23 luglio 2018
Oggi 176 - Tav Tap Ilva
Sono frastornato da sigle che capisco poco: Tav, Tap, Ilva...
Sono sigle che si riferiscono a cantieri e lavori in corso. Stanno facendo litigare i ministri e anche i ministri con il resto del mondo.
Andiamo con ordine. Cominciamo dalla sigla «Tav».
Significa «Treno ad alta velocità». È un cantiere aperto in Val di Susa, contestato perché considerato inquinante e inutile. Il M5s non lo ha mai voluto e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha detto la settimana scorsa che non si farà. Subito s’è messo di traverso il capo della Lega, Matteo Salvini, secondo il quale invece bisogna andare avanti. Sono convinti che si debba andare avanti anche i sindacati, gli industriali e le forze politiche d’opposizione. Ci sono in ballo posti di lavoro, penali e brutte figure internazionali. Il Tav è una linea ferroviaria che costruiamo d’accordo con i francesi e nel quadro di un’iniziativa europea.
Di che si tratta?
L’Europa vuole una ferrovia da Lisbona a Vladivostok, che serva i mercati d’oriente, sempre più ricchi e desiderosi di merci. Un pezzo di questa struttura - detto Corridoio 5 - dovrebbe passare per l’Alta Italia connettendo Lione a Torino. Il versante meridionale del Corridoio 5 interessa, tra le altre, anche Venezia, e Trieste. Se l’Italia rinunciasse al Corridoio 5, la linea ripieghererebbe sul Corridoio 8, a nord delle Alpi. Saremmo tagliati fuori dal grande traffico internazionale, sembrerebbe.
Penali in caso di rinuncia?
È una questione controversa. I grillini dicono che non ci sarebbero penali. Dall’altro lato si parla di oneri complessivi di almeno due miliardi, forse quattro, e comunque di spreco dell’investimento affrontato finora (mezzo miliardo). I posti di lavoro persi sarebbero quattromila. Il premier Conte, viste le reazioni furibonde di troppa gente, ha ricordato che il dossier non è ancora sul suo tavolo. Il punto di mediazione raggiunto sarebbe questo: andremo a parlarne con i francesi. In realtà si sta solo prendendo tempo, il problema del M5s è che non può contraddire tutto quello che ha sostenuto quando era all’opposizione. Il no al Tav servirebbe a far ingoiare al suo elettorato il sì al Tap, il gasdotto che porterà gas naturale per 870 chilometri dall’Azerbaigian fino all’Italia. Quelli che non lo vogliono difendono gli olivi pugliesi. I grillini si sono rassegnati a farlo realizzare.
E l’Ilva?
La grande acciaieria di Taranto. Inquinava ed è stata chiusa dai giudici. Dopo mille peripezie, se la sarebbe comprata un consorzio guidato dagli indiani di ArcelorMittal. Di Maio ha bloccato tutto perché il consorzio vuole lasciare a casa quattromila dipendenti su 14 mila, tagliare i salari e farli ripartire da zero, come se si trattasse di nuove assunzioni. Nella riunione di lunedì scorso gli indiani hanno offerto migliorie sull’ambiente. Di Maio ha risposto che non bastano: ci vogliono meno esuberi.