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 2024  settembre 13 Venerdì calendario

Biografia di Dimítrij Medvedev (Dmitrij Anatol’evič M.)

Dimítrij Medvedev (Dmitrij Anatol’evič M.), nato a Leningrado (nell’allora U.R.S.S., oggi San Pietroburgo) il 14 settembre 1965 (59 anni). Politico russo. Fedelissimo di Vladimir Putin. Già presidente del cda della Gazprom (2000-01, poi di nuovo 2002-03). Già presidente della Federazione russa (2008-12), nei quattro anni di interregno in cui, per norma costituzionale in seguito abrogata, Putin dovette rinunciare alla carica di capo dello Stato. Già primo ministro (2012-20). Ora è vicepresidente del Consiglio di sicurezza federale, organo consultivo che assiste il presidente in materia di sicurezza nazionale, e di cui fanno parte tra gli altri i ministri della difesa, degli esteri e dell’interno, i presidenti delle Camere, i direttori dei servizi segreti • «Una carriera politica da controfigura: scelto nel 2007 come “delfino” da un Putin impedito dalla costituzione a un terzo mandato consecutivo, ha passato quasi quattro anni al Cremlino accompagnato dalle barzellette sui fili da marionetta che gli spuntavano dalla giacca» [Anna Zafesova, Sta 11/12/2011] • Si sono conosciuti nel 1990. «Otto anni più grande, Putin è sempre stato la figura dominante, in una dinamica che non è mai cambiata in trent’anni. Giusta la definizione coniata da un ex ambasciatore americano in Russia, secondo la quale Medvedev sta a Putin come Robin sta a Batman» [Paolo Valentino, CdS 14/4/2022] • Pare che Putin lo chiami col diminutivo, Dema, mentre lui, ancora oggi, faccia fatica a dargli del «tu». Alto solo 1 metro e 62, è l’unico tra gli intimi di Putin a essere più basso di lui. «Qualcuno arriva addirittura a dire che sarebbe questo l’elemento decisivo» [Fabrizio Dragosei, CdS 12/2007].
Titoli di testa «Medvedev e Putin sono un dono di Dio per il vostro Paese» (Silvio Berlusconi, in visita a Mosca).
Vita Figlio unico di due docenti universitari. Il padre, Anatolij, ingegnere chimico, insegna all’Istituto tecnologico di Leningrado. La madre, Julija, filologa, laureata in lingue, è professoressa di russo, poi guida turistica alla reggia di Pavlovsk • Cresciuto nel quartiere di Kupčino, alla periferia della città. Negli anni Settanta i suoi ricevono dallo Stato un appartamento in un prefabbricato, 40 metri quadrati con bagno e toilette privati, «un lusso per chi conosce le code mattutine al wc collettivo» [Marie Jégo, Sta 8/3/2008] • Un bravo ragazzo. Studente diligente, mai una parola fuori posto. Si unisce volontario alle unità di lavoro sovietiche che durante il fine settimana raccolgono patate. «I compagni di gioventù lo ricordano con un buon amico, molto disponibile e con un forte senso dell’umorismo» [Demetrio Volcic, Il piccolo zar Laterza 2008] • Pensa di seguire le orme dei genitori. Laurea in legge nel 1987. Phd nel 1990, con tesi su Le questioni legate alla realizzazione della persona giuridica civile dell’impresa pubblica. Mentre il comunismo è in agonia, e la Russia rischia di andare a rotoli, inizia la sua carriera da professore di diritto. «“Può essere duro se la situazione lo richiede”, assicura Valerij Musin, uno dei suoi insegnanti alla facoltà di legge. “Agli esami, non faceva passare nessuno”, conferma Olga, che fu sua studentessa» [Jégo, cit.] • Ma il destino ha in serbo altro per il giovane docente. «Alla facoltà di legge, il brillante Medvedev viene notato da Anatolij Sobchak, professore appena eletto sindaco. Putin, vicesindaco, apprezza il giovane che si