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 2024  marzo 28 Giovedì calendario

La metamorfosi di Meeink il nazi di “American History X” si scopre ebreo e si converte

NEW YORK – Frank Meeink ha visto la luce in un kit per fare il test del Dna in casa. Acquistato online sul sito di 23AndMe perché un amico gli aveva detto: “Sembri ebreo”. È così che l’ex leader suprematista ha scoperto di avere il 2,4% di geni ebraici: trasmessigli dalla bisnonna materna di sua madre, Elizabeth Zellman Rementer, lo rendono ashkenazita al 2,4%. Quanto basta, secondo il suo rabino, per rivendicare una discendenza matrilineare e riconoscersi come ebreo. Già membro di una crudele gang di skinhead che trent’anni fa rapì e torturò per giorni un attivista antifà, Meeink ha d’altronde iniziato in carcere, grazie all’amicizia con due detenuti afroamericani, un lungo percorso che ha ispirato pure quell’ American History X del 1998 che fece ottenere a Edward Norton una nomination agli Oscar.
Nel tempo, è andato ben oltre: e ora Meeink è un ebreo osservante che segue il riposo dello Shabbat, mangia cibi kosher, studia la Torah, e indossa iltalled,lo scialle di preghiera, e itefillin— le scatolettecon brani sacri che si legano al braccio – tre volte al giorno quando prega. Lo racconta lui stesso al tabloid New York Post : «Dio mi ha fatto il bellissimo dono di rivelarmi il mio ebraismo attraverso il Dna». Una parabola inaspettata, per il giovane che ostentava una svastica tatuata sul collo e sosteneva tesi antisemite convinto che gli ebrei fossero «la radice di tutti i mali». Certo, per qualcuno i geni ashkenaziti nel suo dna sono davvero pochini. Ma lui ha finalmente trovato un’identità che gli dà equilibrio: e non se ne cura.
Nato in un’enclave cattolico-irlandese a Sud-Ovest di Filadelfia è stato cresciuto dalla madre e da un patrigno violento in un quartiere dove nel giro di pochi anni le famiglie bianche vennero sostituite da quelle, ancora più povere, di afroamericani. Nell’estate del 1988, quando ha solo 13 anni, è un cugino più grande a convertirlo al neonazismo: «Avevo paura di tossici e neri e lui fomentò le mie paure». A 15 anni, frequenta già un sottobosco di leader suprematisti che comprende pure il famigerato David Duke, a lungo capo indiscussodel Ku Klux Klan di cui Frank diventa membro nonostante sia solo un teenager: «Mi nutrivo della loro ideologia. Sognavo di rendere quel movimento ancora più grande». Poi, col cugino che nel frattempo si è dipinto un ritratto di Hitler sul muro della camera da letto, fa un salto in avanti: fondano un gruppo chiamato Strikeforce che usa la Bibbia per predicare l’odio «proprio come ora fa Hamas col Corano». Loro nemici giurati sono gli skinhead antifà: gli Sharp, attivi contro il pregiudizio razziale. Il giorno dopo essersi fatto tatuare la frase “Sharp Killer” sul fondoschiena, alla vigilia di Natale, la gang rapisce uno di questi: lo malmenano e torturano per giorni ma non lo uccidono. La denuncia del giovane lo farà finire in prigione a 17 anni. Qui inizia il suo percorso di cambiamento: grazie all’amicizia di due coetanei afroamericani, Jello e G, con cui gioca a calcio e a carte in cortile. Un cambiamento lento: per ora accetta di più solo i neri, ma continua a considerare nemici gli ebrei. Uscito dal carcere riprende dunque le frequentazioni neonazi. Finché, a 19 anni, alcolizzato e disoccupato, fa un altro incontrodecisivo per la sua vita: quella con l’antiquario ebreo Keith Brookstein che in New Jersey decide di dargli una possibilità nonostante quella svastica sul collo e lo assume.
«La sua gentilezza, la sua compassione, la sua capacità di comprendere e perdonare mi hanno definitivamente cambiato», racconta Meeink. È allora che smette di essere anche antisemita: «Chi ero per giudicare il mondo? Un fottuto criminale ubriacone». Il primo giorno di lavoro è il primo in cui non si rasa la testa. Si fa rimuovere il tatuaggio con la svastica e la parola “skinhead” sulle nocche delle mani, trasformandosi lentamente in un attivista antinazi. Ma è un’altra tragedia ad avvicinarlo all’ebraismo: nel 2019 muoiono a poca distanza sua madre Thomasine e suo figlio 19enne Josh, uccisi da overdose di Fentanyl. Il suo matrimonio si rompe. Lui entra in un rehab per disintossicarsi e qui incontra un rabbino che lo aiuta. Quando se ne va, lo saluta invitandolo “A cercare Dio”. E Meeink lo fa: acquistando un kit del Dna.