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 2025  gennaio 11 Sabato calendario

Biografia di Jeff Bezos (Jeffrey Preston Bezos

Jeff Bezos (Jeffrey Preston Bezos, nato Jorgensen), nato ad Albuquerque (Nuovo Messico, Stati Uniti) il 12 gennaio 1964 (61 anni). Imprenditore. Fondatore (nel 1994) e presidente esecutivo (dal 2021) di Amazon. Fondatore (nel 2000) e proprietario di Blue Origin. Proprietario di The Washington Post (dal 2013). Secondo l’ultima classifica ufficiale della rivista Forbes (aggiornata al 2 aprile 2024), detentore di un patrimonio netto stimato in 194 miliardi di dollari, che ne fa la terza persona più ricca del mondo. Secondo la medesima rivista, già persona più ricca del mondo (dal 2017 al 2021). «Bisogna essere testardi nella visione, flessibili nei dettagli» • «Bezos è nato ad Albuquerque, nel New Mexico, figlio di una giovanissima erede di una famiglia di scienziati e ingegneri che possedeva un centinaio di ettari di terreno in Texas e di un maestro del monociclo di nome Ted Jorgensen, affermato saltimbanco che i giornali locali degli anni Sessanta immortalavano assieme alla sua crew, gli Unicycle Wranglers. Il matrimonio fra il monociclista e l’ereditiera va in frantumi nel giro di pochissimo e Jacklyn, la madre, s’innamora di un immigrato cubano di nome Miguel Bezos, che era arrivato negli Stati Uniti a quindici anni, da solo, in cerca di fortuna. E l’aveva trovata, la fortuna, diventando ingegnere per la Exxon a Houston, sposando una ragazza di buona famiglia e adottando legalmente il figlio di lei quando aveva quattro anni» (Mattia Ferraresi). «Jeff passò la maggior parte delle estati della sua infanzia – dai quattro ai sedici anni – nel ranch texano della famiglia, chiamato Lazy G, lavorando fianco a fianco col nonno materno, Lawrence Preston Gise. […] Il piccolo cowboy trascorreva le sue giornate in posti sperduti, in mezzo alla natura, e all’epoca sognava di diventare un archeologo o un astronauta. “Una delle cose che impari in una zona rurale come quella è che devi contare su te stesso. La gente fa tutto da sola. Quel tipo di indipendenza si può imparare, e mio nonno è stato per me un modello eccezionale: se qualcosa è rotto, riparalo. Per fare qualcosa di nuovo devi essere tenace e focalizzato, anche se gli altri pensano che sia del tutto irragionevole”, disse una volta evocando quel periodo della sua vita. Sin da piccolo, Jeff dimostrò una manualità eccezionale e un interesse per la meccanica, la scienza e il funzionamento delle cose fuori dal comune. Presto trasformò il garage di famiglia in un laboratorio, dove conduceva ogni tipo di esperimenti scientifici. […] Quando Jeff era ancora un teenager, la famiglia si trasferì a Pensacola, in Florida, e diciotto mesi dopo a Miami. Qui Jeff iniziò a sviluppare la sua vera passione: i computer, con le loro infinite potenzialità. […] Come tanti altri ragazzi, arrotondava la paghetta con qualche lavoro fuori dalle ore dedicate allo studio, e per un periodo lavorò da McDonald’s. […] Il giovane Bezos frequentò la Miami Palmetto Senior High School. Lì ricevette diversi riconoscimenti per le sue eccellenti capacità, […] al punto che fu proprio lui a tenere il prestigioso discorso di commiato che in America viene affidato il giorno della maturità all’allievo più meritevole. L’ultimo anno delle superiori poté finalmente disporre del suo primo computer, un Apple II Plus. […] Dopo la maturità, conseguita con il massimo dei risultati, Bezos si iscrisse alla […] Princeton University, con l’intenzione di studiare fisica. […] Dopo poco, però, tornò sui suoi passi, per seguire