Robinson, 9 marzo 2025
Le maschere del tiranno
Siamo abituati a pensare che i classici siano qualcosa di polveroso, troppo lontano e diverso da noi, se non estinto per sempre. E invece, nella contemporanea frenesia del nostro tempo, stretti nell’illusione di assistere alla catastrofe di tutto (per non parlare di chi invoca “la fine della storia” o il ritorno di un infinito Novecento), la loro voce risuona implacabile. Le nostre democrazie sono in crisi, il sogno dell’Occidente fatto di diritti, libertà e benessere si è schiantato contro sacche di povertà, città consumate e abbandonate nel disagio sociale, all’orizzonte s’addensano le nubi dell’ultradestra neonazista, e retoriche ipernazionaliste infiammano ancora i cuori e le folle, soffiando abilmente sul fuoco dell’odio etnico e razziale (anche grazie all’aiuto di un’abile disinformazione di massa, che corre sul filo delle false notizie, gettate come bombe nello spazio social).
Conviene allora fermarsi un attimo, lasciando sullo sfondo rancori e disincanto, e accettare di farci prendere per mano dai nostri antenati un po’ presbiti, capaci di vedere oltre il loro tempo storico, e persino di prevedere (non sempre consapevolmente) ciò che ancora oggi non ci aspettiamo. Potremmo sorprenderci nello scoprire che uguaglianza e libertà sono da sempre sotto attacco, ma non per forza il governo dei molti è destinato a tramutarsi in dittatura. Il potere velato, documentatissimo saggio di Michele Ciliberto, potente fin dal titolo, è un viaggio nelle infinite maschere della superba tirannia, con il suo carattere occulto e ambiguo, abile nel mentire e dissimulare. Come una Medusa dai molti serpenti in testa, l’imperatore Tiberio, narrato negli Annali di Tacito, è un uomo sedotto dalla solitudine del comando e in fondo costretto a scegliere il dispotismo in nome della necessità (oggi diremmo dell’interesse nazionale o della ragion di Stato), per mettere fine a discordie e guerre civili. A sua discolpa, i contemporanei raccontano di una vita infelice, costretto da Augusto a separarsi dalla sua amata Vipsania, per sposare Giulia. Ma la tirannia non può averla vinta sulla virtù del governo del popolo.
E proprio in nome della pace e della sicurezza, alla tirannia bisogna dare la spallata finale, come sostiene Machiavelli, finalmente liberato dalla leggenda nera del “machiavellismo”, che per troppo
tempo ha violentato il suo pensiero: un uomo ispirato dall’ethos civile, un patriota repubblicano, estraneo alle derive tiranniche del potere, pronto a elogiare il governo del saggio Principe, che soprattutto in tempo di crisi dell’Europa, si fa guidare da ragione ma anche da pazzia, intesa come sentimento della passione. Ovvero dalla visione del futuro, solo per il bene della Patria. Per questo il potere deve circondarsi non di lacchè o “nuovi corsari” (amici di partito “parassiti” o “favoriti”, secondo Bodin), ma di consiglieri e comandanti militari, preparati e abili per competenza, non per natura. Per un uomo solo al comando, in fondo,tenere sulle spalle tutto il peso del potere è insostenibile, come cerca di spiegare Spinoza nel suo Trattato politico. Ma per tramutare l’uguaglianza in una “sorgente di libertà”, o meglio per tenere viva e vitale una democrazia c’è bisogno di un sano conflitto (oggi fin troppo demonizzato, se non equiparato alla delinquenza): come a dire che «senza lotta fra individui, ceti, classi, senza scontro tra gli umori, l’eguaglianza decade nell’inerzia e spalanca le porte a nuove forme di dispotismo», tanto per usare le parole dell’autore. È la lezione che viene dalla storia romana con il passaggio dalla Repubblica al principato, ma anche dai tempi moderni, oggi che lo scontro per i domini del mondo ha trasformato l’antica tirannia nell’archetipo di tutti gli attori contemporanei, pronti a calcare il palcoscenico della comunicazione di massa, per umiliare gli sconfitti in guerra o costruire resort di lusso sulle ossa dei morti. A cancellare la libertà, in fondo, ci vuole poco o niente, anche senza arrivare all’estremo dellacondanna a morte o dell’esilio dei nemici politici. Il caos, il disordine, quando un intero mondo sta finendo e un altro è ancora al di là da venire, e il potere fa uso delle armi per affermare la sua volontà: bisogna considerare il limite della natura umana ed essere disposti a fare i conti con una fortuna che non possiamo controllare mai, questo ci insegna ancora Machiavelli, soprattutto quando si scatenano guerre e aggressioni, a segnare la nuova età della crisi.«Il forte renderà schiavo il debole, e il figlio violento colpirà a morte il padre», dice Ulisse nel Troilo e Cressidadi Shakespeare. Ma attenzione che proprio dai reietti (come storia insegna) arriverà il rovesciamento degli ordini del mondo. «Rivesti il peccato d’una corazza d’oro / e la forte lancia della giustizia si spezza / senza far danno; armalo di stracci / e la paglia d’un pigmeo basta a trapassarlo».