Tuttolibri, 8 marzo 2025
E De Dominicis portò al museo una vecchia carrozza e una mozzarella vera
L’ironia è tra le componenti di fondamentale importanza nelle arti visive dalle prime ricerche d’avanguardia agli sviluppi postmoderni degli ultimi decenni fino alle tendenze più strettamente contemporanee. Questa affascinante e sfuggente pratica concettuale e espressiva si caratterizza attraverso interventi di détournement, paradossi sconcertanti, ribaltamenti e deragliamenti sottili o perturbanti di significato; e anche enfatizzando la dimensione autoreferenziale del linguaggio con giochi metalinguistici e intertestuali. Ma va detto che un’operazione ironica, in tutte le sue varie modulazioni, ha un’autentica funzione artistica quando non è fine a se stessa ma riesce a mettere in crisi e destabilizzare schemi formali e iconografici omologati, aprendo a inediti spazi semantici ed estetici e generando nuove prospettive di senso e visioni della realtà.Ed è proprio sul tema cruciale dell’ironia che si incentra la mostra Facile ironia, con cui la Galleria d’arte moderna di Bologna, il MAMbo, ha scelto di celebrare i cinquant’anni della sua fondazione: una vasta rassegna che ripercorre, attraverso opere di circa cento artisti e artiste di varie generazioni, le principali fasi dell’arte italiana degli ultimi settant’anni, con la presenza anche di alcuni precedenti storici, maestri di ironia, come Giorgio de Chirico e Alberto Savinio. La mostra curata da Lorenzo Balbi e Caterina Molteni si sviluppa all’interno di uno straordinario allestimento ideato da Filippo Bisagni che rievoca il progetto non realizzato di ristrutturazione della sede museale di Aldo Rossi (e il suo geniale repertorio di elementi architettonici).
Il percorso espositivo è articolato in sette sezioni che mettono in scena le declinazioni ironiche da diverse specifiche prospettive d’analisi: l’ironia come paradosso; come gioco; come critica femminista alla società; come critica istituzionale; come strumento di mobilitazione politica; come nonsense; e anche con un focus attualissimo sulla memestetica del web.Il centro nevralgico della mostra è costituito dalla parte dedicata al Paradosso, il rovesciamento simultaneo del senso comune alla base dei procedimenti ironici, esemplificato con opere provocatorie come la mitica Merda d’artista di Manzoni, lavori fortemente concettuali di Agnetti, Mauri, Boetti, Salvo, Favaretto, e anche sculture ibride di Vezzoli e Pivi e i piccioni tassidermizzati di Cattelan. Ma la presenza più spettacolare è la Mozzarella in carrozza (1968-70) di De Dominicis, che troneggia all’entrata: una vecchia carrozza nera con sul sedile una vera mozzarella, che crea un assurdo cortocircuito fra metonimia e metafora.Tra le forme più tipiche di ironia è quella che gioca con le regole dei linguaggi visivi e si ispira anche alla dimensione dell’infanzia. In questa sezione, che si apre con l’immaginifica accumulazione di giocattoli surreali dipinta da Savinio, spiccano in particolare le ludiche invenzioni plastiche di Bruno Munari come le fluttuanti Macchine inutili e le piccole Sculture da viaggio; il quadro quadrettato pseudo-infantile di Aldo Mondino; e la poetica danza di fili Linee (ispirata a Melotti) di Eva Marisaldi.Di particolare interesse è la ricognizione sulle strategie ironiche messe in atto dalle artiste impegnate nella critica femminista contro l’ordine patriarcale nella società e contro le discriminazioni nel sistema dell’arte. Ben documentati sono i lavori delle protagoniste delle tendenze degli anni ’60/’70, come quelle attive nel campo delle ricerche verbo-visuali (Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga); quelle del Gruppo XX e del gruppo Donne/Immagine/Creatività. E va citata anche Marcella Campagnano che con le foto della serie L’invenzione del femminile RUOLI (1974) anticipa per certi versi Cindy Sherman. Radicalmente provocatori sono lavori più recenti di artiste come Chiara Fumai (purtroppo morta prematuramente) che dichiara «A male artist is a contradiction in terms»; e Monica Bonvicini che presenta una mano di bronzo intitolata Grab Them by the Balls.Nella sezione dell’ironia come critica istituzionale molti lavori di carattere concettuale sono tesi a destabilizzare radicalmente le strutture dominanti del sistema dell’arte. Ecco qualche esempio. Di Giuseppe Chiari, protagonista di Fluxus, c’è un manifesto in cui si legge: «L’arte è finita. Smettiamola tutti insieme» (1974). Il poverista Emilio Prini nel 1970 partecipa a una mostra internazionale solo con la scritta «Confermo la mia partecipazione». Maurizio Mercuri presenta Il preventivo (2022), un vero preventivo tecnico dei costi per la distruzione del MAMbo, dove il preventivo stesso è esposto come opera.La sezione dedicata a ironiche azioni politiche si occupa degli interventi di singoli artisti e gruppi di attivisti. Di Piero Gilardi (come animatore impegnato nei cortei del I maggio dagli anni’60) è proposto il satirico pupazzo in poliuretano Renzi che salta. Ed è ben documentata l’attività degli Indiani Metropolitani a Bologna nel 1977, e quella più sofisticata dei sabotaggi culturali del gruppo anonimo situazionista Luther Blisset negli anni ’90.Infine, protagonisti della sezione del nonsense, sono gli esponenti della poesia concreta e sonora, attivi dagli anni ’60/’70 (Arrigo Lora Totino, Adriano Spatola, Giulia Niccolai, Patrizia Vicinelli) di cui si possono ascoltare anche delle performance registrate.