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 2025  marzo 03 Lunedì calendario

America a piedi nudi. L’effetto dei dazi fa sparire le sneaker

A piedi nudi nel parco. Perché i dazi voluti dal presidente Trump rischiano di far restare gli americani senza sneaker, o di costringerli a pagare molto di più. Non solo il Made in Usa delle calzature è molto limitato, ma finora anche le scorte dei grandi negozi sportivi non sono aumentate a sufficienza, per prepararsi ai rincari che verranno. Se gli Usa dovessero, come pare, estendere i dazi praticati a Cina e Messico, anche ad altri Paesi asiatici come Vietnam, Cambogia e Bangladesh, per gli sportivi americani sarebbero dolori. Soprattutto il Vietnam da anni è diventato meta della produzione di scarpe da ginnastica, abbigliamento e attrezzo sportivo dei maggiori marchi del settore.
Nike, Puma e Adidas hanno diversificato in Vietnam
Nike, ad esempio, a fine 2024 aveva nel Paese del sud est asiatico ben 71 fabbriche di fornitori che producono abbigliamento per il colosso sportivo, 13 dedicate alle attrezzature e altre 13 specializzate alle scarpe da corsa o da ginnastica, sia per il marchio dello swoosh che per la controllata Converse.
«L’introduzione dei dazi in Vietnam per il settore dello sportswear avrebbe un impatto significativo – spiega Robert Krankowski, analista di Ubs in una nota dedicata proprio allo sportswear- Oltre alla Cina, il Vietnam ha un surplus commerciale record il che lo rende un potenziale bersaglio di nuovi dazi». Negli ultimi anni anche per ragioni geopolitiche, tantissime aziende dello sportswear hanno delocalizzato là la produzione di calzature. Ubs stima ad esempio che Adidas produca circa il 38% delle sue calzature nel Paese e solo il 14% in Cina, mentre Puma ha delocalizzato in Vietnam il 30% delle sue scarpe ma continua produrre in Cina il 32%. Tuttavia nel 2024 Adidas ha realizzato negli Usa il 21% del suo fatturato, mentre Puma addirittura il 22%. Con una quota di circa il 30%, il Vietnam è il secondo più grande mercato di importazione di calzature per gli Stati Uniti, dopo la Cina (che si colloca circa al 38%) e prima dell’Italia (10%), ma che esporta oltreoceano soprattutto calzature di pelle e di alta gamma, seguono con quote inferiori al 5% Messico, Cambogia e India.
Con i dazi difficile non aumentare i prezzi delle scarpe
«Ipotizzando un dazio alle importazioni di calzature dal Vietnam del 20% – prosegue l’esperto di Ubs – le aziende dello sportswear potrebbero accusare un calo del margini 2025 di circa l’1%, senza contare che gli Usa sono già il Paese dove la marginalità del settore sportswear e tra le più basse al mondo. Compensare completamente questo impatto ribaltando il costo a carico dei consumatori, richiederebbe un aumento medio a dei prezzi a una cifra, che riteniamo improbabile dato il contesto attuale dei consumi Usa». Certo i marchi dello sport potrebbero trovare soluzioni alternative, puntare su scarpe di maggiore qualità, rilocalizzare alcune produzioni in Usa, ma per i segmenti di sneaker basici e da bambino, tenere i prezzi stabili sarà un esercizio impervio. Nike ad esempio, da anni ha riportato in patria alcune produzioni di alta gamma, come le suole delle sue Nike Air in Oregon e Missouri, dove utilizza almeno il 25% di polimeri da scarti riciclati. Ma si tratta di sneaker di “lusso” con prezzi superiori a 100 dollari. Insomma se gli americani si sono lamentati con Biden per l’aumento del prezzo di una dozzina di uova (salito da 1,5 dollari nel 2019 a 4,9 dollari), immaginate cosa potrebbe succedere se dovessero iniziare a salire quelli delle sneaker.