quella che era stata la sua vocazione fin dall’adolescenza: l’informatica e l’elettronica. […] Jeff Bezos ottenne la laurea summa cum laude in Ingegneria elettrotecnica e scienze dei computer, titolo seguito da un dottorato di ricerca in Informatica e ingegneria elettrica. Per la sua tesi di laurea, Bezos creò un sistema informatico in grado di calcolare le sequenze del Dna» (Andrea Lattanzi Barcelò). «Nel 1994 era già un trentenne brillante. Laurea in Ingegneria a Princeton, un passaggio a Wall Street, una prima esperienza nel commercio internazionale con la Fitel, l’approdo all’hedge fund di New York D.E. Shaw & Co. Qui, nel 1992, aveva conosciuto MacKenzie Tuttle, che sposò l’anno dopo. […] In quel 1994, dunque, Jeff aveva soldi, posizione sociale, un impiego d’élite: quanto bastava per soddisfare anche le ambizioni più esigenti. Niente rispetto a quello che sarebbe accaduto in quell’anno: Jeff inventa un nuovo formato commerciale, una libreria online che chiama “Cadabra” e poi “Amazon”, come il Rio delle Amazzoni» (Giuseppe Sarcina). «L’idea mi è venuta mentre lavoravo per un fondo comune d’investimento. Ma, tra un impiego pagato bene e una startup rischiosa, ho deciso per quest’ultima: certo, era il percorso meno sicuro, ma che seguiva la mia passione». «Bezos […] ha iniziato nella rimessa di una casa di Seattle. È qui, infatti, che […] nel 1994 Jeff fonda Amazon. In un garage appena riscaldato da una stufa, fa la storia inginocchiato sul pavimento mentre impacchetta i libri – i primi prodotti venduti da Amazon – che il giorno dopo avrebbe consegnato ai corrieri. È il 16 luglio 1995 quando il sito va in rete. La prima settimana ricavarono 846 dollari, la settimana successiva 7 mila» (Francesco Gironi). «Ricordo bene quando guidavo per portare io stesso i pacchi da spedire all’ufficio postale, sperando che un giorno mi sarei potuto permettere un carrello elevatore per caricarli». «L’idea iniziale era quella di vendere libri in tutto il mondo. Una libreria online. Senza scaffali, senza confini. Il piano aziendale prevedeva 5 anni di perdite. E Bezos mise in ballo i suoi risparmi e quelli dei suoi genitori per la fase di startup: 300 mila dollari. Poi alcuni investitori decisero di puntarci lo stesso. I primi utili arriveranno solo nel 2001, ma intanto la bolla di internet era scoppiata, e Amazon iniziava a crescere forte. L’approdo in Borsa è datato 1997. Due anni dopo, Amazon contava già oltre duemila impiegati […] e aveva valicato i confini europei. Intanto la libreria più grande del mondo iniziava a commerciare cd, film, software, dispositivi elettronici di consumo, videogame, giocattoli e utensili per la casa. Nel 1999 Amazon è l’esempio più concreto di e-commerce al mondo, e la rivista Time dedica a Jeff Bezos la copertina come uomo dell’anno. Il lancio del primo Kindle, lettore per libri in formato elettronico, è storia più recente: il device, dotato di uno schermo monocromatico di 6 pollici, arriva nell’ottobre del 2009. Ne seguiranno, negli anni, 14 nuovi modelli. Poi arriveranno i servizi come Prime, che ridisegnerà per sempre il mondo della logistica dell’e-commerce. O come Web Service, che racchiude tutta una serie di servizi di cloud computing e che oggi garantisce ad Amazon ricavi miliardari. Senza dimenticare Create Space (un sistema per pubblicare il proprio libro online) e Alexa, l’assistente intelligente che gira sui dispositivi Echo. […] Tutte mosse che aiuteranno Amazon a diventare il gigante da oltre mille miliardi di capitalizzazione [traguardo raggiunto il 4 settembre 2018 – ndr]. Nella storia di questo colosso, però, c’è spazio anche per uno dei flop più clamorosi della storia della tecnologia moderna. E porta il nome di Fire Phone. Annunciato da Jeff Bezos in prima persona il 18 giugno 2014, doveva essere l’antagonista dell’iPhone. Sembrava tutto pronto affinché Amazon spaccasse il settore degli smartphone. Invece Fire Phone fu clamorosamente bocciato dal mercato. E Amazon, almeno per adesso, sembra aver abbandonato la difficile strada degli smartphone» (Biagio Simonetta). Nel luglio 2018 Bezos, «dopo essere stato eletto uomo più ricco del mondo e uomo più ricco dell’epoca contemporanea, è stato consacrato ufficialmente come l’uomo più ricco della storia moderna. Più di Bill Gates, il mostro sacro finora imbattuto. A dirlo è il Bloomberg Billionaires Index, secondo cui la fortuna di Bezos ha superato i 150 miliardi di dollari. Il massimo mai raggiunto dal 1982, quando Forbes pubblicò la sua prima classifica dei paperoni» (Manuela Gatti). Il 5 luglio 2021 Bezos abbandonò la carica di amministratore delegato e direttore generale di Amazon, acquisendo quella di presidente esecutivo. «Si ritira Jeff Bezos e lascia il ruolo di capo-azienda al nuovo ad Andy Jassy. Un evento annunciato ma che coincide con i primi rovesci della sua storia imprenditoriale: il “sì” di principio a una global minimum tax e la nomina di una giurista molto aggressiva alla testa dell’Antitrust, due svolte che portano la firma di Joe Biden. […] Il passo indietro di Bezos simbolicamente chiude un’èra: l’ascesa trionfale della regina del commercio online, dalla vendita di libri alla vendita di quasi tutto, ha coinciso con la storia di questo personaggio geniale e controverso. Bezos se ne va – come i campioni più astuti – dopo avere assaporato l’ultimo dei suoi trionfi: il 2020 grazie ai lockdown ha segnato un’apoteosi per Amazon, il cui titolo in Borsa in quei dodici mesi tremendi è cresciuto del 70%» (Federico Rampini). Pochi giorni dopo, il 20 luglio 2021, Bezos partecipò al primo volo nello spazio con equipaggio della sua compagnia spaziale Blue Origin. «Il volo è durato meno di dieci minuti. E tutto automatizzato, nessun pilota e solo 4 turisti a godersi lo spettacolo. Un lancio suborbitale, cioè su una traiettoria balistica, che ha portato a 100 chilometri d’altezza, e quindi nello spazio, i quattro occupanti del razzo che si chiama New Shepard, dal nome del primo astronauta americano che […] sfidò lo spazio 23 giorni dopo il russo Gagarin, primo in assoluto. […] Ha un sapore antico, di pionierismo, con un razzo di tipo tradizionale sia pure innovativo, che brucia propellente liquido. Ma che però apre ufficialmente l’èra, del tutto nuova, del turismo tra le stelle. In attesa dei futuri viaggi turistici in orbita e, ancora più in là, verso la Luna. Bezos ed Elon Musk sono già pronti» (Antonio Lo Campo) • Tra le sue acquisizioni più significative, quella del Washington Post (2013), per 250 milioni di dollari, e più recentemente quella della Metro-Goldwyn-Mayer (2022), per 8,45 miliardi di dollari, incorporata in Amazon (a differenza del Washington Post, proprietà personale di Bezos). «Per il giornalismo d’antan ha commesso un peccato mortale violando il santuario del Washington Post. […] Eppure la realtà mostra che Jeff Bezos […] è un editore con i controfiocchi. Ha trasformato il fulgido ma morente quotidiano della capitale in una testata nazionale che si batte testa a testa con il New York Times e il Wall Street Journal» (Stefano Cingolani). «A dispetto dei guai, la Mgm poteva ancora contare su un patrimonio di 4.000 film e 17.000 mila ore di televisione. Questo ha comprato Jeff Bezos, rimasto