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 2023  novembre 20 Lunedì calendario

Biografia di Lorenzo Guerini

Lorenzo Guerini, nato a Lodi il 21 novembre 1966 (57 anni). Politico (Partito Democratico; già Margherita, Partito Popolare Italiano, Democrazia Cristiana). Deputato (dal 15 marzo 2013, rieletto nel 2018 e nel 2022). Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (dal 6 dicembre 2022, lo era già stato nel 2018-19). Già ministro della Difesa (2019-2022, prima nel Conte II, poi con Draghi). Ex sindaco di Lodi (2005-12), ex presidente della provincia di Lodi (1995-2004) • Considerato il più grande fautore dell’alleanza degli Stati Uniti nel centrosinistra. «Moderato, europeista, atlantista» (Gabriele Garrer) • «L’amerikano» (Roberto D’Agostino) • «Quando gestiva il dicastero della Difesa, colleghi e compagni di partito lo chiamavano “il ministro del deep State”» (Maria Teresa Meli, CdS 5/9/2019) • Carattere schivo. Fare ironico, che non abbandona mai, nemmeno nei momenti più difficili. Stile felpato, da vero ex dicì. «Mesto sorriso, i capelli grigi a spazzola, le frasi pacate. Ha il tono del fattore che, anche se la mucca è morta e il vitello pure, rassicura: “Tout va bien Madame la Marquise”» (Giancarlo Perna, Fatto 19/2/2015) • Quando gli chiedono come sintetizzerebbe il suo agire politico, risponde: «Parlare poco, fare molto. E mantenere gli impegni».
Titoli di testa «Ricordate di aver mai visto Lorenzo Guerini accapigliarsi in un talk show? Ma in generale: ricordate di aver mai visto Lorenzo Guerini?» (Daniela Ranieri, Fatto 9/11/2019).
Vita Padre comunista, impiegato in una vetreria. Madre cattolica, cuoca in una scuola comunale. Lorenzo è un bravo ragazzo, senza grilli per la testa. «Allevato all’oratorio di San Lorenzo, il più noto di Lodi, diplomato in ragioneria, laureato alla Cattolica in Scienze Politiche, Guerini fu presto una speranza della Dc locale. […] Era un estimatore di Giulio Andreotti dal quale ha attinto la calma sorniona. Fu ammiratore di Ciriaco De Mita per i suoi “ragionamenti” che però non cercò mai di imitare essendo dotato di spirito pratico lombardo. Ebbe invece il soprannome di Arnaldo perché, come Forlani, prima di decidere tra il sì e il no conta fino a dieci e alla fine dice “ni”» (Perna) • Entra in consiglio comunale nel 1990, si fa subito notare per le sue per le sue qualità di mediatore. Tanto per cominciare, riesce a catalizzare attorno a sé le diverse correnti del partito – andreottiani, basisti, forzanovisti, dorotei. Diventa capogruppo. Poi assessore ai Servizi sociali. Nel 1994, ormai finita l’era delle ideologie, a soli 28 anni è segretario territoriale del Partito popolare, il movimento fondato da Mino Martinazzoli per tentare di salvare quel che resta della Dc […]. Nel 1995, quando la Dc locale riesce a far istituire la provincia di Lodi, Guerini è scelto come primo presidente. È eletto anche con i voti di Pds e Rifondanzione: era riuscito a convincere le sinistre che era meglio allearsi, piuttosto che guardarsi in cagnesco. Guerini si fa un nome. Di lui dicono: «Ha la capacità di farti prendere decisioni che in realtà ha già preso lui» • «Diventare provincia era una vecchia aspirazione dei lodigiani che, negli anni ’90, crearono un comitato per favorirne la nascita. Tra i promotori, un giovanissimo Guerini che, centrato l’obiettivo, fu eletto nel 1995 primo presidente dell’Ente appena nato. Era […] il più giovane d’Italia a ricoprire il ruolo. Si fece onore e restò in sella per due mandati» (Perna) • «L’apice della sua carriera lodigiana […] è stata la carica di sindaco. Fu eletto per la Margherita nel 2005 e rieletto per il Pd nel 2010, restando sempre in classifica tra i sindaci più amati. Alla prima elezione disse la sua frase più ispirata: “La Provvidenza mi ha dato l’occasione di essere chiamato a questo prestigioso incarico. Gli elettori mi hanno consentito di rispondere positivamente alla chiamata”. Il suo capo corrente nazionale era Giuseppe Fioroni insieme al quale fece zig zag tra i partiti – Dc, Ppi, Margherita, Pd – e al quale è tuttora legato. Mentre era sindaco ci fu lo scandalo della Banca Popolare di Lodi, motore dello sviluppo economico cittadino. È la vicenda dell’ad, Gianpiero Fiorani, che incarnò il detto “chi troppo in alto sal cade sovente, precipitevolissimevolmente”. Fiorani provò a soffiare agli olandesi l’Antonveneta, pestò molti piedi e fu arrestato. Quando ancora nessuno lo immaginava, il sindaco Guerini, che gli era amico, intonò per lui il seguente peana: “Per merito suo il nome di questa città gira per il mondo. Siamo su un palcoscenico internazionale”. Dopo il patatrac, Lorenzo si adoperò con successo per salvare i posti di lavoro della Bpl – oltre 8 mila – e portare la banca fuori dalle secche attraverso fusioni» (Perna) • «A quel tempo Lorenzo è presidente di Anci Lombardia: è in questa veste che conosce Matteo Renzi, l’ancora innocuo sindaco di Firenze col pallino di rottamare il Pd. Lorenzo, che di lavoro fa l’agente assicurativo, ne è ragionatamente attratto. Superando il deficit di non essere toscano, conquista Matteo con la meno renziana delle doti: la riflessione. Viene eletto alla Camera. È accanto a Renzi quando questi vince le primarie del 2013; diventatone portavoce, riceve dalle sue mani la carica di vicepresidente del Pd, in tandem con Debora Serracchiani. La cosa avrebbe schiantato chiunque; non Lorenzo, che, come la talpa di Marx, scava per salire. Cardinalesco, non ciarliero, civile, dunque renziano atipico, Guerini ascende al potere per centimetri, mai per strappi» (Ranieri). «Per inquadrare la questione, ripensiamo al rapporto tra Bettino Craxi e Giuliano Amato. Così è quello tra Matteo Renzi e Lorenzo Guerini: Don Chisciotte e Sancio Panza» (Perna). «Nel mondo di Renzi, Guerini è preposto all’organizzazione. Se nasce un problema nel Pd, del quale è vicesegretario, ne cura l’istruttoria. La questione passa poi a Luca Lotti, scarmigliato sottosegretario di Palazzo Chigi. Il tocco finale spetta al premier. In genere, però, tutto si risolve nella fase affidata a Guerini considerato un mago della mediazione, dotato di biblica pazienza, incapace per natura di litigi e brusche rotture» (Perna). «Con Renzi segretario non c’è stata trattativa importante a cui non abbia preso parte. […]. Nel Pd tutti i dossier politici di peso passavano per le sue mani. Tanto per dire, Guerini ha preso parte al famoso incontro del Nazareno: Gianni Letta accompagnava Berlusconi, lui Renzi» (Meli). «Le cronache devono contentarsi di chiamarlo “il Gianni Letta di Renzi”, a dirne l’elusività; ma Guerini è anche altro: è il ceto medio dentro un partito ex popolare poi elitario; è un’iniezione di industrioso cattolicesimo di provincia nella capitale espugnata; è uno che parla come Andreotti dentro una combriccola di digitali compulsivi» (Ranieri). «I più ignorano che se il patto del Nazareno è saltato […], la causa è Guerini. Accadde mercoledì 28 gennaio 2014, giorno antecedente alla prima votazione per il Quirinale. Nel pomeriggio, il Cav e il premier si erano visti a Palazzo Chigi, accompagnati dai soliti due. Renzi aveva parlato di Sergio Mattarella sul Colle, Berlusconi aveva storto il naso. Si salutarono ripromettendosi di ridiscuterne nei giorni successivi, man mano che le votazioni proseguivano, lasciandosi aperto un ampio spiraglio. Inaspettatamente, invece, qualche ora dopo Guerini ha detto a chi gli faceva domande: “Partiamo e finiamo con Mattarella”. Una frase secca – pare non concordata con Renzi, contrariamente alle ricostruzioni di stampa – che annullava le velleità del centrodestra di accordarsi su un nome diverso, travolgendo – e tradendo – il patto del Nazareno. Perché questo irrigidimento da parte del morbido Lorenzo? Nel Pd ci si è interrogati a lungo. Alla fine, è prevalsa l’idea che Guerini, in preda alla stanchezza, fosse incappato in una banale gaffe. Alla quale però Renzi non avrebbe rimediato per iattanza, accettando la rottura provocata (involontariamente?) dall’altro. L’episodio, una volta di più, pone interrogativi