20 gennaio 2020
Oggi 253 - Elezioni
Dopo il torneo elettorale in Emilia e in Calabria diamo il voto ai politici che sono (più o meno) scesi in campo.
Stefano Bonaccini, 10. È il vero vincitore di questo campionato. Non solo è stato rieletto a governatore dell’Emilia dopo cinque anni di buon governo (così ammettono tutti), ma ha incassato 150 mila voti in più della coalizione che lo sosteneva. È tra l’altro un politico di nuovo tipo: sobrio, calmo, misurato, ha trattato Salvini come un avversario e non come un nemico, qualificandolo addirittura di “ospite”. Anche il look è di nuovo tipo: calvo e col barbone.
Mattia Santori, 9. Tanto per sintetizzare in un solo nome il quartetto che ha inventato le sardine, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni, Andrea Garreffa e appunto il leader Santori. È merito loro se alle urne emiliane si è presentato il doppio degli elettori dell’altra volta. Una mobilitazione che ha fermato la marcia di Salvini.
Iole Santelli, 8. Dicono tutti che la vittoria del centro-destra in Calabria era scontata, e però intanto quella Regione prima era del Pd. Poi Iole ha corso come berlusconiana, un’etichetta ormai quasi priva di valore. E ha preso il 55% dei voti. E ha corso avendo in corpo un tumore.
Giorgia Meloni, 7. Ha incassato bei risultati sia in Emilia (8,6%), sia in Calabria dove ha preso il 10,9%. Sono i frutti di una linea politica, nel campo della destra, molto ferma e priva di contraddizioni.
Nicola Zingaretti, 6. Ha vinto la prova in Emilia-Romagna e bisogna dargli la sufficienza. Forse è un voto un po’ troppo alto: il suo merito, in definitiva, è quello di essersi tenuto in disparte e di non aver voluto mettere l’insegna del Pd sulla corsa di Bonaccini.
Matteo Salvini, 5. Ha perso la battaglia su cui aveva scommesso tutto, quella in Emilia, e bisogna dargli un’insufficienza. È forse un voto un po’ troppo basso. In definitiva ha reso contendibile la Regione in cui fino a ieri era persino inutile tentare di opporsi alla sinistra. E la Lega ha praticamente gli stessi voti del Pd. Sì, forse 5 è poco.
Conte, 4. Non pervenuto.
Di Maio, 3. Ha guidato il M5s fino a ieri, dunque è il responsabile del disastro grillino, praticamente sparito dai radar. Ha poi compiuto il bel gesto di scappare tre giorni prima del voto accusando i suoi di tradimento. Forse 3 è anche troppo.