un po’ indietro quanto a contenuti nella guerra dello streaming, che già era scoppiata e che il coronavirus ha reso più feroce» (Mariarosa Mancuso). «Amazon è grande non soltanto perché vende e distribuisce un po’ di tutto, ma perché sta cercando di possedere l’infrastruttura necessaria a ogni tipo di industria. […] Amazon ha costruito una grande piattaforma cloud: attorno ad essa ruotano gli altri rami di business. Organico da questo punto di vista è proprio l’intrattenimento, maritando il cinema con la tv e l’informazione» (Cingolani) • Quattro figli (tre maschi e una femmina, quest’ultima nata in Cina e adottata) dal matrimonio (1993-2019) con la scrittrice MacKenzie Tuttle, da cui divorziò pacificamente – riconoscendole il 25% delle azioni di Amazon, per un controvalore di 35,6 miliardi di dollari – dopo aver intrapreso una relazione con la giornalista televisiva Lauren Sánchez, con la quale secondo voci smentite dal diretto interessato sarebbe prossimo alle nozze • «Bezos non ha mai cercato di ritrovare il suo padre biologico: dice che la sua figura gli viene in mente soltanto quando deve compilare la parte sulle patologie famigliari nei moduli medici, ma a localizzarlo è stato uno dei suoi biografi, che l’ha trovato dietro il banco del suo negozio di biciclette in un sobborgo di Phoenix» (Ferraresi) • A lungo considerato un simpatizzante del Partito democratico nonché un fiero avversario di Donald Trump, da ultimo si è pragmaticamente avvicinato al magnate, al punto di impedire al Washington Post di esprimere, secondo tradizione, il proprio sostegno a uno dei due candidati principali alle elezioni presidenziali del 2024 (ben sapendo che la scelta sarebbe caduta sulla democratica Kamala Harris), per poi congratularsi pubblicamente con Trump all’indomani della nuova vittoria • Nel 2022 ha donato 200 milioni di dollari alla Smithsonian Institution. «Il miliardario ha chiesto in cambio l’impegno della maggiore istituzione museale americana a esporre in più luoghi e per almeno 50 anni il suo nome. E ha voluto che fosse specificato anche, nero su bianco, dove vuole che il suo nome sia effigiato» (Massimo Gaggi) • «La passione per la saga di Star Trek – anche l’aspetto fisico ricorda quello di uno dei protagonisti, il comandante della nave spaziale Enterprise Jean-Luc Picard – lo ha portato […] a recitare un carneo in Beyond, uno dei film della saga, in cui impersona un alieno. “Avevo mendicato la parte”, ha commentato divertito» (Massimo Russo) • «Steve Jobs aveva il maglioncino nero a collo alto, Mark Zuckerberg ha la t-shirt grigia, Tim Cook la camicia fuori dai pantaloni. Bezos ha la risata. È un verso metallico che gli scoppia all’improvviso in faccia, sfigurandolo, come se lui stesso ne fosse colto di sorpresa. Non è, come si dice di solito, una risata contagiosa. Al contrario, dopo un primo moto d’ilarità subentra qualcosa di posticcio e repulsivo, forse addirittura di luciferino, in quell’innaturale verso “a metà fra un leone marino in amore e un trapano”, come ha scritto Stone [Brad Stone, autore di una biografia di Bezos – ndr]. […] Un motto che Bezos si è fatto incidere sugli stivali da cowboy che spesso indossa per rivendicare la sua identità southern: “Gradatim ferociter”, gradualmente e con ferocia. È la più bezosiana delle massime, ché il capo di Amazon è un talento più incrementale che generativo, un incredibile sistematizzatore più che un creativo puro. Non fa rivoluzioni nel giro di un eureka, ma prende tempo, persegue un’idea, la affina, si dà ancora tempo e non s’affretta quando non è necessario: fa tutto gradualmente, ma con