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 2025  gennaio 17 Venerdì calendario

Biografia di Josep Guardiola i Sala

Josep Guardiola i Sala, meglio noto come Pep Guardiola, nato a Santpedor, in Catalogna, il 18 gennaio 1971 (54 anni). Allenatore. Del Manchester City (dalla stagione 2016/2017), con cui ha vinto sei Premier League, due Community Shield, due Coppe d’Inghilterra, una Champions League e una Coppa del mondo per club. Ex calciatore. Centrocampista. Con 40 trofei vinti è il secondo allenatore più vincente della storia, dietro ad Alex Ferguson. Nel 2020 è stato nominato Allenatore del secolo (2001-2020) ai Globe Soccer Awards. «Ha ragione sempre chi vince. In bocca a uno sconfitto, la vittoria morale è soltanto una scusa. Il calcio è una competizione: chi vince ha fatto le cose in modo migliore».
Vita Terzo dei quattro figli di un muratore e una casalinga, «inizia a muovere i primi passi da calciatore al Gimnàstic de Manresa, per approdare in seguito al Barcellona il 28 giugno 1984 a soli 13 anni. Dopo 6 anni trascorsi nella “cantera” blaugrana, nel 1990 l’allora allenatore del Barcellona Johan Cruijff lo impiega in prima squadra come centrocampista centrale, ruolo che lo consacrerà tra i migliori del suo tempo. Negli 11 anni in cui veste la maglia blaugrana vince praticamente di tutto: Liga, Coppa del Re, Supercoppa spagnola, Coppa dei campioni, Supercoppa europea e addirittura la defunta Coppa delle coppe nella stagione 1996/1997. Approda in Italia nella stagione 2001/2002 al Brescia di Carlo Mazzone, ricordato dallo stesso Guardiola come il suo maestro. […] Nella capitale giunge nel 2002/2003. […] Conclude la sua esperienza capitolina con sole 4 presenze. Poco prima della fine del mercato di gennaio, opta per il ritorno a Brescia, dove diventa un titolare fisso, collezionando anche un gol (con il Torino su rigore) in 13 presenze e contribuendo alla salvezza dei lombardi. A fine stagione lascia l’Italia, concludendo la sua carriera da calciatore con le esperienze in Qatar (con l’Al-Ahly Doha) ed in Messico con i Dorados de Sinaloa. Una volta conseguito il patentino da allenatore, nel 2008 il presidente del Barcellona Laporta lo designa nuovo tecnico della squadra blaugrana. Al primo anno, ottiene uno storico triplete, conquistando Liga, Coppa del Re e Champions League. Per i restanti tre anni alla guida del Barcellona vince […] nuovamente di tutto, arricchendo il suo corposo palmarès anche con il Mondiale per club, mai vinto da calciatore. […] Termina l’esperienza a Barcellona con la bellezza di 14 trofei conquistati» (Marco Rossi Mercanti) • Congedatosi nel 2012 dalla squadra catalana tra la commozione generale («Quattro anni sono abbastanza. Sono stremato e ho bisogno di riposarmi»), si prese un anno sabbatico, che trascorse prevalentemente a New York, per poi annunciare il suo ritorno nel giugno 2013, in qualità di allenatore del Bayern Monaco. Diresse quindi i bavaresi per tre anni, fino alla stagione 2015/2016, conquistando complessivamente sette trofei (tre campionati tedeschi, due Coppe di Germania, una Supercoppa europea e una Coppa del mondo per club). Dal luglio 2016 allena il Manchester City. «“S’era capito fin da piccolo che sarei diventato uno importante, ma per riuscirci ho avuto bisogno di tanti nemici e li ho. Caratterialmente ho bisogno di persone che mi odino perché il calcio è cercare di migliorare se stessi e loro mi aiutano a raggiungere i miei obiettivi. Per averli non devo farmi remore, tutto è lecito”. Di parola. Quando ha lasciato il Bayern di Monaco nella sua ultima dichiarazione prima di alzarsi fa: “Vado a cercare nuovi nemici in Premier, lì sono sicuro di trovarli, da quelle parti se non riescono a batterti ti screditano, è perfetto per quello che cerco”. E così è arrivato al City, stagione 2016, dove è rimasto una delle teste più perlustrate del calcio, attacco, possesso e anche tante frottole, la bugia dietro ogni sorriso da furbastro, simpatico e scafatissimo, con un traguardo supremo davanti agli occhi. I nemici comunque non se li è mai fatti mancare, una ricerca continua, Luis Enrique, Josè Mourinho, Carlo Ancelotti, mica gente qualunque, cinque minuti prima li esalta, cinque minuti dopo li affossa, sempre dando l’idea che stia scherzando, ma tira pallonate che prendono alla testa. […] E qui partono i nemici e le sue bugie smascherate, storica quella del signor Leonel El Castillo, papà del Kun Aguero: “Ha pianto quando mio figlio ha lasciato il City? Lacrime da coccodrillo, non è mai stato onesto con lui, non lo ha mai voluto perché vuole sempre essere il protagonista assoluto delle squadre che allena. È solo un bugiardo, altre qualità non ne ha”. E allora vai con