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 2025  gennaio 10 Venerdì calendario

L’ambasciatrice in Iran viene premiata

Roma – Il suo sorriso è il suo biglietto da visita. Luminoso ma imperscrutabile. Paola Amadei ha scalato così le vette della nostra diplomazia, con la determinazione della gentilezza. E ieri ha raggiunto la vetta: ambasciatrice di grado per meriti speciali.
Non si poteva fare di più per ringraziarla per quello che a Teheran ha fatto per Cecilia Sala. Non avrebbe potuto fare di più lei, che da un anno guida la nostra ambasciata in Iran, prima donna a farlo nel Paese degli ayatollah. Lei che è una delle cinque donne che in tutto il mondo sono state nominate a capo delle nostre ambasciate.
«Avevo una missione decisiva, dovevo portarla avanti», ha commentato a caldo, semplicemente, con chi le chiedeva cosa avesse pensato appena ricevuto l’incarico. Una missione portata avanti con un’esperienza a tutto tondo che Paola Amadei ha maturato a Bruxelles e in Oman, in Bahrein, a Singapore.
«Dovevo capire come stava Cecilia, se era stata picchiata, maltrattata, anche soltanto toccata», raccontava sempre ieri lei che per aiutare la giornalista del Foglio e di Choramedia non ha esitato a interrompere bruscamente le sue vacanze di Natale.
Era a Roma la nostra ambasciatrice quando alla Farnesina è arrivata la notizia dell’arresto di Cecilia Sala. «Devo tornare a Teheran, mi sono detta». Sapeva il pericolo che la giornalista correva, semplicemente per il fatto di essere donna. La nostra ambasciatrice li conosce gli ayatollah. Combatte ogni giorno con un governo che le donne le uccide soltanto perché hanno messo male il velo, Masha Amini a 22 anni è morta per questo per mano della polizia morale di Teheran.
Per la nostra giovane giornalista, Paola Amadei è andata ad affrontarli uno per uno gli uomini di quel governo. Il capo del ministero degli Esteri, il direttore generale degli affari europei, quello degli Affari consolari, il viceministro degli Affari politici. Ogni volta la stessa esortazione: «Chiedevo che la rilasciassero subito. Che le per mettessero di superare questa fase così buia della sua vita».
Non è stato facile. Non poteva essere facile. Paola Amadei è stata la prima persona che ha incontrato Cecilia nel carcere di Evin. Tempi contingentati: trenta minuti, non di più. Poi non aveva più potuto vederla. Le aveva lasciato un pacco, però. Vestiti, occhiali, generi di conforto. «Mi hanno garantito che glielo avrebbero fatto avere», racconta lei. Come abbiamo poi saputo quel pacco non è mai stato consegnato. Cecilia Sala ha dormito per terra nel carcere di Evin, la luce al neon sparata negli occhi ventiquattr’ore su ventiquattro. Paola Amadei ha faticato persino ad avere notizie sulla condizione della sua detenzione.
È stato Antonio Tajani, ministro degli Esteri, che ha proposto al governo di insignirla della carica di ambasciatrice di grado per meriti speciali.
E ieri i colleghi da tutto il mondo hanno voluto festeggiarla. Telefonate e messaggi, complimenti.
Un traguardo che arriva all’età di 60 anni, a coronare una fulgida carriera. Aveva 28 anni Paola quando ha intrapreso la carriera di diplomatica, a 32 era già vice capo missione a Singapore. A 36 prima segretaria presso la rappresentanza a Bruxelles. Non ne aveva ancora 50 quando è stata nominata ambasciatrice.