12 ottobre 2015
Oggi 30 - Intifada
Intifada In Israele sarebbe in corso la terza intifada. La parola “intifada” significa “sussulto”, “rivolta”. Quelle del passato hanno provocato migliaia di morti. Quella di adesso è forse un’intifada, ma forse no. Si tratta soprattutto di gesti individuali o di piccoli gruppi. Accoltellamenti per strada, assalti alle numerose barriere di cui Israele ha disseminato sia la Striscia di Gaza che la Cisgiordania. Nel momento in cui scriviamo, la nuova ribellione ha causato 24 morti e più di 500 feriti, con un culmine nella giornata di venerdì scorso, in cui sono rimaste uccise sette persone (cinque palestinesi). Il capo di Hamas, che si chiama Ismail Haniyeh, ha provato a intestarsi i sussulti attuali. Invano. I giovani palestinesi di adesso non credono più neanche in Hamas, e sembrano fare affidamento solo sulla rivolta singola, sul gesto spontaneo. Tra i militanti dell’intifada ci sono anche molte donne.
Miseria Per capire le ragioni della nuova rivolta non c’è da andar troppo lontano: ai palestinesi arrivano - dagli Stati Uniti e dall’Occidente - molti meno soldi di prima, gli israeliani, col sistema di costruire muri e reti metalliche, hanno ritagliato per sé i terreni migliori, lesinano anche l’acqua del Giordano, quindi la Palestina, già povera di suo, è adesso in una situazione economica miserabile. È quindi la crisi agricola, idrica, finanziaria e morale ad aver armato la mano dei nuovi ribelli, in un’escalation che non si sa dove può portare.
Palestina Ricordiamo che per Palestina - uno stato che esiste di fatto, ma non di diritto - si intendono due territori non confinanti: la Cisgiordania, dominata dal partito al Fatah, e la Striscia di Gaza, dove governano da dieci anni i terroristi di Hamas. La Striscia, attraverso un sistema di tunnel sotterranei, faceva un po’ di soldi contrabbandando merci da e verso l’Egitto. Ma il presidente egiziano al Sisi, fiero nemico di qualunque islamismo estremo, ha fatto chiudere i tunnel. Anche questa risorsa è venuta a mancare.