Il Tirreno, 9 ottobre 2016
Ermete Zacconi a Viareggio
Una sera caldissima, nell’estate del 1946, ai tavoli del bar Eden, sulla Passeggiata c’erano tre uomini a sorseggiare l’aperitivo. Uno era Ermete Zacconi, leggendario protagonista del teatro “vero”, l’altro era Renzo Ricci, suo genero colonna del teatro moderno, il terzo era Vittorio Gassman, genero di Ricci. Ne aveva sposato la figlia Nora, dandogli la nipote Paola Gassman. Tre autentici giganti della scena italiana, tre assoluti maestri della recitazione, Zacconi con Shakespeare, Ricci con D’Annunzio e Pirandello, Gassman con Nicodemi e Tennessee Williams, erano lì perché familiari: il loro triangolo magico aveva infatti come punti terminali la casa di Zacconi in via Garibaldi, il teatro Eden ricostruito da Zacconi (sul pre-esistente teatro in legno), la casa “al Colletto” di Camaiore. Oggi venduta.
Ognuno dei tre doveva a Viareggio qualcosa, anzi molto. Zacconi, nel ’48, vi trovò poi la morte ed ebbe un trasporto magnifico, regale, con la banda e l’intero milieu del teatro nazionale in corteo, da Visconti a Paolo Stoppa alla Melato.
Renzo Ricci, sposato con la figliastra di Zacconi (ma forse era figlia vera) Margherita Bagni, vi iniziò, grazie al suocero, una strabiliante carriera.
Gassman, marito fedifrago di Nora Ricci, figlia di Renzo, apparve per la prima volta in cinema nel delizioso “Pinocchio” di Gianni Guardone, girato in spiaggia con Sandro Tomei, Marina Lotti e le scenografie indimenticate del maestro Renato Santini. “Pinocchio” fu il debutto di Gassman attore al cinema. Dirà Gassman in una scena de “Il sorpasso” di Dino Risi: «Io a Viareggio sono di casa». Aveva perfettamente ragione. Non soltanto si imparentò con gli Zacconi, che erano viareggini adottivi, ma vi fece poi “Il Mattatore” alla Bussola di Sergio Bermardini divenendo lui medesimo un mattatore, come era stato mattatore Zacconi.
La prima volta che Ermete venne qui in villeggiatura erano gli anni passati la prima guerra. S’incantò del casone di piazza D’Azeglio, via Garibaldi 51, che aveva un giardino immenso, un grande portone d’ingresso (c’è ancora) e stanza con soffitti altissimi. Erano adatti a sostenere la voce del maestro, un vocione strepitoso per un carattere da scoppi d’amore e d’ira. Tant’è che strappò la moglie a un collega, Ambrogio Bagni (che faceva il suggeritore) e se la portò a Viareggio con la figlioletta Margherita (che somigliava a Zacconi come una goccia d’acqua), facendole fare altri tre figli: Ermes (che poi avrebbe sposato l’attore Giuseppe Pagliarini), Luciano (che avrebbe aperto un’intrigante trattoria presso il cinema Goldoni dal nome “Il fornaccio") e Giuseppe (che avrebbe prodotto il “Pinocchio” di Guardone e poi sarebbe stato implicato nel caso Lavorini).
Insomma con Zacconi s’inventò un clan. E che clan! Lo frequentava assiduamente Eleonora Duse (orfana di D’Annunzio e della Versiliana) che aveva affittato un villino rosa a Lido di Camaiore. E con la Duse venne a trascorrere le vacanze Isadora Duncan straziata dal dolore perché due figli, bellissimi, le erano appena annegati nella Senna. Così la Duse, che aveva anche lei perduto una figlioletta a Marina di Pisa, la consolava. Ma Zacconi chiamò davvero l’intero mondo del teatro. Al Politeama, Eduardo De Filippo che abitava al Marco Polo con i fratelli rappresentò Natale in casa Cupiello, Pirandello spasimava con Marta Abba nei giardini del Royal (e dopo comprarono una villa al Secco), Petrolini era il re indiscusso dell’Eden, Fregoli ormai vecchissimo, morì in una casa del centro di Viareggio. Ma chi fece davvero chiasso fu il rinato teatro Eden in muratura, ch’era stato di Paolo Morandi che lo vendette appunto a Zacconi. E Zacconi inaugurò il nuovo Eden (disegnato dal figlio di Morandi) negli anni Trenta portandovi la sua nota compagnia, la Zacconi-Cristina che si esibì ne “Il cardinale Lambertini” mentre a seguire andarono in scena Antonio Gandusio e Dina Galli (due numero uno all’epoca).
