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 2025  gennaio 10 Venerdì calendario

I colleghi di Abedini: «Un genio sprovveduto»

Un “genio assoluto” e insieme uno “sprovveduto”. L’enigma Abedini inizia a sciogliersi bussando ai laboratori del Politecnico di Losanna dai quali, secondo l’fbi, Mohamed Abedini Najafabadi triangolava microtecnologia sensibile per pilotare droni killer al servizio del regime di Teheran. Dopo la liberazione di Cecilia Sala la sua storia è quella che resta, su cui si giocheranno anche i futuri rapporti dell’italia con gli Usa. Intanto, come è arrivato al Politecnico di punta nel cuore dell’europa? Qui ci raccontano che avrebbe seguito la moglie che nel 2015 era visiting research fellow in un laboratorio di telemetria di Epfl. Ottiene rapidamente un contratto, perché Mohamed Abedini era “un genio assoluto nel suo campo”, tanto da essere scelto in una delle più agguerrite selezioni della prestigiosa Università ingegneristica Sharif di Teheran: primo tra i 100 selezionati su ben 500 mila candidati. Nel laboratorio di analisi sensoriale ha lavorato part-time dal 2019 al 2022, come collaboratore scientifico, assunto per le sue competenze.
In realtà non viveva intorno al Campus, che sta a Ecublens, bensì nel centro di Losanna e ha avuto un figlio che ora ha quattro anni ed è a Teheran con la madre. Chi ha lavorato con lui all’epfl (la scuola politecnica federale) spiega la tecnologia alla base del business della società Illumove che aveva fondato nel settembre 2019. Il cuore dei dispositivi erano i “sensori di movimento”, cioè una suite che controlla i movimenti, alla quale ha lavorato nel laboratorio di analisi sensoriale. “Immaginate una scatola piena di sensori” ci dicono, “per ogni dispositivo ne servono molti, e il cuore tecnologico è la suite di controllo”. Un sistema impiegabile
per il settore sportivo, immaginando di inserire i sensori nelle giacche dei fantini o addosso ai giocatori di tennis. Una tecnologia che, guarda caso, si adattava perfettamente anche ai droni.
“SE IL SIGNOR ABEDINI ha utilizzato le competenze che ha sviluppato nell’ambito del nostro istituto per scopi militari, è stato a nostra insaputa e ovviamente senza il nostro supporto” dice il suo professore all’epfl, che preferisce restare anonimo. L’università fa sapere che anche l’agenzia per l’innovazione svizzera del Canton Vaud “Innovaud” ha sostenuto la società, che sarebbe stata però solo “di comodo” e una “cassetta postale”. Un sostegno avvenuto “in modo limitato, sotto forma di consulenza e senza alcuno scambio di denaro” precisa Innovaud. Gli ultimi contatti risalgono al 2021. La cosa strana, dice chi ha dovuto studiare quei componenti anche a fini commerciali, è che “si trovano comunemente nei mercati europei e soprattutto in Cina, per cui la pretesa triangolazione con gli Stati Uniti, alla base del suo arresto in Italia, pare piuttosto improbabile”. La sede operativa della società era nel building “C” del campus, un elegante quartiere di palazzine a vetro di cinque piani, che
Al Politecnico di Losanna L’iraniano pensò d’inserire – dicono – sensori nelle divise dei fantini: migliorava la tecnologia dei droni
a uso civile come militare. “Nelle presentazioni aziendali veniva proposto per tracciare i movimenti di qualunque cosa, dalle persone alle cose”. Abedini lo pensava condensa non solo giovani startup “incubate” dall’epfl ma anche quelle poi diventate veri e propri giganti dell’industria, come Logitech, quella dei mouse, e Merck nel campo della biotecnologia. E reparti di innovazione di banche come Axa e componentistica come Schindler, multinazionale svizzera degli ascensori e scale mobili.
“Nel suo campo era davvero un genio, per altri versi uno sprovveduto, come possono esserlo i grandi cervelli come il suo”, racconta una ricercatrice che lo ha conosciuto bene. “Viveva come dentro una bolla, forse questo spiega l’azzardo di inviare quelle email alle autorità dell’aeroporto di Ginevra per chiedere di inviare materiale sensibile dalla Svizzera. Solo uno sprovveduto poteva fare un errore così madornale”.
Far luce sulla vera storia del “fantasma” Abedini sta diventando urgente anche per i Servizi segreti svizzeri. Sotto la lente finisce l’imprudenza delle università nei confronti degli scienziati stranieri che effettuano ricerche su tecnologie sensibili. Interpellata dalla stampa svizzera, Sonja Margelist, portavoce del Servizio attività informative della Confederazione (SIC), non ha usato mezzi termini: “Gli istituti di ricerca e formazione svizzeri potrebbero ritrovarsi sempre più nel mirino di attori stranieri. È essenziale che siano consapevoli delle potenziali minacce e usino cautela nella diffusione del loro know-how. È responsabilità loro informarsi in modo approfondito sull’istituto partner straniero e sulle sue intenzioni, e chiarire con le autorità competenti eventuali rischi per la sicurezza o la proliferazione”. E capire se dietro un genio sprovveduto si nasconda un pericolo.