15 agosto 2016
Oggi 73 - Libia
Sirte Sirte è una città della Libia, ed era in mano agli uomini neri dell’Isis. È stata riconquistata la settimana scorsa. Domanda: fra i soldati che l’hanno ripresa c’erano anche degli italiani? Risposta: no. Dall’alto bombardavano gli americani e a terra combattevano gli inglesi e le truppe governative. Su di noi si sono raccolte le seguenti opinioni: «A voi italiani neppure abbiamo chiesto di combattere, tanto sapevamo che avreste impiegato settimane e mesi per non risponderci nulla». Poi: «Chi ha aiutato, verrà aiutato». Gli italiani avrebbero dovuto, in base alle richieste libiche, schierare almeno una nave ospedale. Ma da due mesi si attende su questo una risposta da parte nostra, e questa risposta non arriva. Altra richiesta: spedire dei chirurghi all’ospedale di Misurata. Niente anche su questo.
Italia In realtà qualche decina di soldati appartenenti a truppe speciali in Libia ci sono. Fanno soprattutto addestramento delle milizie locali. Il governo, la settimana scorsa, ha deciso di rendere ufficiale la nostra presenza: andranno giù soldati nostri e avranno compiti, ancora una volta, di addestramento. Si dedicheranno anche all’operazione, assai delicata, di bonificare i terreni riempiti di mine da quelli dell’Isis. Il fatto singolare di questa missione è che non sarà coordinata dagli apparati delle nostre forze armate: il comando sarà in mano ai servizi segreti e, attraverso questi, al governo. Ci sono state proteste, ma questa impostazione è ammessa da un decreto che le Camere hanno approvato lo scorso febbraio.
Prudenza La prudenza italiana in Libia è dovuta a questo: il Paese vuole sicurezza, ma è poco disposto ad ammettere che per la sicurezza qualche volta si deve combattere. Il fatto che i droni americani possono partire da Sigonella e che a questo punto in Libia dovremo in qualche modo esserci ha consigliato un aumento del livello d’allarme, cioè dei controlli, nei porti. Intanto, abbiamo riaperto l’ambasciata in Libia e nominato il nuovo ambasciatore.