Corriere del Mezzogiorno, 7 gennaio 2021
A spasso tra le bancarelle di Napoli
Non sono mai stato un bibliofilo. Più che sulle vecchie e lussuose edizioni, che profumano di antico, ho sempre puntato sulle nuove edizioni con tanto di accurata curatela. È perché antepongo la lettura al possesso. Se un volume è più comodo da leggere lo preferisco. È per questo che, con l’età, con il crescente fastidio per i libri stampati con un carattere troppo piccolo a prova di presbiopia, ho cominciato, con moderazione, a scaricare eBook, magari di testi che posseggo già su carta ma impossibili ormai da leggere.
Non sono mai stato un bibliofilo, semmai un bibliomane, un accumulatore frenetico di libri da leggere e che non ho ancora letto. A casa ce ne sono tanti in attesa da 40 anni. Recentemente ho sviluppato una minima passione per i libri ottocenteschi, ma solo per le rilegature. Se hanno un prezzo abbordabile li prendo, a prescindere dal contenuto. Ma pure in questo superfluo accumulo sono moderato.
Non sono un bibliofilo, ma amo le edizioni tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo passato. Le loro copertine e sopracopertine colorate. I tascabili con gli strilli accattivanti che strizzano l’occhio alla curiosità o con dediche banali o ruffiane. Le amo, soprattutto quelle degli anni Settanta, perché coincidono con i primi anni, in cui, adolescente squattrinato, andavo a caccia tra le bancarelle di piazza Dante, di Port’Alba e di piazza Bellini. E portavo a casa per poche lire libri che sono stati fondamentali (ma anche no): gli Oscar Mondadori di Luigi Pirandello, di Aleksandr Solzenicyn, i romanzi di Thomas Mann, testi molto politicizzati che allora era indispensabile leggere (ringraziando la Madonna ho dimenticato tutto), le poesie di Neruda, di Prevert, di Garcia Lorca (nelle economicissime edizioni Newton Compton, sostituite da tempo), la fresca Storia d’Italia di Indro Montanelli, Heinrich Boll, Jean-Paul Sartre, Albert Camus (che ho riletto e riletto), Samuel Beckett, Porci con le ali e tutto il Pane e le Rose della Savelli, Lucrezio, Graham Greene, Dylan Thomas. Poi sono arrivate tante altre scoperte. Molte di gran lunga più belle e formative
Avevo pochi anni, meno di venti, e tutto era seducente per la mia voracità, sempre ai limiti dell’indigestione. Poi il ritmo s’è rallentato. Ho cominciato ad avere più soldi in tasca e ho cominciato a leggere e recensire libri per lavoro. Leggevo e mi pagavano per leggere. Era la quadratura del cerchio. Ma ho letto tante di quelle porcherie che ho preferito smettere. Per rifarmi la bocca, per conto mio, mi tuffavo in tutt’altro, trovandone immediato beneficio.
Ma basta, l’ho presa per le lunghe. Volevo dire solo una cosa semplicissima. Adoro ancora andare per bancarelle. Appena posso mi ci abbandono. E ogni volta torno a casa con tesori (per me sono tesori) scovati per pochi euro. Ebbene, stamattina, per tre euro ho comprato due volumi che placano la mia sete di bibliomane da modernariato editoriale. Due edizioni Mondadori rilegate di due libri che amo molto, che ho già letto e di cui posseggo altre edizioni. “Ritratto di maggio” di Domenico Rea (non l’avete letto? continuate così, fatevi del male) e “La sposa americana” di Mario Soldati (idem).
Tre euro, ai quali se ne aggiungete altri tre e vi allungate attraverso via dei Tribunali potete procurarvi per la stessa modica cifra un arancino e una frittatina di maccheroni, tesori dello street food da addentare camminando camminando (in zona gialla si può fare). Con sei euro cibo per il corpo e cibo per la mente.
È questa la Grande Bellezza di Napoli
Pietro Treccagnoli