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 2023  novembre 28 Martedì calendario

Ridere per due ora con un copione di cent’anni fa

Due ore di inarrestabili risate così non le avevamo mai incontrate. Uno spettacolo che, sbandierando un copione tradizionale nato quasi cent’anni fa, tendesse anche a noi continue trappole intelligentemente comiche non ce lo attendevamo. Per «quel parto trigemino (i tre atti del lavoro) con gravidanza di quattro anni», come Eduardo definì negli anni Trenta il cantiere del suo Natale in casa Cupiello, non era prevedibile l’edizione tv che poi consegnò il capolavoro nelle case di generazioni di italiani, ma ancor meno si poteva immaginare la formidabile staffetta artistica ora saltata fuori con la rimodulazione (più che modernizzazione) della commedia eduardiana ad opera di Vincenzo Salemme regista e protagonista dell’impresa. Chapeau. Attenti a quel siparietto che riproducendo vecchie mura sale e scende: quel civico 77 sta a riprodurre l’anno, il 1977, in cui avvenne l’incontro tra Salemme e Eduardo che stava realizzando per la Rai a Cinecittà Natale in casa Cupiello. Intanto all’inizio e alla fine arriva la riconoscibile musica di Nicola Piovani.
Poi primi sussulti nel pubblico quando la moglie Concetta (una Antonella Cioli da album delle stilizzazioni) inizia il tartassamento di “Lucarie’, scétate song’ ’e nove” e scoppia tutto il teatro quando da strati di coperte si svela Salemme, con uno striptease di maglie, sciarpa, scialle e pedalini di lana. Il suo Luca-personaggio esce da trent’anni di repertorio autoreferenziale dell’autore-capocomico e i suoi spettatori sono divertitissimi anche solo alla sua battuta a raffica “fa freddo fuori?”. Ma l’intero avvio è un concerto di frasi iniziatrici dì buonumore: metteteci “’A zuppa ’e latte!” dell’altrettanto dormiente figlio Tommasino (un Antonio Guerriero uscito da una banda rock), le indagini su scarpe e cappotto rubati allo zio Pasquale (un Franco Pinelli da teatro borghese di Napoli), anche se è Salemme a tornare a mettere in rete ogni gol, ad esempio discutendo con Tommasino “tua madre non è un serva (pausa) non serve”.
ANNA CAMERLINGO
ANNA CAMERLINGO
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Quando entra in ballo il presepe, il theatrum mundi del padrone di casa, l’animo del primattore Vincenzo può scatenarsi da puparo, ottiene boati con le sue spiegazioni sull’enteroclisma che assicura acqua vera dietro la maquette della Natività, ma niente può fare contro le ruberie (di banconote) di suo figlio, il cui torto maggiore è di rifiutare le miniature natalizie. Ma ad arrecare il danno più grave è il carattere indipendente della figlia Ninuccia (una Fernanda Pinto dura e stufa), che malgrado un acquietante marito industriale (Vincenzo Borrino), ha un amante con cui vorrebbe scappare (Sergio D’Auria). Il presepe va in aria. E cominciano gli andirivieni spassosi dei due uomini rivali e “scoppia” la cena natalizia con invitati casualmente entrambi, con una lettera famigliare che crea dissidi con chi ne è escluso, con la buffa e leggendaria scena in cui Salemme, il fratello e il figlio entrano come Magi con corone e stellette. Poi il capofamiglia ha un crollo e un atto dell’opera è incentrato su di lui ricaduto a letto, col dottore, i caffè, l’equivoco di Luca che stringe insieme la mano di figlia e amante (un segno di Eduardo), e scoppiano in aria le stelle, dopo le mille euforie viste al Teatro Diana produttore con “chi è di scena!”, lavoro in arrivo a Milano, Roma, Bologna, Firenze.