sul nostro Lorenzo. È un mite o una lenza?» (Perna) Alla caduta di Renzi, la sua ascesa pare interrompersi. Ma è solo un’illusione. È la primavera 2018, grillini e leghisti sono al governo, la presidenza delle commissioni di garanzia (Rai e servizi segreti) spetta di diritto all’opposizione. «Renzi vuole tantissimo il Copasir (almeno quanto avrebbe voluto la Cybersecurity, da affidare a Marco Carrai), dove vede bene il discreto Luca Lotti o addirittura Maria Elena Boschi. Prevale il buon senso. Alla Leopolda l’annuncio, che è zampata proprietaria: “Oggi posso realizzare il sogno della mia vita e fare il conduttore: fate un applauso a Lorenzo Guerini che adesso è il presidente del Copasir!”» (Ranieri) • Quando però Renzi esce dal Pd (settembre 2019, nasce Italia Viva), lui non lo segue. «Non sappiamo se Renzi si sia mai pentito (lui, naturalmente, dice di no), ma certo è che non si è pentito Guerini, che da allora ha continuato a rappresentare il Pd - di cui è ancora oggi il leader della minoranza interna di Base riformista - ai massimi livelli: ministro della Difesa già nel Conte 2, ha continuato ad esserlo con il governo di larga coalizione guidato da Mario Draghi fino a rappresentare la stampella più solida del premier sul fronte della guerra in Ucraina. Proprio il suo essere e uno dei più convinti sostenitori della necessità di aiutare anche militarmente la resistenza ucraina ha suscitato l’avversione neanche tanto nascosta del presidente del M5s Giuseppe Conte» (Carrer) • Sia come presidente del Copasir, sia come ministro della Difesa, Guerini si guadagna il favore degli americani. Tutti i dossier più delicati li gestisce lui. Il Golden power, per bloccare le influenze cinesi in Italia. L’indagine contro Huawei. Il 5G. Quando, a inizio mandato di Biden, Giuseppe Conte in parlamento tiene un discorso in cui sottolinea l’equidistanza dell’Italia tra Washington e Pechino, Guerini gli impone di correggersi in replica. «Ti rendi conto che noi stiamo con l’Occidente?». «[…] fu lui a dire stop a “Dalla Russia con amore”, il programma voluto da Conte con il quale i russi portarono ufficialmente aiuti al nostro Paese durante il Covid ma in realtà organizzarono, o comunque provarono a farlo, una maxi operazione di spionaggio. Ed è stato Guerini – forte anche di un rapporto solidissimo con gli alleati atlantici – a tenere con la Nato la barra sulle forniture militari all’Ucraina» (Giuliano Foschini, Rep 7/12/2022). Di lui, sussurranno: «Lorenzo Guerini è un democristiano talmente raffinato, che magari fa credere agli Stati Uniti che mandiamo a Kiev più artiglieria pesante di quanta effettivamente siamo in grado di inviare, mentre qui da noi lavora a tenere bassa la notizia».
Amori Sposato. Tre figli.
Religione Cattolico praticante.
Curiosità Milanista • Amante del baseball • Tesi di laurea sul filosofo Alessandro Passerin D’Entreves, relatore Lorenzo Ornaghi • Appassionato di musica e lettura, va spesso al cinema e si sposta in bicicletta • Non ha la patente • Stimato dai vertici delle Forze Armate • Uno dei pochi politici ad avere fatto il servizio militare di leva, ma crede che riproporre oggi la leva obbligatoria sarebbe anacronistico. «La professionalizzazione delle forze armate risponde a una precisa esigenza di avere uno strumento militare efficiente e tecnologicamente avanzato» • Nell’aprile 2014, con Renzi, votò per l’abolizione dell’elezione diretta dei presidenti delle province. «È stata così travolta anche la Provincia di Lodi che lui stesso aveva voluta considerandola cosa buona e utile. L’ha uccisa senza una piega dopo esserne stato l’ostetrico» (Perna) • Alle ultime primarie del Pd, sosteneva Bonaccini • La moglie è talmente restia ai riflettori che, quando lui giurò da ministro, non si presentò • Zelens’kij gli ha conferito l’onorificenza di Seconda Classe dell’Ordine del Principe Jaroslav il Saggio.
Titoli di coda A ottobre 2022, dissero a Giorgia Meloni che si pensava di nuovo a lui come capo del Copasir. La premier disse: «Guerini va benissimo».