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 2025  gennaio 25 Sabato calendario

La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario

Per provare a superare l’attuale fase di tensione fra politica e magistratura sarebbe necessario «un vero e proprio patto per lo Stato di diritto» in grado «di alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti di tutti gli organi cui la Carta fondamentale assegna l’esercizio di funzioni sovrane». L’auspicio arriva dalla prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, nel corso della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario dei cosiddetti “ermellini”. Consapevole del clima rovente nei rapporti fra l’esecutivo e la magistratura associata, la presidente lancia un invito a tornare a toni mode-rati, ricordando come la magistratura sia «impegnata a realizzare i più alti valori espressi dalla Costituzione» e osservando come quello sforzo necessiti «di essere accompagnato da un contesto improntato al rispetto reciproco fra le varie Istituzioni dello Stato». I dati, sottolinea Cassano, «restituiscono una immagine della magistratura diversa» da quella rappresentata e «posta alla base di progetti riformatori». Una magistratura che lei stessa – prima donna a rivestire questa alta carica – difende, considerandola ben conscia delle sue responsabilità e impegnata nell’assolvere «al meglio i propri doveri», con «impegno professionale, senso del limite e della misura». Tanto più in una fase in cui, osserva, «rendere giustizia» è divenuto «più difficile e richiede al giudice la ferma osservanza di alcuni principi», fra i quali il «rispetto delle attribuzioni previsto» dalla Carta costituzionale. Come da tradizione, la cerimonia in Cassazione si svolge alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e viene aperta dalla relazione della prima presidente sui dati relativi all’anno appena concluso. Ad ascoltarla, nell’aula magna di quello che i romani soprannominano il Palazzaccio, ci sono fra gli altri il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli, l’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli (il cui nome è circolato nei giorni scorsi come possibile candidata “tecnica” per il ruolo di giudice costituzionale) e il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco.
Nordio difende ancora la riforma costituzionale
Dal canto suo, il ministro torna a difendere la riforma costituzionale varata dall’esecutivo, ribadendo i concetti adoperati in questi mesi, a partire dal fatto che si tratta, per il centrodestra di «un dovere assunto verso gli elettori». Riguardo alle obiezioni di quanti (Anm in testa) ritengono che il pubblico ministero finirà sotto il cappello dell’esecutivo, Nordio insiste: «I contenuti della riforma sono ben noti, ma ribadisco ancora una volta il postulato assoluto dell’indipendenza del pm rispetto al potere esecutivo». Inoltre, a suo parere, «il ruolo del giudice uscirà difeso e rafforzato, senza indebolire l’accusa». Insomma, il Guardasigilli si dice convinto che il testo «si presenta, per quanto riguarda l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, con una chiarezza cartesiana di rocciosa solidità» e che «ogni fantasia speculativa su variazioni futuribili è un’arbitraria interpretazione divinatoria». Per questa ragione, assicura, «il legislatore procederà senza esitazione, nella fiduciosa ma incondizionata acquiescenza al referendum popolare, che suggellerà questo iter complesso». Sul piano del funzionamento della macchina giudiziaria, invece, Nordio torna sul malfunzionamento della app del processo penale telematico, ritenendo che sia stata accompagnata «da difficoltà applicative e da resistenze culturali, non giustificabili ma comprensibili e, in parte, inevitabili».
Pinelli: le toghe non siano parte del conflitto
Durante la cerimonia, prova a gettare acqua sul fuoco delle tensioni Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (i cui componenti togati ventiquattro ore prima hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela dopo le affermazioni del Guardasigilli in Parlamento sul «pm superpoliziotto»). In questo transito storico caratterizzato «da forti tensioni», considera Pinelli, la «magistratura interviene legittimamente nel dibattito e porta il proprio contributo di competenza, ma non deve divenire parte del conflitto». Mentre, nel suo intervento, il procuratore generale della Suprema Corte Luigi Salvato tratteggia la magistratura, al netto dei «preoccupanti segnali» di sfiducia per la categoria, come «una sentinella anche del rispetto dei limiti che si impongono al legislatore, presidiati infine dalla Corte costituzionale».
Lo «sgomento» di Cassano per i suicidi nei penitenziari
Tensioni sulla riforma a parte, nella relazione della prima presidente vengono illustrati e analizzati i dati dell’attività della Corte negli ultimi 12 mesi. In generale, nel settore penale Cassazione «ha ridotto ulteriormente le pendenze del 30,3% (dalle 15.038 del 2023 alle 10.488 alla data del 2024), con un calo deldisposition time (il tempo medio di definizione dei procedimenti) da 111 a 81 giorni (meno 27,2%), superando ampiamente il tetto di 166 giorni indicato dal Pnrr, «nonostante le gravi scoperture dell’organico». In parallelo, nel settore civile, in Cassazione «le pendenze sono diminuite del 7,8% (dai 94.759 procedimenti pendenti 2023 agli 87.380 del 2024). Un risultato che la prima presidente ritiene assai significativo. Invece, sul piano dei reati commessi, Cassano sottolinea alcune emergenze: dalle violenze di genere alle vittime nei luoghi di lavoro. Nel primo caso, nel 2024 su 314 omicidi volontari (in calo dell’8% rispetto ai 340 dell’anno precedente), quelli maturati in ambito familiare sono ben 151. E 96 di essi hanno avuto come vittima una donna. Si tratta di una fotografia allarmante, ragiona la prima presidente, in quanto «espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo». Una situazione preoccupante, per la quale Cassano prova «sgomento», è quella dei gesti disperati nei penitenziari, con l’anno passato chiusosi con «83 suicidi» (47 di detenuti italiani e 36 di stranieri) a cui si sommano «18 decessi per cause ancora oggetto di accertamento». Una situazione su cui punta l’indice anche il presidente del Consiglio nazionale forense, segnalando che «è stato registrato il nono suicidio dall’inizio del 2025. Si tratta di un problema che richiede la massima considerazione afferma Francesco Greco -. Chi ha violato la legge è giusto che espii la pena, ma nel rispetto della dignità umana». Secondo l’esponente dell’avvocatura, «occorre pensare urgentemente all’edilizia giudiziaria, che non significa necessariamente aumentare il numero delle carceri, ma almeno rendere meno disumane le strutture esistenti». E inoltre, conclude, «occorre ridurre il ricorso alla carcerazione come unico strumento di espiazione, ampliando le fattispecie di applicazione delle misure alternative» e riducendo «le ipotesi di carcerazione preventiva, ricorrendo alle altre misure applicabili»