7 marzo 2016
Oggi 51 - Istat
Istat L’Istat ha comunicato dati incoraggianti per l’Italia. Nel 2015 il Pil sarebbe cresciuto dello 0.8, il deficit sarebbe sceso al 2.6, il debito al 132.6, giù anche la pressione fiscale (qualche decimale), su invece l’occupazione. Subito si sono scatenate le polemiche, non hai considerato questo, non hai messo nel conto quello eccetera eccetera. Sicché il cittadino comune si chiede a chi si debba credere.
Macro È vero intanto che lo 0.8 potrebbe essere stato determinato da questi semplici fattori generali: i tassi d’interesse negativi, il petrolio a buon mercato, la stampa di tanta moneta da parte della Bce. Questi tre macrofenomeni potrebbero addirittura far pensare che il +0.8 - anche se vero - sia comunque poca cosa. Ed è effettivamente poca cosa se messo a paragone con la crescita 2015 degli altri Paesi, sempre più alta.
Dati Ma vi è un’altra ragione per la quale è meglio non perdere troppo tempo con questo tipo di numeri. L’ha dimostrata il professor Luca Ricolfi, uno specialista di statistiche, il quale ha notato che i dati sul Pil, sulla disoccupazione, sulla pressione fiscale al momento degli annunci sono provvisori e si modificano poi nel corso del tempo con l’arrivo di nuove informazioni. Prima di un anno è impossibile sapere come stanno davvero le cose. Ma a quel punto (mettiamo, nel 2017) a chi interesserà l’andamento del Pil nel 2015? Sappiamo poi che il nostro premier sui numeri sta attentissimo: l’anno scorso, a maggio, l’Istat diffuse un dato negativo sull’occupazione e a Palazzo Chigi s’arrabbiarono parecchio, il ministro Padoan fu costretto a diffondere altri dati, stavolta positivi, ammettendo pubblicamente che ciascuna istituzione adopera criteri diversi nelle sue valutazioni. Promise anche un incontro per unificare questi criteri e infatti Istat, Inps, ministero del Lavoro e ministero dell’Economia si riunirono e di contraddizioni non se ne sono viste più. Dobbiamo quindi esser contenti per i numeri del 2015. Ma senza dargli troppa importanza.