12 ottobre 2020
Oggi 293 - Cartelle sospese
Senta un po’, c’è questa multa che ho preso dalle parti di Montefiascone - una tratta implacabile - e che a suo tempo mi sono dimenticato di pagare, non è che adesso, tutt’a un tratto...
La sua multa sta nella massa delle cosiddette “cartelle sospese”. Tranquillo, il governo ha rinviato tutto.
Cioè?
La “sospensione delle cartelle” (cioè non ti vengo a chiedere le tasse arretrate, non ti pignoro lo stipendio, ecc.) era stata decisa in primavera per aiutare gli italiani messi in difficoltà dal virus. La cosa doveva finire il 15 ottobre, ma il governo ha approvato la nuova Legge di Bilancio e, all’interno di questa legge, ha stabilito di prolungare la sospensione fino al 31 dicembre. Quindi, fino a quella data, niente accertamenti esecutivi e niente ingiunzioni. Si sa già che, se davvero il 1° gennaio 2021 si darà via libera agli esattori, si sceglierà di farlo con gradualità. Non verremo rimessi sotto torchio tutti insieme, ma solo un po’ per volta, secondo criteri da stabilire, ma che possiamo immaginare legati al reddito, al numero di figli piccoli da mantenere, eccetera. Inoltre, quando la macchina si rimetterà in moto si potrà chiedere di rateizzare l’importo dovuto. E, mentre prima il beneficio della rateizzazione cadeva se tardavi nel pagamento di cinque rate, adesso questa soglia di tolleranza è stata portata a dieci rate.
Di che cifre stiamo parlando?
Bisogna aggiungere ai vecchi numeri quelli delle cartelle che si sarebbero dovute mandare adesso. In totale: una decina di milioni di atti, la maggior parte dei quali (sei milioni e mezzo) inferiore ai mille euro. Un milione e mezzo di cartelle si colloca tra i mille e i cinquemila euro. Le cartelle che valgono più di cinquemila euro sono poco meno di novecentomila. Non si tratta solo di tasse non pagate, anzi la voce “tasse” copre poco più del 30%. Per il resto sono debiti legati alle multe o a infrazioni di piccola entità.
Quando arriverà il momento potrebbero pignorare lo stipendio?
Calma, lo sipendio è pignorabile solo per un quinto del netto. Non può essere messo in pericolo il cosiddetto “minimo vitale”.