la Repubblica, 21 maggio 2024
ritratto di Mokhber
Per cinquanta giorni da adesso l’incarico di presidente dell’Iran passa al vice Mohammed Mokhber. È un uomo d’apparato, giurista internazionale di formazione e a suo agio dietro le quinte, che soltanto adesso per la morte accidentale di Ebrahim Raisi e l’organizzazione delle nuove elezioni si ritrova al centro dell’attenzione.
Era stato scelto nel 2021 come spalla del presidente perché negli anni aveva amministrato e ricoperto ruoli chiave dentro tre strutture finanziarie cruciali per il regime iraniano: la fondazione Mostafazan, la banca Sina e soprattutto Setad, un fondo d’investimento che fa capo con discrezione alla Guida Suprema Ali Khamenei e dispone di asset per novantacinque miliardi di dollari, come scovò un’inchiesta di Reuters nel 2013.
Setad, in sintesi, è il conglomerato che ha fagocitato attività e beni degli iraniani cacciati dalla rivoluzione islamista del 1979. Mokhber ne è stato direttore e già questo dovrebbe far capire il suo ruolo all’interno del sistema: un lealista che preferisce il silenzio.
C’è stato un raro momento di attenzione pubblica nell’ottobre 2022, quando Mokhber ha fatto parte della delegazione che è andata a Mosca per stringere il patto militare che vede l’Iran come fornitore di droni e missili della Russia per vincere la guerra contro l’Ucraina.
Un anno prima il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo aveva messo sulla lista degli uomini d’apparato colpiti da sanzioni perché Setad «ha violato in modo sistematico i diritti dei dissidenti, confiscando terreni e proprietà degli oppositori del regime, inclusi politici, minoranze religiosi e iraniani in esilio». Anche l’Unione europea lo aveva messo nel 2010 sulla lista dei sanzionati per il suo presunto coinvolgimento nel programma nucleare, ma due anni dopo aveva revocato la misura punitiva. Come molti altri nel governo Raisi, anche lui ha fatto parte dei Guardiani della rivoluzione, come ufficiale medico durante la guerra contro l’Iraq. Tocco di vanità: ha i capelli castano uniforme a 68 anni, contro la barba ormai completamente bianca di Raisi che era di cinque annipiù giovane.
Il ministro degli Esteri pro tempore diventa Ali Bagheri Kani, ex negoziatore sul dossier nucleare che nei circoli diplomatici è conosciuto per due cose: il tono soave e le posizioni intransigenti e durissime contro l’Occidente. È stato uno strenuo oppositore del patto sul nucleare con l’Amministrazione Obama nel 2015.
Come Mokhber, viene da una famiglia religiosa. Suo fratello inoltre è sposato con una figlia della Guida Suprema Ali Khamenei – e forse futura sorella della prossima Guida Suprema, considerato che il figlio di Khamenei potrebbe esserne il successore ora che Raisi è morto. Il sistema di potere nato dalla rivoluzione sciita a Teheran assomiglia sempre più alla rete famigliare e cortigiana dello Scià che in teoria avrebbe dovuto spazzare via.