Corriere della Sera, 13 aprile 2024
Gentile filosofo della strada
L’attivissimo organizzatore di cultura e il pensatore eminente. Questi due aspetti della figura di Giovanni Gentile ne fanno una presenza di primo piano nella storia italiana del Novecento, come filosofo, ministro riformatore, ideologo del fascismo. A ottant’anni dalla morte, avvenuta a Firenze il 15 aprile 1944 per mano di partigiani comunisti, entrambe le facce della medaglia saranno esplorate in questi giorni, con due distinte iniziative in programma a Roma: una mostra e un convegno di studi.
Scendere per strada. Giovanni Gentile tra cultura, istituzioni e politica è il titolo dell’esposizione, organizzata dal ministero della Cultura, che sarà inaugurata lunedì 15 aprile e aperta al pubblico da martedì 16 fino al 7 luglio presso l’Istituto centrale per la grafica di Palazzo Poli. Un titolo che esprime il ruolo militante assunto dal filosofo siciliano (era nato nel 1875 a Castelvetrano, in provincia di Trapani) negli anni del regime, ma teorizzato già prima nei suoi scritti: l’idea che lo studioso non debba stare alla finestra, ma calarsi nella concreta realtà sociale («scendere per strada», appunto) con l’intenzione di trasformarla.
Una visione che si riflette anche nel ricco programma del convegno Politica e filosofia. I due mondi in uno di Giovanni Gentile, che si terrà in Senato martedì 16 aprile, a partire dalle ore 10, nella sala capitolare presso il chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva: un incontro promosso dal presidente della commissione Biblioteca e Archivio storico Marcello Pera.
Dopo il saluto di Ignazio La Russa, presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, introdurrà i lavori il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Quindi toccherà alle relazioni, che si prospettano molto interessanti: Massimo Cacciari approfondirà il tema dell’attualismo filosofico gentiliano; Giuseppe Bedeschi metterà in luce la sua influenza su due irriducibili antifascisti come Antonio Gramsci e Piero Gobetti; Francesco Perfetti analizzerà il passaggio del pensatore siciliano dal liberalismo al fascismo; Luciano Mecacci si soffermerà sui retroscena della sua uccisione.
Quanto all’attualità del pensiero di Gentile, è Sangiuliano che s’incarica di rivendicarla in un testo contenuto nella corposa brochure prodotta per illustrare la mostra (a giorni arriverà il catalogo). Il ministro cita l’ultima opera del filosofo uscita postuma nel 1946, Genesi e struttura della società, nella quale si afferma la prevalenza della comunità «sul concetto di società» e si valorizza la prospettiva di un «umanesimo del lavoro», visto come «una delle più alte espressioni dello spirito».
Un’elaborazione teorica che, scrive Sangiuliano, coglie esigenze gravemente trascurate dalla «nostra società tecnocratica», nella quale si registrano, in reazione all’utilitarismo e all’individualismo esasperati, «una rinnovata urgenza di trascendenza e il desiderio di continuare a essere protagonisti attivi del contesto produttivo».
Conciliante
Era convinto che con
il tempo tutta la nazione
si sarebbe riconosciuta
nel regime del Duce
Lo storico Giuseppe Parlato, coordinatore del comitato scientifico della mostra, richiama a sua volta, conversando con il «Corriere», le origini dell’impegno politico del filosofo. «Al centro dell’opera promotrice di Gentile – osserva – c’è la convinzione che la cultura nazionale debba avere un carattere unitario, al di sopra delle contrapposizioni politico-ideologiche». Perciò l’ingresso del filosofo nel primo governo formato da Benito Mussolini nell’autunno del 1922, come ministro dell’Istruzione, è dovuto alla convinzione che il fascismo sia il veicolo attraverso cui forgiare un’Italia più cosciente di sé e della sua missione nel mondo.
«Gentile – prosegue Parlato – si caratterizza come un uomo di regime, persuaso della funzione centrale dello Stato. Ma al tempo stesso ritiene che la cultura non possa dividersi lungo la discriminante tra fascismo e antifascismo. Pensa che con il tempo, grazie allo sviluppo positivo dell’azione di governo del Duce, tutta la popolazione, compresi gli oppositori, finirà per aderire al regime in quanto espressione della nazione nella sua interezza. È questo il motivo per cui chiama anche studiosi antifascisti a collaborare con l’Enciclopedia Italiana».
Un atteggiamento, nota ancora Parlato, che gli procura diverse critiche: «I fascisti intransigenti lo attaccano duramente. E del resto la sua è un’illusione: finché la dittatura s’impone adottando metodi coercitivi, non è possibile realizzare intorno ad essa l’auspicata unità nazionale. Eppure Gentile insiste con questa visione irenistica anche nel discorso agli italiani che pronuncia in Campidoglio nel giugno 1943, alla vigilia della caduta del regime. E persino nel periodo in cui è presidente dell’Accademia d’Italia sotto la repubblica di Salò, in piena guerra civile».
La mostra illustra appunto gli sforzi compiuti da Gentile nelle più varie sedi per realizzare il suo disegno. Organizzata dal direttore generale Educazione ricerca e istituti culturali del ministero della Cultura, Andrea De Pasquale, con la collaborazione di Elisa D’Annibale e Antonio Biccari, presenta materiale proveniente da diverse istituzioni, specie dalla Fondazione Roma Sapienza, Archivio Giovanni Gentile.
L’allestimento comprende documenti e testimonianze dell’Enciclopedia Italiana, la Treccani, diretta dal pensatore siciliano tra il 1925 e il 1938, e di importanti organismi da lui fondati: l’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente (Ismeo), il Centro nazionale di studi manzoniani, l’Istituto di studi germanici. Strutture che servirono anche a sprovincializzare il mondo culturale italiano, schiudendo nuovi orizzonti internazionali. In mostra ci sono la scrivania del filosofo idealista alla Treccani e un arazzo tratto dalla collezione dell’Ismeo.
Non poteva mancare ovviamente una parte dedicata alla riforma della scuola introdotta da Gentile, come ministro, nel 1923: un insieme di provvedimenti che, per il primato attribuito alla formazione umanistica, segnò a lungo la vita nazionale con un’impronta assai discussa. Poi viene illustrato il legame del filosofo con la Scuola Normale Superiore di Pisa, della quale fu prima allievo, poi commissario nominato nel 1928, infine direttore dal 1932 al 1943. Conclude il percorso della mostra un video immersivo con filmati d’epoca che riassumono la biografia del filosofo.