le repliche, i bugiardi sono gli altri. Yaya Tourè lo accusa di razzismo e lui la gira, accuse ridicole, è lui il bugiardo. Bellingham gli fa gol e lui: “Complimenti ma è un bugiardo, non può avere solo 17 anni”. Sempre sorridendo. A volte meno e lo hanno multato, 15mila euro dalla federazione spagnola per aver dato del bugiardo all’arbitro Carlos Clos Gomez reo di aver redatto un falso rapporto al termine della gara contro l’Almeria, attento però con Josè Mourinho che lo ha attaccato più volte dandogli del mentitore seriale: “Se ami il calcio non perdi i capelli, guardate Guardiola, lui non ama il calcio”. E in occasione di un Clasico, con finto riguardo, Pepp lo ha definito Puto amo, letteralmente il più figo, in realtà il più perbene figlio di buona donna, maestro nelle conferenze stampa, ma poi non sempre vincente sul campo» (Claudio De Carli) • Nel novembre 2024, al termine della partita di Champions con il Feyenoord finita 3-3 e arrivata dopo una serie di risultati negativi del suo Manchester City, si è presentato davanti ai giornalisti con il volto ricoperto di graffi: «Sì, me le sono fatti con le dita, perché volevo farmi del male. È un momento in cui siamo più fragili, avevamo bisogno di una vittoria e di fiducia ma abbiamo trovato problemi» • Storica la rivalità con José Mourinho, dai più fatta risalire al 2008, quando il primo fu preferito al secondo per la guida del Barcellona, la squadra nella quale si erano entrambi formati come allenatori (Mourinho tra il 1996 e il 2000 come vice di Louis van Gaal, Guardiola nel 2007/2008 come tecnico della seconda squadra, giunta con lui alla promozione) • «Trovatene due più diversi di così: uno ama giocare bene (e il risultato sarà una diretta conseguenza), avere il pallino in mano, creare; l’altro insegue il risultato (e per il bel gioco si vedrà), bada alla sostanza, parcheggia il pullman e si accontenta di vincere. Pep il proattivo, Mou il reattivo; ruoli che si invertono fuori dal campo, quando si sfidano a parole. Qui il portoghese passa all’attacco, punzecchia, vive per provocare; il catalano incassa i colpi con calma zen, al massimo scuote la testa quando gli riferiscono l’ultima sparata del suo gemello cattivo» (Vanni Spinella) • Generalmente indicato come il massimo teorico del tiqui-taca, stile di gioco caratterizzato da una lunga serie di brevi passaggi rasoterra, ha invece dichiarato di odiarlo, precisando che «il possesso della palla è solo uno strumento con cui organizzare il proprio gioco e cercare di portare disorganizzazione nello schieramento dell’avversario. Senza una sequenza di almeno quindici passaggi, una buona transizione tra attacco e difesa è impossibile».
Amori Sposato per trent’anni con Cristina Serra, i due hanno annunciato la separazione nel gennaio 2025. Si erano conosciuti nel 1994 e si erano sposati nel 2014. Dalla loro relazione sono nati tre figli: Maria, 24enne influencer, Marius, 22 anni e già amministratore delegato di una azienda a Dubai, e Valentina, la più giovane della famiglia, ancora minorenne e studentessa • «Era il 1993 quando Pep Guardiola, in occasione della Fashion Week di Barcellona, sfilò in passerella per un brand locale, Antonio Mirò. All’epoca aveva 22 anni, era un talentuoso calciatore del club catalano, che ogni tanto – appunto – si prestava come modello. Proprio per Mirò, in quello stesso periodo, lavorava una promettente stilista, Cristina Serra, due anni più giovane. Fu proprio quell’occasione una delle tappe iniziali della loro love story, o almeno così narra il gossip. Sì, perché entrambi hanno sempre protetto la propria privacy, raccontando di rado ciò che succede tra le mura domestiche. Va detto che già nel 2019 il Sunday Mirror rivelava che Cristina aveva lasciato Manchester, dove Pep fa l’allenatore dal 2016, per trasferirsi tra Barcellona e Londra. Il motivo? Occuparsi più da vicino della sua azienda di moda. I due hanno continuato quindi a vivere a distanza la loro relazione, che nel frattempo nel 2014 era diventata matrimonio» (Vanity Fair).
Politica Catalano indipendentista. Alle elezioni parlamentari regionali del 2015 si è candidato simbolicamente (in ultima posizione) nelle liste di Junts pel Sí.
Tempo libero Gioca a golf e a scacchi • «Pep beve poco. Tiene alla linea, alla salute, al peso. Sgarri a tavola: rarissimi. Eppure anche lui di fronte a un drink, a un certo drink, non si tira mai indietro: il pirlo. È l’aperitivo bresciano per eccellenza, uno spritz che al posto dell’Aperol ha il Campari. Pirlo, l’allenatore, non c’entra. Si chiama così da sempre, “da cent’anni”, dicono gli anziani in piazza Loggia. Pep l’ha conosciuto quando giocava a Brescia, a inizio degli anni 2000» (Carlos Passerini).