la Repubblica, 10 gennaio 2025
I disegni del professor Pirandello
Il professor Luigi Pirandello aveva un modo tutto suo per evitare di annoiarsi e ingannare il tempo durante le lunghe, interminabili ore di esami all’Università. Da grande appassionato di pittura, riempiva i fogli davanti a sé di schizzi, disegni, ritratti e qualsiasi altra cosa gli passasse per la mente. E poco importa che quei pezzi di carta fossero verbali ufficiali, pieni di nomi di studenti e di altri docenti. Anzi, per fortuna sarebbe il caso di dire, visto che oggi, a distanza di più di un secolo, quei disegni inediti sono riemersi dagli archivi del Magistero, poi diventato l’Università degli Studi Roma Tre.Una scoperta fortuita, come spesso accade, che comincia in una fredda mattina di dicembre, quando ci siamo imbattuti nei fascicoli impolverati dimenticati negli scaffali dell’Archivio segreteria studenti. Insieme a Manuela Riosa, responsabile della Biblioteca Petrocchi, avevamo da mesi in progetto di allestire una mostra bibliografica su Pirandello, perché lo scrittore siciliano, laureato in Filologia romanza a Bonn nel 1891, ha insegnato Linguistica e stilistica proprio al Magistero femminile della capitale tra il 1898 e il 1922.Siamo andati alla ricerca di documenti amministrativi da esporre nelle bacheche: atti pubblici, registri, verbali, materiale non letterario, in apparenza grigio, che però avrebbe potuto aiutare a definire meglio il ruolo del grande scrittore oltre a tutto ciò che è già noto, in parte pubblicato in volumi ormai di parecchi anni fa, comeIl professore Luigi Pirandello di Salvatore Comes (1968), negli articoli di Elio Providenti, o anche in studi più recenti, molti dei quali legati all’ampia ricognizione tra le carte d’archivio avviata nell’ambito della nuova edizione nazionale dell’opera pirandelliana.Nell’Archivio segreteria di Roma Tre, su, in alto, sono conservati i registri più datati: quelli con la legatura in tela, di quel marroncino sbiadito che ha assorbito il tempo. Al primo colpo la fortuna è già dalla nostra parte. Ad apertura di registro: Pirandello è in commissione d’esame e la sua firma, facilmente riconoscibile, è lì, in basso a destra. Un saluto di benvenuto, quasi. Il nome si ripete: a volte compare accanto a quello di Luigi Capuana, altre volte a quello di Maria Montessori, Evangelina Pagano, Manfredi Porena, Nicolò d’Alfonso, Giuseppe Aurelio Costanzo. Per noi è un privilegio vedere quelle carte, frammenti di storia catturati dall’inchiostro, testimonianze di incontri, relazioni, attività vissute nel quotidiano. Poi, dopo aver scorso decine e decine di pagine, ecco materializzarsi un’incursione inattesa: disegni a penna invadono, giocosamente, le pagine, spezzando il ritmo della burocrazia e dei giudizi. Un caos di curve e chiaroscuri contro le righe severamente parallele, che appaiono come gabbie divelte. Restiamo prima incuriositi, poi perplessi. Sono verbali di esami, dunque atti ufficiali. Chi può essersi divertito a lasciare tracce di sé così anomale e poco istituzionali? Guardiamo meglio i soggetti: ritratti, dettagli, maschere, scheletri, caricature. I temi sono spesso pirandelliani, è inequivocabile. Anche se in qualche caso lo stile tra le varie figure appare differente: mani diverse, lo riconosciamo. I verbali nei quali compaiono i disegni, però, riportano sempre la firma ben leggibile di Pirandello. Sappiamo che lo scrittore disegnava e dipingeva, e si divertiva a realizzare caricature, come attestano un’ampia bibliografia e studi chesi sono soffermati su questa passione, condivisa in famiglia con le sorelle, che accompagna lo scrittore dagli anni giovanili alla maturità. Alcuni dei libri da lui posseduti, oggi conservati presso l’Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo di Roma, raccontano di pagine segnate da paesaggi, ritratti, animali, piante, uomini in pose bizzarre. Se ne ha un assaggio in un bel contributo uscito nel 1989 su Ariel. Rivista di Studi Pirandelliani, dal titolo Pirandello caricaturista, nel quale si può osservare riprodotta la copia pirandelliana delle Elegie di Mario Rapisardi (1889) colonizzata da figurine a lapis. Pirandello ha poi lasciato piùdi un taccuino, con schizzi e abbozzi disseminati che ben testimoniano questa sua antica abitudine nel coniugare immagine e parola.Da studiosi sappiamo che in certi casi occorre contenere l’entusiasmo e procedere con enorme cautela. Bisogna prendere tempo, indagare, raccogliere dati, farli dialogare: per attribuire ogni singolo disegno a Pirandello occorrerebbe, prima di tutto, uno studio di natura stilistica e poi un confronto serrato con il resto della produzione. Le domande che ci siamo posti avrebbero probabilmente ricevuto una risposta solo dopo un’indagine ponderata e rigorosa, come si prevede in casi come questi. A volte, però, con un po’ di fortuna, le risposte arrivano inaspettate e hanno orari stravaganti.Come da un messaggio in una bottiglia, dopo qualche giorno di ricerca, ci raggiungono le parole di Porena, l’illustre filologo membro di molte commissioni con Pirandello, collega e amico dello scrittore, che nell’articolo Luigi Pirandello scolaro e maestro nell’Università di Roma, uscito sul periodico Vita universitaria il 20 dicembre 1936, a distanza di dieci giorni dalla morte dell’amico, indugia sul punto che ci sta a cuore: «E, a proposito di ristoro, voglio ricordare uno svago prediletto di Pirandello quando, nelle lunghe sedute di esami orali, era commissario ma non gli toccava di interrogar lui direttamente; ed era di disegnare pupazzetti d’ogni specie sui verbali stessi degli esami, pur senza distrarre l’attenzione dal colloquio del candidato col collega esaminante. Non possedeva la tecnica del disegnatore, e il tratto e il tocco erano assolutamente da profano; ma in quei pupazzetti c’era spesso un’anima e un significato. Tali verbali abbondantemente illustrati, debbono giacere in gran numero negli archivi della segreteria; e potranno, chissà, offrire un giorno materia d’un saggio su Pirandello pupazzettista a un futuro critico, o per una tesi a un futuro laureando. Ai quali peraltro avverto fin d’ora, che qualche volta, eccitati e messi di buon umore dal suo esempio, usciva qualche pupazzetto anche dalla penna mia e, più ancora e con ben altra perizia d’arte, del nostro carissimo collega Fleres: che il futuro scrittore non corra il rischio di trovare le impronte della personalità inconfondibile di Luigi Pirandello in disegni non suoi!».Ecco la risposta che cercavamo: semplice, chiara e illuminante. E adesso tutto quel materiale, ritrovato per caso, sarà valorizzato e esposto in una mostra che si terrà a Roma Tre nei prossimi mesi. Un pezzo di storia che restituisce un altro volto, sorprendente, irriverente, inaspettato, di Luigi Pirandello. Così, almeno, ci pare.Gli autori insegnano Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre.