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 2020  giugno 01 Lunedì calendario

Oggi 272 - Migranti

Pare che ventimila disperati siano pronti ad attraversare il Mediterraneo e sbarcare da noi...

«Sì, è quello che riferiscono le agenzie».

È finita l’emergenza pandemia, sta arrivando la bella stagione, e quindi...

«Non è che negli ultimi mesi il flusso di migranti si sia arrestato. Anzi. Il Viminale ha fatto sapere che dall’inizio dell’anno sono sbarcate da noi 5.461 persone, contro le 1.878 dell’anno scorso».

Quindi bisogna temere il peggio.

«Ci sono varie questioni. La prima riguarda la situazione in Libia. Al Serraj, il premier di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale, ha ormai battuto il generale Haftar ed è probabile che, nonostante la resistenza russa, possa riconquistare la Cirenaica. Questa vittoria è il risultato degli aiuti forniti dal presidente turco Erdogan. Il quale è a questo punto il vero uomo con cui trattare. Erdogan ha sempre usato i migranti come arma di ricatto nei confronti dell’Europa. Non farà diversamente neanche stavolta».

Non esiste la possibilità di trattare?

«Se ne sta occupando la ministra Lamorgese. Ha di nuovo promesso ai libici mezzi per controllare le partenze. Non credo che sarà sufficiente. È in corso anche una trattativa con Tunisi: se vogliono che gli compriamo l’olio...».

Non avevamo chiuso i porti?

«Sono aumentati anche gli ingressi via terra, dal lato della frontiera slovena. I porti in ogni caso restano chiusi. Però le ong sono tornate in acqua e questo annuncia forti pressioni su di noi. Ricominceranno a presentarsi davanti alle nostre coste e a chiedere di poter sbarcare gli uomini, le donne e i bambini che hanno salvato in mare. Hanno dalla loro il diritto internazionale. E la Chiesa».

Non dovevamo avere un aiuto dall’Europa?

«L’Europa ci sta per dare un sacco di soldi e chiederà in cambio che ci facciamo carico di quelli che arrivano. Sui finanziamenti a fondo perduto abbiamo come nemici l’Olanda, l’Austria, la Svezia. E sul fronte migranti abbiamo come nemici i quatto di Visegrad, cioè Polonia, Cechia, Slovacchia e Ungheria, che non vogliono sentir parlare di redistribuzione dei migranti».