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 2024  marzo 28 Giovedì calendario

Ritratto di Giovanni Gentile

Venne ucciso 80 anni fa, il 15 aprile 1944 a Firenze, Giovanni Gentile, in uno degli attentati più famosi e tremendi operati dai partigiani nella fase di fine del Ventennio in cui il grande filosofo è stato il massimo organizzatore culturale italiano. Ed è proprio l’impegno di Gentile come promotore e animatore delle istituzioni come la Treccani, la Scuola Normale di Pisa, il Centro di studi manzoniani di Milano, l’Istituto mazziniano di Genova, la Domus Galileiana, l’Istituto di studi germanici e altri luoghi di studio che gli sono sopravvissuti e hanno dato un’ossatura intellettuale al nostro Paese che sarebbe riduttivo limitare agli anni del fascismo proprio perché, appunto, quegli spazi del sapere hanno avuto una continuità nel periodo successivo e tuttora insieme a tante altre la mantengono.Sono passati 80 anni dall’attentato contro Gentile e ora, a cura di un comitato scientifico composto da intellettuali di ogni orientamento politico (da Alessandro Campi a Massimo Cacciari, da Massimo Bray a Gennaro Sasso, da Giuseppe Parlato a Giacomo Marramao, da Miguel Gotor a Marcello Pera, da Giovanni Belardelli a Emma Giammattei), verrà aperta una mostra importante con un titolo suggestivo: «Scendere in strada». Gentile usò questa formula in cui si condensa il modo d’intendere il ruolo degli intellettuali a lui caro, cioè una funzione nazionale e popolare. Documenti, libri, foto, testimonianze di ogni tipo della sua attività nelle istituzioni che egli creò e che rafforzò: questo sarà in mostra dal 15 aprile all’Istituto centrale per la grafica. LA SCRIVANIAVerrà anche ricostruito l’ufficio alla Treccani dove Gentile lavorava a quella enciclopedia che nella sua concezione doveva rappresentare l’unicità nella diversità della cultura italiana e proprio questo carattere non dogmatico della nostra vicenda culturale lo spinse a far collaborare a quest’opera tanti intellettuali anti-fascisti. C’è in più, nelle varie iniziative gentiliane di questo 2024: la pubblicazione dell’Edizione nazionale delle opere. Si tratta di celebrazioni con un impianto e con un apporto pluralistico – non c’è da giudicare quanto fosse stato fascista Gentile ma da capirne le strutture del pensiero da cui derivano le articolazioni della sua enorme attività culturale – e il ministro dei Beni Culturali considera questa libertà di approccio la più proficua. Proprio Gennaro Sangiuliano fa sue le parole di due sommi esponenti della sinistra a proposito di Gentile. Norberto Bobbio lo ha definito «la più perfetta incarnazione dello spiritualismo italiano». Biagio De Giovanni lo considera «filosofo tra i massimi del 900 europeo». DINAMICAGuai a ridurre insomma alla dinamica totalitaria del regime un personaggio così complesso. La sua idea della rete della cultura come forza dello sviluppo dell’Italia andava ben oltre le appartenenze ideologiche e la sua idea di conciliazione nazionale discende proprio da queste considerazioni. Ancora Sangiuliano: «Insieme a Croce, Gentile ha segnato la filosofia italiana del 900. Fu un filosofo della crisi ma non un decadente, perché la sua opera attende a un grande “risveglio” morale e nazionale, alla codifica di un’identità italiana che affonda le radici nella storia. Non è un caso che Prezzolini afferma che Gentile, con La filosofia di Marx del 1899, abbia messo in ginocchio il positivismo socialisteggiante e abbia dato un contributo determinante ad aprire il 900». La mostra naturalmente ripercorre anche il rapporto tra Gentile e Croce. Nel 1925, il primo promuove il Manifesto degli intellettuali fascisti, al quale il secondo risponde con il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Quello è stato un momento cruciale. Sangiuliano, che questo passaggio lo ha molto studiato così come tutti i curatori della mostra, è schierato dalla parte di Croce. Osserva: «La rottura tra i due è irrimediabile, profonda, radicale. Il merito di Croce è di essersi fatto paladino di democrazia e di aver elevato la voce contro il fascismo che stava togliendo la libertà agli italiani. La scelta crociana è decisamente più coraggiosa. Gentile commette l’errore di sostenere il regime di Mussolini, anche se nel 1929 esce dal Gran Consiglio del fascismo e non ha un ruolo politico di primo piano, mentre in privato si spende per proteggere intellettuali antifascisti e di religione ebraica. Noto è il caso di Oskar Kristeller». GLI INTRECCIIl fascino del parlare – anche per immagini, e nell’esposizione all’Istituto centrale della grafica ce ne saranno molte – di queste cose sta nella ricostruzione degli intrecci tra personaggi e culture che sono, come si direbbe oggi, fluidi, aperti e sorprendenti. Basti pensare che Gramsci per certi aspetti appare più vicino a Gentile che a Croce. Gramsci? Dopo la mostra gentiliana ce ne sarà una dedicata al pensatore e leader comunista in collaborazione anche con la Fondazione Gramsci presieduta dallo storico di sinistra Silvio Pons. Anche qui: una mescolanza di studiosi di ogni estrazione, per raccontare un altro gigante del 900 e coglierne anche in prospettiva la sua vitalità. Sangiuliano lega così Gentile e Gramsci: «Quando opera Gentile una grande questione nazionale è quella sociale: il marxismo italiano ha centrato alcuni problemi, ma poi, come ammetterà lo stesso Gramsci, è stato incapace di trovare una soluzione per gli stessi. Gentile intende costruire il dopo Marx, inteso come necessità di portare avanti quella riforma della dialettica hegeliana che Marx stesso aveva intrapreso. L’opera di Gentile su Marx incontra un lettore di eccezione: Lenin. Il quale al riguardo scrive che “il libro di un idealista hegeliano, G. Gentile, La filosofia di Marx, merita attenzione"».La convinzione che la cultura italiana sia una rete, che si sviluppi in una linea di continuità e che abbia la forza molteplice e pluralista di arrivare fino a noi è ciò di cui occorre essere consapevoli. Servono per questo le mostre ben fatte e le istituzioni culturali ben funzionanti, come Gentile sapeva molto bene.