Dopo apparvero all’Eden anche Gilberto Govi, Nuto Navarrini, Odoardo Spadaro e, con un clamore assordante, il rivoluzionario Totò che portò a Viareggio una compagnia di venti ballerine (soubrette Isa Lisette).
Tra Politeama ed Eden (il primo teatro dei classici, il secondo per i leggeri) sorsero negli anni ’30 sfide all’ultimo biglietto. Era la stagione teatrale viareggina la stagione principe. Qui si formavano le compagnie di eccellenza, qui si provavano le commedie. I nomi (ben li riporta il libro “Una stagione teatrale” voluto da Giovanni Pieraccini, edito da Maschietto) vi apparvero tutti: da Emma Grammatica ad Alda Borelli, da Pasquariello a Ruggero Ruggeri, da Tina di Lorenzo a Tommaso Marinetti, da Camillo Pilotto ai De Filippo, da Elsa Merlini a Nanda Primavera a Virginio Riento. Naturalmente costoro e altri erano i presenti alle pantagrueliche tavolate nel giardino di via Garibaldi, dirette dall’insostituibile Tonina che era la vivandiera, la segretaria, la nurses dei monelli Zacconi e l’amministratrice dalla compagnia.
Una volta al tavolone, dove si servivano gigantesche frittate, capitò un giovane attore fiorentino, Renzo Ricci. Era intimidito e tremante davanti all’immenso Ermete, tonante e ombroso. Nonostante la timidezza, il giovane, che era carino assai, fece però buona impressione e dopo un rapido provino venne scritturato. Egli nonostante il rossore e la tremarella, ebbe modo di occhiare i begli occhi della figliastra del maestro, Margherita. E i due presto flirtarono. C’è da dire che Zacconi era gelosissimo. Perfino alla sua cagnetta aveva fatto mettere la cintura di castità. Allora Margherita allestì con Renzo una loro compagnia e i due s’involarono nei teatri. Intanto Ermete e la Ines Cristina giravano il mondo in tournée fortunatissime. Si portavano sempre dietro gli altri marmocchi, che erano delle autentiche pesti. Tagliuzzavano le tende degli alberghi, usavano lenzuola per fare le scene. Una volta Ermete, in piena recita in teatro, doveva partire e portarsi appresso due valigie. Chissà come, Luciano, Beppe e la Ermes gliele inchiodarono al palcoscenico cosicché il maestro si sforzava e non riuscì a sollevarle e uscire con le valigie di scena. Però se la cavò. Il pubblico non s’accorse di niente. Non a caso era Ermete Zacconi.
Anche Margherita era stragelosa di Renzo Ricci suo e non soltanto suo “primo amoroso”. I due litigavano spesso così intervenne Ermete che all’annichilito genero tuonò: “Insomma falle… falle … non farle sapere!”.
La loro figlia Eleonora, poi Nora, nacque a Viareggio, visse la giovinezza a casa dei nonni tra Firenze e Camaiore. Infine decise anche lei di darsi all’arte. Andò a Roma all’Accademia e qui conobbe Vittorio Gassman che era bello, aitante, una promessa. Ma aveva una madre possessiva soffocante. Presto i rapporti tra Nora e Vittorio si deteriorarono. Nacque, è vero, Paola Gassman (che poi avrebbe sposato Ugo Pagliai), ma le trame si complicarono. Vittorio s’involò con Shelley Winters, la Nora si mise con il regista Francesco Rosi al quale dette una figlia morta tragicamente. Chi fece tanta compagnia a Nora Ricci fu il fisioterapista viareggino (ora pittore noto) Giovanni Raffaelli che la massaggiava. Aveva anche clienti come Gianni Agnelli, il senatore Angiolillo, Romolo Valli, Lilla Brignone, Enzo Biagi. E Paola Gassman che trascorre la sua infanzia nella casa ricavata dal palco reale del teatro Eden da dove guardava i film che proiettavano all’arena Nettuno.
Quando Ermete Zacconi stava per morire, nel 1948, Enrico Pea, che aveva un’immensa, pronunciata barba bianca, si recò, invitato, al capezzale dell’immortale maestro in via Garibaldi. Zacconi lo lasciò avvicinare, si sollevò sui cuscini, le porse le braccia e gridò “Signore prendimi”. L’aveva scambiato per il Padreterno con il quale, essendo immortale, pensava di poter parlare faccia a faccia.