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 2020  marzo 02 Lunedì calendario

Oggi 259 - Virus

Si può fare una stima di quanto costerà all’Italia questa epidemia da coronavirus?

«In termini generali, sì. Se vuole dei numeri, no».

Perché?

«Ci sono troppe incognite. Quanto durerà questa nuova influenza, come reagirà il Paese e anche come reagiranno l’Eurpa e il mondo. Siamo di fronte a una globalizzazione del problema: il virus è un prodotto della globalizzazione ed è inevitabilmente planetaria la sua soluzione. Senza con questo voler dire che non dovremmo fare la nostra parte».

Facciamo degli esempi.

«Se i cinesi ne stanno veramente uscendo, ricominceranno a comprare. La ferma di quel mercato ha conseguenze enormi sul resto del mondo, Italia compresa. Anche senza bisogno che l’influenza si propaghi fuori dai loro confini. Poi c’è l’Europa. Sembra di capire che le politiche di rigore verranno per il momento abbandonate, si parla di riacquisto massiccio di titoli pubblici e di forte immissione di liquidità nel sistema. La commissione ci ha già lasciato sforare per sette miliardi e mezzo, è molto probabile che ci permetterà di andare anche oltre, fino ad arrivare, come minimo, al 2,8% nel rapporto deficit/pil».

Che cosa dovremmo fare noi?

«Cottarelli ha calcolato che ci servono almeno due punti di Pil, cioè un 36 miliardi. Sono soldi con cui si potranno sostenere famiglie e imprese messe sul lastrico dalla paralisi. Dobbiamo aspettarci, purtroppo, una serie di fallimenti delle aziende più deboli (qualcuno ha buttato lì: una su dieci se la cosa durerà più di sei mesi). Ci sarà da estendere la cassa integrazione anche alle aziende più piccole, in deroga alle regole esistenti, di far qualcosa per i lavoratori stagionali che, perdurando la rinuncia del mondo a far vacanze in Italia, resteranno senza risorse. L’Europa sarà essenziale, in questo, se comprerà massicciamente i titoli del nostro debito garantendoci liquidità. Se l’Europa non comprasse, sarebbe difficile per noi, con l’enormità del nostro debito, rifornirci sui mercati.

L’altro problema è la concorrenza».

Che significa?

«La nostra reputazione, già non troppo buona, è peggiorata a causa del coronavirus. Inoltre in questa fase di quarantena siamo costretti a stare fermi e non produrre. Una combinazione ideale per le aziende nel mondo che fanno concorrenza al made in Italy e che sono pronte a inserirsi, con la dovuta aggressività, negli spazi che lasceremo eventualmente liberi».