il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2025
Ue, il gioco d’azzardo è un Far West: illegale il 70% di quello online
Il 19 luglio del 2023 il giudice maltese Toni Abela ha chiuso presto l’ufficio, dopo aver preso atto che l’ordinanza della Corte Suprema austriaca sul gioco d’azzardo non sarebbe stata applicata a una società registrata a Malta. Un mese prima, il Parlamento maltese aveva infatti approvato il “Bill 55”, un emendamento alla legge sul gioco d’azzardo, che sancisce che per le società di gioco d’azzardo domiciliate a Malta, le sentenze straniere, comprese quelle della Corte di Giustizia europea, non si applicavano. Il giudice Abela e la società in questione, il gigante delle scommesse Flutter, potevano quindi dormire sonni tranquilli.
Benvenuti nel gioco d’azzardo online, un mercato in esplosione, 32 milioni di consumatori solo nell’Ue, un giro d’affari da 40 miliardi e giocatori sempre più ludopatici. Un settore spinto dal mercato unico, dove ogni società è libera di operare in un altro paese Ue, ma ormai “fuori dal controllo della maggior parte dei governi”, come ha spiegato a Investigate Europe Charles Livingstone, membro del gruppo di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul gioco d’azzardo e i disturbi da gioco. “Molti governi non capiscono come si creano i problemi e non hanno messo in atto una regolazione adeguata per affrontarli. Il risultato è un Far West”. A differenza di tabacco o alcol, che pure creano dipendenza, il gioco d’azzardo non è regolamentato nell’Ue: un buco che s’allarga ogni giorno.
Ogni Paese ha le proprie leggi e milioni di cittadini che perdono grandi somme si ritrovano senza difese. È quello che è successo ad uno dei 15.000 clienti di Karim Weber, l’avvocato all’origine dell’ordinanza della Corte suprema austriaca contro Malta. Weber è riuscito a convincere il tribunale austriaco che il suo cliente non poteva perdere perché la società di scommesse non era registrata con licenza in Austria. “Se il contratto è illegale, non è valido”, spiega. Qui entra in gioco Malta, ormai punto di riferimento Ue del gioco d’azzardo, con il 12% del suo Pil ricavato dalle società di scommesse registrate a La Valletta. Weber insieme a un avvocato tedesco, Benedikt Quarch, che in Germania cura 50.000 domande di risarcimento da siti illegali, ha presentato un reclamo alla Commissione europea dopo l’approvazione del “Bill 55” maltese. Sostengono che la legge violi la legislazione Ue. La prima risposta è arrivata subito, ricorda Quarch: “Dicevano che stavano valutando la questione chiedendo informazioni alle autorità maltesi”. Da allora sono passati quasi due anni e la Commissione non ha ancora deciso se aprire una procedura d’infrazione contro Malta. A Bruxelles c’è un grande silenzio intorno alla questione. All’Europarlamento c’è solo una deputata tedesca, la vice-presidente Sabine Verheyen (Ppe), a cui sta a cuore. Ha inviato domande alla Commissione, interpellato il nuovo commissario alla Giustizia, l’irlandese Michael McGrath, ottenendo solo un silenzio imbarazzante: “Quella legge è ormai in vigore da due anni. È importante che la Commissione faccia davvero giustizia al suo ruolo di guardiana dei Trattati”.
Dal 2017 il gioco d’azzardo è scomparso dai radar, relegato dall’allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, tra le “priorità negative” dell’Ue proprio quando stava per partire una procedura contro la Germania. All’epoca Junker chiuse tutte le procedure di infrazione aperte, proibì l’apertura di nuove e smantellò l’Unità per il gioco d’azzardo della Dg Mercato Interno. Una politica dello struzzo seguita poi da Thierry Breton che, nel 2021, rispose “No” a una lettera di 13 regolatori europei che imploravano di riaprire un gruppo di esperti per concordare regole e standard comuni. Il commissario francese rispose negativamente di nuovo nel gennaio 2024 a una interrogazione dell’ex eurodeputato Ignazio Corrao, ribadendo che il gioco d’azzardo non è una priorità Ue.
Anche l’industria chiede a Bruxelles di agire: “Per i nostri membri sarebbe più facile ed economico avere una sola legge da applicare, invece di rispettarle tutte e avere esperti in ogni Paese con costi altissimi. Oggi, con un mercato così frammentato, è più realistico andare verso una standardizzazione delle regole”, spiega a IE Maarten Haijer, segretario generale dell’European Gaming and Betting Association (Egba).
Secondo molti esperti, bisognerebbe cominciare col vietare la pubblicità per il gioco d’azzardo, così com’è stato fatto per tabacco e alcool. Proprio la Commissione per la salute pubblica di The Lancet ha da poco esortato i responsabili politici a “trattare il gioco d’azzardo come una questione di salute pubblica, proprio come per altre sostanze che creano dipendenza e sono dannose per la salute”. Ma l’industria si oppone: “Se si vietano totalmente i giochi d’azzardo online o si vieta la pubblicità, il prodotto del mercato nero diventa sempre più attraente”, dice Haijer. In Italia, dopo che il governo Conte I aveva vietato nel 2018 la pubblicità nelle scommesse, ora si fa marcia indietro: il governo Meloni la vuole ripristinare.
Stuart Kenny, fondatore ed ex Ceo di Paddy Power, ora parte del Flutter Group, è molto critico nei confronti di ciò che è diventato il settore: “I governi nazionali sono così dipendenti dal gettito fiscale come i tossicodipendenti sono dipendenti dalle slot machine online”. Il problema è che le tasse vengono pagate solo dalle compagnie registrate in un Paese con una licenza. Secondo Yield Sec, una piattaforma di analisi del mercato, nell’Ue il 70% delle scommesse online è illegale, con 6.000 fornitori senza licenza.
A livello globale, il gioco d’azzardo online illegale nel 2024 vale 5,7 trilioni di dollari. Tra il 2018 e il 2024, scrive Statista, grazie anche alla pandemia i ricavi sono aumentati del 200%. Gli Stati seguono allora la via delle multe, senza grandi risultati. Negli ultimi quattro anni, la Spagna ha imposto 77 sanzioni ad aziende per attività di gioco d’azzardo illegali: 75 avevano sede fuori dalla Spagna, per lo più a Curaçao, e nessuna ha pagato la multa. In totale, queste società devono a Madrid 350 milioni di euro. In Italia, l’agenzia per le Dogane e i Monopoli non ha risposto alle domande di IE.