divide tra il comune, l’università e le consulenze private. La scintilla scocca, Medvedev diventa consulente di Putin, e riesce a salvarlo dalle accuse di corruzione della deputata Marina Salie. Anziana e pensionata, oggi lei si rifiuta di parlarne dopo aver ricevuto un telegramma che le augurava lunghi anni di vita, senza incidenti... La criminalità e la mafia prosperavano a Pietroburgo, ma Medvedev ha sfiorato quel mondo senza entrarci. “Nemmeno una macchia, e ho indagato bene”, scrive un giornalista. Di Medvedev colpisce la sua capacità di arrivare in cima senza farsi notare. Putin [diventato nel frattempo capo dei servizi segreti e poi primo ministro, ndr] lo chiama a Mosca nel 1999, come capo della sua amministrazione» [Jégo, cit.] • La sua carriera decolla. Lui e il suo amico Aleksej Borisovič Miller vengono messi a capo della Gazprom, compagnia energetica russa, da poco rinazionalizzata. Subito ribattezzati «i gemelli del gas». «Sono i nuovi zar dell’energia mondiale. Compagni di scuola e da sempre colleghi di lavoro, sono stati catapultati alla guida del colosso di gas e petrolio grazie ad una virtù estinta, nella giungla cresciuta sulle ceneri dell’Urss: la fedeltà cieca al capo. Più una corte di compagni d’infanzia, selezionati con metodi da servizi segreti, che una moderna classe dirigente. […] Più grigio e arrogante Miller, detto “primus” per l’ambizione capace di fargli assorbire qualsiasi colpo. Più creativo e simpatico Medvedev, detto “visir” per l’educata impenetrabilità orientale. Accomunati da un colpo di fortuna: essere saltati al momento giusto sul carro dell’amico Putin […] Nel 1999 i tre sbarcano a Mosca e assieme vanno alla conquista del Palazzo occupato dai primi oligarchi. Medvedev e Miller inventano la campagna elettorale dello sconosciuto Putin, puntano sulla seconda guerra in Cecenia e costruiscono il trionfo contro i comunisti […] Putin è presidente da pochi giorni, quando delinea la sua “verticale del potere”, dichiara guerra ai “banditi delle privatizzazioni” e inventa i “gemelli del gas”. Il “visir” viene promosso capo dell’amministrazione presidenziale e presidente di Gazprom, l’unica persona di cui lo zar si fidi ciecamente. “Primus”, ridotto nel frattempo a dirigere il traffico del porto di San Pietroburgo, diventa capo del gasdotto del Baltico, poi vice ministro dell’energia, infine amministratore di Gazprom. Tutto in pochi mesi, con una missione: far fuori il managment energetico corrotto cresciuto con Eltsin, riportare nelle mani dello Stato le materie prime, blindare il potere di Putin, trasformare gas e petrolio nell’arma che può restituire alla Russia il rango di superpotenza» [Giampaolo Visetti, Rep 26/1/2006] • In sei anni Medvedev e Miller fanno il lavoro sporco per conto del capo. Fanno arrestare chi resiste alla statalizzazione delle materie prime, da Goldovskij dell’Itera (gas) a Khodorkovski della Yukos (petrolio). Licenziano i vecchi dirigenti della Gazprom. Evitano che la catena del valore del gas si frammenti fra estrazione, distribuzione e commercializzazione. Assicurano a Gazprom il monopolio delle risorse energetiche russe. Comprano banche e televisioni. Trasformano la società in una miniera d’oro con la forza di un carro armato. «Risultato: Gazprom […] entra nell’olimpo dei produttori mondiali: 640 miliardi di metri cubi di gas all’anno, 153 mila chilometri di gasdotti, 350 mila dipendenti. Il gigante è pronto per andare all’assalto delle repubbliche ribelli dell’ex Urss e per riproiettare Mosca nella leadership internazionale [...]» [Visetti, cit.]