24 agosto 2015
Oggi 23 - Buona scuola
«Nel fare l’ordinamento del mio Ministero io ho contemplata la venuta di questi napoletani, che io desiderava, che chiamava, che pregava perché venissero, ed ho per questo lasciato vacante un posto di capo di divisione, ho lasciati vacanti due posti di capo sezione, ho lasciati vacanti ancora più altri posti, e ciò sempre nell’intendimento di nominare a questi posti impiegati napoletani [...]. A quanti io ho fatta la proposta di venire impiegati al Ministero a Torino, tutti mi risposero: per carità, datemi un posto qualunque, ma a Napoli; datemi anche un posto inferiore a quello che ora occupo, ma in Napoli, poiché io assolutamente non posso andare a Torino» (il ministro della Giustizia, Vincenzo Miglietti, riferisce alla Camera che dei suoi 108 impiegati solo tre sono napoletani. Torino, 6 dicembre 1861).
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È possibile che la legge cosiddetta della “Buona scuola” sia mal concepita. È anche possibile che vi sia una situazione obiettiva impossibile. In altri termini: paghiamo le differenze tra Nord e Sud, per cui fare l’insegnante al Nord, dove c’è più offerta di lavoro e i prezzi delle merci sono più alti, è meno conveniente che fare l’insegnante al Sud, dove il posto nella struttura pubblica garantisce comunque qualcosa. Questo contesto fa sì che al Nord ci siano (di fatto) meno insegnanti che al Sud.
I migranti che arrivano in Italia vanno però soprattutto al Nord, dove c’è più offerta di lavoro. Quindi molti figli di migranti affollano le scuole settentrionali. Ne deriva che ci sono più studenti in Lombardia (per esempio) che in Sicilia. Quindi non solo al Nord c’è minore offerta di insegnanti, perché insegnare non è troppo conveniente, ma c’è anche più domanda di insegnanti perché ci sono più alunni.
In un rapporto di qualche settimana fa lo Svimez ha parlato di “desertificazione” del Sud, come ultimo, o penultimo, stadio della vecchia “questione meridionale”. Cioè nel Mezzogiorno la popolazione diminuisce, le imprese se ne vanno, corruzione e malaffare dilagano, eccetera eccetera. Le tensioni sulla scuola hanno l’aria di essere la spia di questo aspetto della crisi, aspetto che sta finalmente tornando a galla. La parola “desertificazione” potrebbe efficacemente confutare la parola “deportazione”, disperatamente usata dai docenti che sono costretti o che rifiutano, in questo momento, di trasferirsi al Nord.
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Tito Boeri, Andrea Ichino ed Enrico Moretti, in uno studio di un paio di anni fa, hanno calcolato che tra due insegnanti con la stessa busta paga quello di Milano ha un potere d’acquisto inferiore del 32% rispetto a quello di Ragusa.
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Tutto nasce dal fatto che il governo ha voluto, nella legge di riforma detta della Buona scuola, inserire un “piano straordinario” per l’assunzione di 102.734 insegnanti precari, persone cioè che fino ad oggi hanno campato a chiamata, senza nessuna sicurezza del futuro. I precari da assumere sono quelli che hanno vinto dei concorsi precedenti, ma senza ottenere la cattedra, perché la cattedra non c’era. Senza la Buona scuola sarebbero stati messi a posto man mano che i professori più anziani fossero andati in pensione. Anche l’età media dei 102 mila è alta: siamo intorno ai 45-50 anni.
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Questi precari sarebbero entrati al posto dei pensionati secondo punteggi ottenuti in vario modo grazie ai quali sono stati classificati in una graduatoria. “Graduatoria a esaurimento” o “gae”: cioè li sistemiamo tutti e di altre graduatorie non ne facciamo più. La Buona scuola prevede, esaurite le graduatorie, “albi territoriali” e il potere dei presidi di chiamare, all’interno di questi albi territoriali, i professori che vogliono loro. Altro punto contestatissimo, perché del preside i professori che scrivono su internet pensano il peggio possibile. Questo però accadrà dall’anno prossimo. Quest’anno, fase di transizione (il momento più difficile), c’è soprattutto da riempire le cattedre vuote.
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Un problema è che sistemando solo quelli delle graduatorie ad esaurimento si lasciano fuori: le maestre precarie della scuola materna (23 mila); le maestre che hanno preso un diploma a suo tempo definito “abilitante” e che hanno vinto i ricorsi in tribunale (quattromila); i 24-25 mila che stanno nelle graduatorie a esaurimento, ma non hanno fatto domanda di assunzione. Questi forse sono dei furbi. Chi ha presentato domanda di assunzione e poi ha rifiutato la sede viene cancellato dalla graduatoria. Non si sa invece se viene cancellato anche chi non ha presentato la domanda di assunzione. A logica uno direbbe di sì. Ma il tribunale si regola in base a quello che c’è scritto. E la cancellazione per questi qui non è scritta. Voglio dire: sono 24-25 mila ricorsi sicuri.
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Poi c’è il problema dei cosiddetti “deportati”, vale a dire coloro a cui la cattedra con posto fisso è stata assegnata molto lontano da casa. È vero quello che ha scritto Marco Lodoli, e cioè che per un ventenne partire è facile, mentre un cinquantenne (o una cinquantenne) ha famiglia, figli e spesso genitori da accudire. Dunque, è un dramma. Il ministero, per opera del sottosegretario (siciliano) Davide Faraone, ha trovato un compromesso, permettendo a chi non vuole o non può trasferirsi, ma ha una supplenza annuale, di rimandare la decisione all’anno prossimo. Anno in cui, ancora una volta, entrerà in funzione il cosiddetto “algoritmo”: una funzione, che a naso direi banale, per cui se non c’è nessun posto nella tua regione, vieni “automaticamente” assegnato alla regione più vicina, scovata appunto dall’algoritmo. Che spesso, per le ragioni dette all’inizio, può essere la Lombardia per un siciliano. Però, nella forte antipropaganda di questi giorni, anche l’algoritmo è diventato uno strumento del diavolo, che sembra distribuire le cattedre a casaccio.
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Questa essendo la situazione, ci saranno una marea di proteste e di ricorsi in tribunale. Il ministero ha già messo da parte un miliardo per pagare i risarcimenti a cui sarà condannato. Il primo giorno di scuola sarà comunque un inferno perché alla lotta contro i disagi si intreccia pure una faccenda politica, e cioè l’odio per Renzi e la volontà generalizzata del sindacato di metterlo in difficoltà. Qualche studente sarà, come è ovvio, della partita. Come rinunciare a un bel corteo, rumoroso anche se poco affollato, per chiedere «più democrazia»?