26 giugno 2017
Oggi 118 - Banche venete
• Sento dire che ci sono altre due banche in crisi. Ma insomma come stanno le nostre banche? Un tempo eravamo sicuri che fossero fortissime.
Non sono fortissime, purtroppo, e la ragione, in due parole, è questa: a parte il caso dei colossi - come Unicredit o Banca Intesa - i nostri istituti sono piccoli e in genere molto sensibili alle esigenze del territorio in cui si trovano. Queste esigenze sono rappresentate dai politici. I politici, in sostanza, dicono ai capi delle banche: «Prestate i soldi a questo, a quello e a quell’altro, che sono amici miei, non importa se non hanno tutte le garanzie che ci vogliono». I capi delle banche obbediscono. Dopo di che, succede che anche i capi delle banche abbiano degli amici e degli amici degli amici, e se l’andazzo è quello... Il finale di questo giro maledetto è che ci sono in giro un sacco di «crediti deteriorati» o «marci». Cioè soldi che le banche hanno prestato e che non riescono a farsi restituire.
• Di quanti soldi si tratta?
Su tutto il sistema, trecento miliardi nominali. Dico “nominali” perché in teoria questi crediti marci si potrebbero almeno vendere a qualcuno a un prezzo più basso del nominale. Per esempio devo avere cento euro, mi accontento di quaranta e chiudo la partita. «Quaranta» per ogni cento euro è proprio il valore che, nei loro bilanci, le banche dànno a questi crediti in sofferenza. Senonché il mondo compra questa roba non a quaranta, ma a diciassette. Sono altre perdite, al limite del bagno di sangue. Le perdite le devono coprire gli azionisti, e in Italia nessuno è disposto a metter mano al portafoglio. Quindi crisi dei singoli istituti, con i singoli risparmiatori che perdono, o rischiano di perdere, i loro modesti tesoretti, quasi sempre frutto dei sacrifici di una vita.
• Veniamo a questi ultimi due casi.
Si tratta di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza. Il totale dei crediti marci delle due banche al 31 dicembre scorso risulta di 9,6 miliardi lordi più 8,3 miliardi di inadempienze probabili più 283 milioni di scaduti. Totale: 18,8 miliardi di crediti deteriorati lordi (fonte: Il Sole 24 Ore). Altri 2,5 miliardi rappresentano i «crediti ad alto rischio». Insomma, se si dovesse stare alle regole che l’Europa ha stabilito per casi come questi le due banche andrebbero chiuse, e basta. In questo caso i loro azionisti e i loro obbligazionisti dovrebbero perdere tutto e i correntisti andrebbero rimborsati fino a centomila euro, e azzerati per il resto. Gli undicimila dipendenti, licenziati. Questo si sarebbe dovuto fare. E invece la Ue, finora severissima, ci ha permesso una scappatoia.
• Perché?
Esiste un Fondo interbancario di garanzia, che ha in pancia soldi forniti, pro quota, da tutte le banche. Per rimborsare fino a centomila euro i correntisti delle due banche venete questo fondo avrebbe dovuto tirare fuori undici miliardi in un mese. Avrebbe potuto, ma subito dopo si sarebbe trovato con troppi pochi soldi in pancia e avrebbe chiesto - legittimimamente - alle banche di rimpinguare la sua cassa, che ha da essere sempre pronta. Questo avrebbe messo in crisi parecchie altre banche, che si sarebbero trovate costrette a ricapitalizzare se stesse o ad attivare procedure simili a quelle adottate dalle due venete. Terremoto di sistema, insomma, e il conto da pagare sarebbe risultato, alla fine, salatissimo. Gli arcigni europei si sono convinti, chiedendo solo che al salvataggio delle due venete concorressero anche dei privati, con un esborso di almeno 1,25 miliardi.
• Questi privati esistono?
Alla fine s’è dichiarato disponibile a tirar fuori il miliardo e 25 un solo soggetto: Banca Intesa. Che però ha spiegato al governo: l’operazione non deve peggiorare i miei conti, i dividendi che pago agli azionisti devono restare intatti, a operazione conclusa devo licenziare 4-6 dipendenti e fate perciò una legge apposta. Il governo ha detto di sì e si prepara a mettere sul tavolo, a sua volta, almeno 6 miliardi. Si tratta di soldi dei contribuenti, cioè nostri, che il ministro Padoan si dice sicuro di recuperare quasi del tutto. Credergli? Chi sa.
• Colpe?
Molti colpevoli, ma spicca tra questi soprattutto il riccone Gianni Zonin, che però nel frattempo ha passato tutto ai figli e risulta al momento nullatenente. La magistratura tenterà in ogni caso di incastrarlo. Altro colpevole: Renzi. L’anno scorso ha buttato tre miliardi e mezzo del Fondo Atlante, del tutto insufficienti a risolvere il problema e adesso polverizzati. C’era il referendum e l’allora premier temeva che un esborso più pesante gli sarebbe costato alle urne.
• Prossima banca nei guai?
C’è il problema della Cassa di Risparmio di Genova, o Carige. Speriamo.