. In questo periodo «una delle sue fotografie più famose lo ritrae mentre frigge una omelette per una babushka [una vecchietta, ndr] in uno sperduto villaggio appena collegato con gli impianti del gas» [The Guardian] • Il presidente è molto soddisfatto. «Fu la sua incondizionata lealtà che convinse Putin, nel 2008, a scegliersi lui come successore temporaneo alla presidenza, diventando il suo primo ministro. In quei mesi, un dispaccio dell’ambasciata americana di Mosca inviato a Washington, raccontò la barzelletta che circolava in città: “Medvedev è seduto in un’auto nuova di zecca al posto del guidatore. C’è tutto: il cruscotto, il cambio, l’acceleratore, il freno. Manca lo sterzo. Allora si gira verso Putin che sta seduto dietro e chiede: Vladimir Vladimirovich, dov’è lo sterzo? Putin tira fuori un telecomando dalla tasca e dice: nessun problema, guido io”. L’aneddoto è crudele. Ma illustra bene il punto: Medvedev non è mai uscito dall’ombra del suo padrone» [Paolo Valentino, cit.] • La sua elezione alla presidenza della Federazione è grottesca. «Sui manifesti elettorali i due sono insieme. Ma a guardare meglio, Putin si sporge di qualche centimetro sul suo pupillo» [Jégo, cit.]. «Chi sarà il prossimo presidente lo sanno anche i bambini. Il settimanale Express Gazeta ha indetto il concorso “Disegna il futuro capo della Russia” tra gli alunni delle scuole elementari. Sono arrivati migliaia di schizzi, tutti col ritratto di un uomo giovane, basso di statura, capelli neri ben curati ed elegantemente vestito. Mai un risultato è apparso più scontato, a tal punto che la campagna elettorale è praticamente inesistente. Nelle vie di Mosca i cartelloni con l’aquila a due teste, simbolo della Federazione russa, si limitano a ricordare ai cittadini che il 2 marzo si vota. […] Beninteso ci sono altri personaggi in lizza, tanto per dare una parvenza di libera scelta all’elettore. Tre candidati, oltre Medvedev, sono stati ammessi alla gara presidenziale: l’inossidabile comunista Ziuganov, il pittoresco nazionalista Zhirinovskij e il fantomatico leader del nuovo Partito democratico Bogdanov. Sono gli elementi decorativi della democrazia in versione russa. Vecchi arredi i primi due, sulla scena politica dall’inizio degli anni Novanta, nuovo e stravagante il terzo, che gioca a fare l’opposizione di Sua Maestà. Gli altri possibili concorrenti si sono ritirati per non contribuire alla “buffonata”, come ha dichiarato il leader liberale Javlinskij, oppure ne sono stati impediti, come il campione di scacchi Kasparov, che non è riuscito a trovare una sala per un raduno o come l’ex premier Kasyanov, denunciato con l’accusa d’aver falsificato buona parte dei 2 milioni di firme necessarie per la candidatura» [Luigi Geninazzi, Avvenire 29/2/2008]. Dice Dmitrij Avdonin, cittadino comune, 55 anni, disoccupato: «Lo ha scelto Putin per noi: e a Putin io devo tutto» • Medvedev vince le elezioni con il 70% dei voti. Suo primo atto: nominare Putin primo ministro. Nel resto del mondo tutti lo prendono in giro. «Un burattino». «Un fantoccio». «La tandem-ocrazia». «I sistemi politici si dividono in due macro-categorie: quelli in cui contano le sedie e quelli in cui contano i sederi. Nel primo caso ci si batte con mezzi leciti o illeciti per occupare la poltrona suprema. E, a spiovere, scanni e panche laterali. Nel secondo, il capo è il capo sia che sieda sul trono sia che si aggrappi a uno strapuntino o si accomodi in tenda sdegnosamente respingendo ogni alloro» [Lucio Caracciolo, Limes 3/2010]. Eppure, almeno all’inizio, il suo arrivo al