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 2025  marzo 10 Lunedì calendario

Uccise un russo durante una missione nel porto di Novorossijsk: condannato militare della Marina

Uccise un ragazzo russo nel 2001, ora deve risarcire lo Stato per oltre 770mila euro. Dopo oltre vent’anni dai fatti, la giustizia contabile presenta il conto. Un sottufficiale della Marina Militare, Giuseppe Pillera, è stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire il ministero della Difesa per danno erariale.
La vicenda risale alla notte del 10 settembre 2001, quando, nel porto di Novorossijsk, in Russia, scoppiò una violenta discussione tra alcuni giovani del posto e alcuni marinai italiani dell’incrociatore Vittorio Veneto, all’epoca ormeggiato in quella città durante una missione. La situazione degenerò rapidamente, trasformandosi in una rissa. Tra spintoni e insulti, un sottufficiale estrasse un’arma da taglio e colpì alla spalla un russo di 18 anni. Il giovane, nonostante i tentativi di soccorso, morì poco dopo a causa della ferita.
Il militare, autore del gesto, fu identificato e sottoposto a processo. Nel corso degli anni, il caso giudiziario ha seguito un iter complesso, con sentenze che hanno progressivamente delineato la responsabilità dell’imputato. Il Tribunale civile di Roma stabilì che i familiari della vittima dovessero ricevere un risarcimento per i danni morali subiti, fissato in 858 mila euro. Tale somma venne pagata dal Ministero della Difesa a settembre 2016.
Tuttavia, la magistratura contabile ha successivamente ritenuto che il risarcimento versato non potesse rimanere un onere a carico dello Stato, ma dovesse ricadere su chi aveva materialmente causato il danno. La Procura regionale della Corte dei conti ha quindi avviato un procedimento nei confronti del sottufficiale, sostenendo che l’erario avesse subito un danno economico diretto. Il militare è stato formalmente invitato a fornire le proprie deduzioni e a presentare eventuali documenti a sua difesa. Nel giorni scorsi, dopo un’attenta analisi del caso, la magistratura contabile ha emesso la sentenza. Il sottufficiale è stato condannato a restituire 770mila euro al Ministero della Difesa, una somma molto vicina a quella pagata dallo Stato ai parenti della vittima.
La sentenza segna un ulteriore sviluppo in una vicenda che ha attraversato diversi gradi di giudizio, dalla responsabilità penale a quella civile, per finire a quella contabile.