Anteprima, 30 dicembre 2024
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Biografia di Josef Lewkowicz
Josef Lewkowicz (1926-2024). Sopravvissuto alla Shoah polacco. «Noto come “Reb Yosef”. Sopravvissuto a sei campi di sterminio e successivamente impegnato come cacciatore di nazisti, Lewkowicz ha dedicato la sua vita alla giustizia e alla memoria. La sua vita è stata raccontata nel bestseller Il sopravvissuto di Auschwitz, edito in Italia da Newton Compton Editori. Il libro, tradotto in 12 lingue, ripercorre i terribili anni trascorsi nei campi di sterminio, le sue esperienze di sopravvivenza e il suo impegno nel portare alla giustizia criminali nazisti come Amon Goeth, il famigerato “Macellaio di Plaszow”. […] La sua autobiografia, che sarà pubblicata negli Stati Uniti il 27 gennaio 2025 in occasione della Giornata Internazionale della Memoria, racconta nei dettagli la sua straordinaria trasformazione da vittima a protagonista della giustizia. “Ho sopportato fame, percosse e torture in sei campi e sono riuscito a sopravvivere per portare un mostro davanti alla giustizia,” scrive Lewkowicz, sintetizzando il messaggio di resilienza e speranza che ha segnato la sua esistenza» [Spizzichino, Shalom]. Il 27 gennaio 2024 era stato intervistato da Silvia Truzzi per il Fatto: «Josef, lei ha trascorso l’infanzia in uno shtetl della Polonia sudorientale e poi a Cracovia. “Ricordo una meravigliosa vita, idilliaca e tranquilla. Giocavamo, imparavamo, cantavamo. Mangiavamo e celebravamo lo Shabbat. Non eravamo ricchi. Non eravamo poveri. La vita andava bene.” Cosa ricorda del 2 settembre 1942, quando fu arrestato dai nazisti? Cosa ha significato per l’adolescente che era allora? “Il mio mondo è cambiato da un giorno all’altro. L’Olocausto, i campi di concentramento erano un altro pianeta. Essere un adolescente è stato un vantaggio, in un certo senso: ero avventuroso e avevo la vita davanti a me. Ti adatti. Impari a sopravvivere. Ogni giorno devi trovare una crepa, un lampo di luce, un boccone di cibo e andare avanti.” Cosa significa essere un sopravvissuto? “Sono sopravvissuto a molti campi di lavoro e di concentramento. Tutta la mia famiglia è stata uccisa a Belzec, ma io sapevo che dovevo farcela e avevo una motivazione forte: all’inizio è stata salvare i bimbi ebrei dispersi che avevano perso i genitori, uccisi dai nazisti. In un senso più ampio ha significato vivere con uno scopo, la spinta è stata contribuire a costruire un mondo migliore”» [Truzzi, Fatto].