Cremlino aveva suscitato qualche speranza in patria. «Alla timida liberalizzazione interna, si era accompagnato il celebre “Reset” con la nuova Amministrazione di Barack Obama, che aveva dato l’illusione di una nuova era di dialogo culminata con la firma del Trattato New Start che tagliava drasticamente gli arsenali nucleari di Russia e Usa. Sorridente, quasi timido, per nulla aggressivo nei toni, grande fan dei Deep Purple, Medvedev divenne per un periodo l’immagine della nuova Russia. Medvedev diede perfino un’intervista alla Novaya Gazeta, il giornale di opposizione ora chiuso dalle autorità. Raccontano che per un breve periodo egli coltivasse anche l’idea di un secondo mandato, spinto dai collaboratori più liberali come Gleb Pavlovsky. Ma nei fatti, nonostante i discorsi progressisti, cambiò poco. E nell’estate del 2011, dopo una riunione di Putin con gli oligarchi in Crimea, l’illusione e la ricreazione finirono. Putin e Medvedev annunciarono la famosa rokirovka, lo scambio di posizioni: il primo tornò al Cremlino, l’altro divenne il suo obbediente premier, di fatto il suo parafulmine» [Valentino, cit.] • Tutto sembra procedere senza problemi. Poi, nell’estate 2014, lo scandalo. Un blogger di nome Aleksej Naval’nyj carica su YouTube un documentario in cui lo accusa di corruzione. «Il video dimostrerebbe come il premier, attraverso una rete di fondazioni benefiche, abbia trasferito una settantina di miliardi di rubli – cioè un miliardo e duecento milioni di dollari – a parenti e uomini di fiducia. Si parla poi del suo impero immobiliare, che comprende una villa in Toscana con tanto di vigneti, magioni poco proletarie e un laghetto in cui nuotano le paperelle. Eppure, seconda la sua dichiarazione dei redditi pubblicata sul sito del governo, Medvedev nel 2018 avrebbe guadagnato solo l’equivalente di 136 mila euro [Manuela Gatti, Giornale]. Il documentario viene visto da 40 milioni di persone. Medvedev viene apertamente contestato, alle manifestazioni gli attivisti agitano delle paperelle di gomma. Il blogger Naval’nyj è arrestato e messo in prigione. Ma ormai il premier è uno dei gerarchi più impopolari, al punto che nel 2020 Putin arriva a destituirlo. «L’ex presidente ed ex premier è stato declassato nella gerarchia del regime, ma occupa pur sempre la carica di leader del partito di governo Russia Unita, e di vicesegretario del Consiglio di sicurezza, l’organismo dei massimi gerarchi con il quale Putin si consulta. È vero che il peso reale di Medvedev anche all’interno del partito che ufficialmente guida è inferiore alle apparenze, e l’hashtag #penoso che gli si è appiccicato dopo che il licenziamento, ha messo una croce sopra le sue ambizioni molto più delle denunce di Aleksey Naval’nyj sulle sue splendide ville e vigneti toscani» [Anna Zafesova, Sta 8/6/2022] • Finito per qualche tempo nel dimenticatoio, è riuscito a riguadagnare le prime pagine dei giornali internazionali dopo l’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina. «Medvedev non era mai stato tanto loquace quanto dall’inizio dell’invasione […] secondo fonti ben informate raccolte dalla stampa russa, Putin gli avrebbe affidato il compito di reclutare nuovi soldati da mandare al fronte […] l’ex presidente avrebbe deciso di puntare tutto sulla comunicazione. Le pubblicità che compaiono sui canali Telegram o sui social come VKontakte, i manifesti presenti in alcuni negozi e gli spot in televisione servono a creare una mitologia attorno alla figura del soldato che attiri uomini con lavori poco pagati. […]. Dal 24 febbraio, Medvedev