovvero quelle dei lavori di nudo maschile. Al pari dell’altro barone, ovvero Wilhelm von Gloeden, e maestro, fra gli altri di Herbert List e Robert Mapplethorpe, Huene ha lasciato nel suo archivio scatti in cui i suoi modelli (molti dei quali senza identità, a parte quelle più famose che vedono come protagonista il compagno e discepolo Horst P. Horst) appaiono come sculture senza tempo. Non è un caso che il suo primo libro, Meisterbildnisse, pubblicato agli inizi degli anni Trenta, contenesse l’opera Giovane atleta, ovvero una composizione in cui Horst è ritratto come un moderno atleta che si protegge dalla luce del sole. E che dire, poi, dell’operaSudanese nudo, un uomo senza nome, probabilmente Amor Benila, che sovrasta, in tutti i sensi, una delle stanze finali dell’esposizione di Palazzo Reale. «Visitare questa mostra significa immergersi in un’atmosfera di bellezza e di incanto atemporale, respirare il senso dell’armonia e dell’equilibrio», spiega Domenico Piraina.
Capitolo a parte meritano sicuramente gli undici anni trascorsi da Huene nella redazione americana di Harper’s Bazaar dove, dicevamo, l’artista di San Pietroburgo ha scoperto il magico mondo della fotografia a colori. Sono anni, d’altronde, di profondi cambiamenti sia nell’ambito della fotografia che della moda. Questo l’antefatto: a seguito di una bega contrattuale, Huene lascia Parigi in concomitanza con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la chiusura della maggior parte delle maison parigine. A New York si ritrova schiacciato da una parte dalla nascita del settore del prêt-à-porter, dall’altra, dai progressi della tecnologia fotografica che ampliano, o forse è meglio dire sconfinano, i perimetri dell’arte. In quel periodo, Huene pubblica su Bazaar oltre duemila fotografie non solo di moda, ma anche ritratti, viaggi, nature morte. Decenni dopo, analizzando quel periodo della sua carriera, dirà: «Penso di poter dire che sono diventato il miglior fotografo di moda tra il 1930 e il 1945». E aveva certamente ragione.