La Stampa, 29 dicembre 2024
Trump e Musk miliardari destinati a divorarsi
Durante le feste è stato un gioco divertente. I social media si sono sbizzarriti con immagini di Donald Trump al servizio di Elon Musk: gli porta bibite nello Studio Ovale, gli pulisce il parabrezza della macchina, gli lucida le scarpe. Il presidente eletto ha addirittura rincarato lo spasso quando, a una conferenza stampa a Mar-a-Lago, ha detto che Musk non può aspirare a diventare presidente perché non è nato negli Stati Uniti. Shakespeare non avrebbe potuto dirlo meglio: Trump “doth protest too much, methinks” (protesta troppo, mi sembra) fece dire il grande drammaturgo a un personaggio di Amleto in risposta a un’esagerata reazione rivelatrice.
Vi sono molte incertezze sul secondo mandato di Trump alla Casa Bianca, ma una delle più fondamentali è in che modo evolverà questo duetto tra Trump e Musk. Come direbbe ancora Shakespeare, la loro potrebbe restare una commedia, intitolata forse “Gli allegri miliardari di Washington” sulla falsariga de “Le allegri comari di Windsor” del Bardo. Ma potrebbe benissimo diventare una tragedia.
Uno dei paradossi del presunto populismo anti-élite è il fascino che Trump esercita sugli altri miliardari, che uno immagina possano essere l’epitome della tanto detestata élite. In effetti, in America vivono più di ottocento miliardari e il mese scorso, quando Trump ha annunciato le sue nomine per il suo gabinetto e altre posizioni, è sembrato davvero che ognuno di quegli ottocento miliardari potrebbe entrare a far parte del suo governo.
Il paradosso si risolve facilmente, in ogni caso. I miliardari si sentono a loro agio tra loro perché l’immensa ricchezza che hanno conferisce un’indipendenza di pensiero e di azione che permette loro di manifestare ammirazione reciproca e di interagire con facilità, un po’ come avveniva tra gli aristocratici facoltosi dei secoli passati.
Molti, inoltre, condividono l’idea secondo cui il governo è un freno per la loro ricchezza e il loro operato e di conseguenza vorrebbero farne piazza pulita o quantomeno acquisirne il controllo. Pochi di questi plutocrati credono di essere diventati ricchi per caso o grazie al lavoro altrui: sono convinti di avere talenti speciali e quindi di meritarsi non soltanto la ricchezza che già posseggono, ma una ricchezza ancora maggiore. Molti, inoltre, ricavano tutte o parte delle loro fortune da contratti con il governo, specialmente per il mastodontico budget della Difesa americana, e quindi è di naturale interesse per loro voler avere la meglio in quegli accordi.
Questo spiega perché ai miliardari piace tanto Trump. Meno ovvio, invece, aldilà dell’ammirazione reciproca, è perché a Trump dovrebbero piacere tanto quei miliardari ora che il suo ritorno nella Casa Bianca è assicurato e che non ha più bisogno delle loro donazioni per la campagna elettorale. Se è chiaro come il sole perché a Musk piace stare accanto a Trump, non è affatto chiaro perché Trump dovrebbe continuare ad amare che Musk gli stia accanto.