si è distinto per i suoi commenti a favore dell’invasione, per le minacce contro l’occidente, per la gestione di un canale Telegram particolarmente attivo in cui accusa la Nato di aver provocato Mosca. […] dopo la notizia della ricandidatura del presidente americano Joe Biden per le elezioni del prossimo anno, ha pubblicato una caricatura, chiamandolo un nonno disperato e suggerendo di mettere al sicuro i codici nucleari. Medvedev, oltre a organizzare la nuova mobilitazione, spesso si occupa di tenere delle conferenze, le capacità comunicative che ha espresso in modo particolare in quest’anno di guerra lo stanno rilanciando» [Micol Flammini, Foglio 26/4/2023]. Ed è così che l’ex bravo ragazzo, ex studente brillante, ex professore di diritto civile, ha iniziato a interpretare il suo ultimo ruolo. «Sfoggia la stessa aria giovanile di sempre. Ma sono i suoi discorsi a essere radicalmente cambiati. Non c’è più traccia dei toni liberali di un tempo. Oggi Medvedev, vice-presidente del Consiglio per la sicurezza nazionale, è uno dei falchi del Cremlino e spesso la sua retorica è ancora più minacciosa di quella di Putin. Attivissimo e prolisso su Telegram, difende la guerra a spada tratta. Chiede la reintroduzione della pena di morte. Minaccia le imprese occidentali di confiscare i loro beni. Accusa gli Stati Uniti di voler “umiliare, ridimensionare, dividere e distruggere” la Russia. Ma avverte che questa “ha il potere di annientare tutti i suoi peggiori nemici”, vantandone il potenziale nucleare. Attribuisce alla falsa propaganda dell’Occidente e dell’Ucraina le notizie sui crimini di Buča, “fabbricate ad arte da media ben pagati”. Parla dei nazisti e delle “bestie” di Kiev da eliminare. E sogna, grazie alla “denazificazione e smilitarizzazione” dell’Ucraina “un’Eurasia aperta da Lisbona a Vladivostok”» [Valentino, cit.].
Amori Sposato dal 1989 con una Svetlana Linnik, conosciuta a tredici anni sui banchi di scuola. «Dopo la nascita di nostro figlio Ilja le ho detto che non doveva più lavorare. Lei ha provato a discutere, ma le ho spiegato che era meglio se stava a casa».
Curiosità Divenne presidente a 42 anni, il leader russo più giovane dai tempi di Nicola II. Lui «riconosce, non senza soddisfazione, una somiglianza fisica con lo zar-martire, barba esclusa» [Jégo, cit.] • Appassionato di fotografia • Appassionato di musica occidentale • Colleziona dischi in vinile • Canzone preferita: Kentucky Woman dei Deep Purple • Gli piacciono anche i Led Zeppelin e i Black Sabbath • All’università praticava il sollevamento pesi, vinse pure una medaglia. Oggi preferisce il nuoto • Nel 2022 anche il figlio Ilja è entrato in politica con il partito di Putin • Il 16 febbraio 2024 il blogger Naval’nyj è morto nella colonia penale di Jamalo-Nenec, in Siberia, ufficialmente per «sindrome da morte improvvisa» • «Affiorano pettegolezzi, come quelli messi in giro da una signora che nei primi Novanta lavorò al Comune di Pietroburgo con Putin e Medvedev, tale Olga Kurnosova, secondo cui i compiti di Medvedev si limitavano a versare il caffè nella tazza di Putin. Ma ci sono giudizi ben più seri e attendibili, come quelli della sociologa Olga Kryshtanovskaja, secondo cui una cosa dev’essere chiara: il rapporto di Medvedev con il Capo è di riconoscenza e devozione, qualcosa di non molto dissimile da quello d’un figlio adottivo» [Sandro Viola, Rep 12/12/2007].
Titoli di coda Borbotta Evdokia, cittadina comune, prima di chiudersi la porta alle spalle: «Sa qual è il guaio con voi occidentali? Che cercate di farci pensare come voi».