ferocia. Se non fosse un gradualista che accetta di avere margini risibili sui prodotti che smercia pur di ottenere la gestione di quantità favolose di merce, probabilmente Amazon non esisterebbe nemmeno. […] Altro motto: “Di Dio ci fidiamo, tutti gli altri devono presentare dati”» (Ferraresi) • «Ogni impresa, quando diventa così rilevante, produce anche una propria cultura. E di sicuro Amazon non sfugge a questa regola. Una delle sue caratteristiche è la filosofia del “day one”, il “giorno uno”, del guardare al lungo periodo più che ai guadagni immediati, sempre con un’ottica da innovatori. Perché le aziende del “giorno due”, nel pensiero del fondatore, sono quelle che cessano di evolvere per avviarsi al declino. Un’adesione al cambiamento anche quando non lo si controlla a pieno, un invito a rimettere sempre tutto in discussione e una sollecitazione ai manager a dissentire, per creare il conflitto, lo scontro di idee che porta alla crescita» (Russo). «Shel Kaphan, il primo impiegato di Amazon nel 1994, sostiene che “certamente Bezos sa come portare avanti un’azienda, ma l’ho visto rovinare la gente in tante occasioni”. Un bullo, irascibile e spietato: lo descrivono così i suoi detrattori. Non ne parlano bene neppure i dipendenti dei suoi centri di distribuzione sparsi in tutto il mondo: percorrono anche 20 chilometri al giorno e guai a sgarrare, pena il licenziamento. Non che in famiglia sia diverso. Nello spiegare che i quattro figli dall’età di 8 anni avevano libero accesso ai coltelli di casa, ha detto: “Assumersi dei rischi ed essere autosufficienti insegna a diventare intraprendenti, una caratteristica fondamentale sia nella vita sia negli affari: mia moglie preferirebbe avere un bambino con nove dita piuttosto che uno privo di risorse”» (Gironi) • «Le accuse non finiscono mai: prima ha assassinato le librerie, poi i negozi indipendenti; ha sfidato Apple nei telefonini, s’è seduto sulla nuvola digitale come un Giove high tech, ha superato pure l’atmosfera con il suo breve salto nello spazio, da vero stregone adesso cerca l’elisir di lunga vita» (Cingolani) • «Una volta, al liceo, lei scrisse del suo sogno di colonizzare lo spazio e di trasformare la Terra in una riserva naturale. “Sì, non ho cambiato idea: a questo sto ancora lavorando. […] Il mio sogno è che la prossima generazione possa vivere lo stesso spirito di espansione imprenditoriale nello spazio che abbiamo visto all’opera negli ultimi vent’anni su internet. Perché ciò accada, società come Blue Origin devono rendere possibile il trasporto di un’infrastruttura a basso costo. Pensiamo si possa viaggiare nello spazio in modo sicuro ed economico. Se ci riusciremo, avremo preparato il mondo per la prossima generazione. Vogliamo vedere milioni di persone lavorare e vivere nello spazio”» (Russo) • «Che sogni possono restare ora all’uomo più ricco del mondo? Uno, forse, è già chiaro: lasciare ai posteri un ricordo che vada oltre le costrizioni anagrafiche della vita. Gli egiziani l’hanno fatto con le piramidi. Bezos – grazie a un investimento di 42 milioni di dollari – ha gratificato il suo “ego” con una nuova mega-opera faraonica: in una montagna del Texas sta costruendo un maxi-orologio alto più del Duomo di Milano che scandirà le ore per 10 millenni in totale autonomia. Tra cento secoli, così, qualcuno parlerà ancora di lui» (Ettore Livini) • «Una volta Bezos in televisione si è difeso dalle critiche tenendo fede al suo credo schumpeteriano: “Tranquilli, anche Amazon sarà superata e distrutta”. Poi ha aggiunto, con sguardo da furetto: “Spero che non accada finché sarò vivo”» (Cingolani).