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 2025  marzo 08 Sabato calendario

Sei mesi sulla calotta polare Così Rasmussen frenò le mire Usa sulla Groenlandia

La Groenlandia è una macchia bianca all’estremità settentrionale dell’Oceano Atlantico. Più simile al Polo Nord, pur essendo un’isola e non un immenso blocco di ghiaccio, che a qualunque altra terra emersa. Un angolo del pianeta così scarsamente popolato da essere spesso e volentieri messo fra parentesi, se non completamente dimenticato. Eppure è bastato che il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump rilanciasse la proposta di acquistarla, già formulata fra gli sberleffi generali durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, perché il mondo intero cominciasse a guardarla con occhi diversi. E non solo perché oggi a ridere, non solo per questo, sono rimasti in pochi. Stiamo parlando di un territorio da 2,1 milioni di chilometri quadrati per 56 mila abitanti complessivi tuttora appartenente alla Corona danese, ma non all’Unione europea, da cui è uscita nel 1985. Dal 2009 gode di un certo grado di autonomia per quanto riguarda legislazione, giustizia e gestione delle risorse naturali, mentre finanze, politica estera e difesa sono ancora
appannaggio di Copenhagen.Per comprenderla, però, più che riflettere sugli appetiti dei suoi ingombranti vicini per le terre rare di cui è ricca o sul potenziale geopolitico e commerciale cresciuto ulteriormente a causa dello scioglimento dei ghiacci polari, forse val la pena cominciare dalla sua geografia. E dalle storie di chi, a cavallo fra Ottocento e Novecento, si dedicò a mapparne insenature e montagne. A Nord di Thule del grandissimo esploratore danese Knud Rasmussen è una di queste. Rielaborato a partire dai suoi diari giornalieri, il libro è un resoconto dettagliato della spedizione che nel 1912 partì da Thule, una base commerciale sulla costa occidentale fondata anni prima dallo stesso Rasmussen, con l’intenzione di attraversare il Nord dell’isola fino all’Indipendence Fjord. L’obiettivo, oltre a quello di descrivere una porzione finora sconosciuta della calotta glaciale e di verificare l’esistenza del canale di Peary (e dunque la fondatezza delle rivendicazioni americane sul lembo nord orientale della Groenlandia), era anche quello di ritrovare i protagonisti di una precedente missione danese spariti nel nulla. Oltre a Rasmussen, figlio di un pastore della Chiesa danese nato nel 1879 nella cittadina groenlandese Jakobshavn (oggi Ilulissat), del gruppo facevano parte il cartografo Peter Freuchen e i cacciatori inuit Inukitsoq e Uvdloriaq.Il loro viaggio durò oltre sei mesi e si concluse con alcune interessanti scoperte scientifiche, pubblicate in un volume della “Commissione per la direzione delle ricerche geologiche e geografiche in Groenlandia”, con la certezza che l’isola di Peary non è un’isola (le mire di Washington, insomma, si basavano su un errore) ma soprattutto con un’avventura unica. Oltre ad attraversare la calotta glaciale, un paesaggio così minimalista, totalizzante e candido da sembrare quasi onirico, Rasmussen e i suoi compagni dovettero infatti sopravvivere cacciando foche, lepri e buoi muschiati, costruendo igloo in cui ripararsi dalle tormente di neve e sparando ad alcuni dei loro fedelissimi cani per sfamare il resto delle mute che trainavano le loro quattro slitte.Pagina dopo pagina si coglie la grandezza della cultura inuit, una cultura forgiata in secoli di vita in un clima estremo, raffinata ed essenziale: ogni singola orma sulla neve parla, se si ha la pazienza di stare ad ascoltarla, ogni singola parte di una preda può e deve essere utilizzata, perché spesso la differenza fra vivere e morire passa per un buon paio di kamiq (stivali simili a una seconda pelle). E poi si resta ammutoliti davanti alla magia della natura, spiata dall’autore con la consapevolezza di essere soltanto un testimone casuale. Lui scrive: «un misero essere umano». E forse è proprio qui che è racchiusa l’attualità di questo libro scritto oltre un secolo fa. In un’epoca in cui il presidente americano fa la voce grossa per mettere le mani sulle risorse naturali della Groenlandia, Rasmussen ci ricorda che la grandezza degli uomini nasce dal riconoscersi piccoli e insignificanti. E dal ringraziare la natura per ogni singola lingua di bue muschiato condivisa con un amico sotto il sole che non tramonta mai dell’estate polare.