il Fatto Quotidiano, 15 luglio 2023
Sergej Kirienko,il “Kinder sorpresa” che logora Putin
Quando Sergej Kirienko diventa il più giovane premier della Federazione russa a 35 anni, il presidente è Eltsin. Salito in carica il 23 marzo 1998, dichiara il default che porta al collasso l’economia di Mosca e condanna alla fame milioni di russi. Poi esattamente cinque mesi dopo, il 23 agosto, rassegna le dimissioni. Nessuno sopravvive a una carriera politica che comincia con una delle più grandi catastrofi della storia, se non gli uomini che contengono sorprese. Il suo primo giorno alla Duma un deputato allunga a Kirienko quello che è poi diventato il suo soprannome, il suo totem portafortuna, la sua stella polare: un Kinder sorpresa. Poco dopo, Sergej abbandona il palco per le quinte, lascia i riflettori per le ombre, dove comincia a muoversi benissimo. Naviga negli abissi del vero potere russo, quello degli oligarchi e, dopo anni, a sorpresa, rispunta quando serve; risale in superficie fortuito, inaspettato. Kirienko, oggi capo dell’amministrazione presidenziale russa, sbuca nelle ultime rivelazioni sulla cerchia ristretta di Putin (la cosiddetta cooperativa Ozero), che è stanca della guerra e del presidente.
Gli oligarchi non vogliono una defenestrazione, ma un ricambio del sistema e il successore prescelto per sostituire Putin sarebbe lui: Kirienko “Kinder sorpresa”, si legge nell’ultimo rapporto dell’Isw, Istitute Study of War, che accredita parzialmente le ricostruzioni dell’iper-nazionalista Girkin (l’ex comandante che in Ucraina si faceva chiamare Strelkov), nemico numero uno di Prigozhin. I cerchi, soprattutto quelli di potere, hanno il vizio di stringersi quando le cose vanno male. In quello del presidente russo ci sono i suoi amici, che sono però anche ex finanziatori di Prigozhin, come Yuri Kovalchuk, banchiere di Putin, Arkady e Boris Rosenberg, tycoon dell’energia. Ambiscono a “sabotare” le operazioni sul campo ucraino e convincere Putin a mollare la presidenza; ad allontanare dalle strutture di potere soprattutto il ministro della Difesa Sergej Shoigu, Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza, vertici dell’Fsb, servizi segreti russi. Nell’ala debole, se non già spezzata, dell’aquila russa ci sarebbero finiti anche il governatore e il sindaco di Mosca.
Putin si fida di Kirienko da sempre. Davanti alle telecamere gli dà del tu e lo chiama per diminutivo: “Serezh, posso raccontare quella storia…?”. La storia è quella di un’ennesima sorpresa: fu Kiriyenko per primo a dire a Putin, ormai oltre mezzo secolo fa, “auguri, sei diventato capo dell’Fsb”. Da lì in poi è rimasto accanto al presidente, nella luce e nell’ombra. Obbedisce pure quando Putin lo allontana e posiziona dove serve il suo Kinder nucleare: alla Rosatom, agenzia atomica, dove lo fa restare undici anni. Dopo, in segreto scrive Kommersant, lo premia Eroe della Federazione. Quando nel maggio 2022 Putin lo mette a capo della gestione dei territori annessi in Ucraina, Kiriyenko diventa l’uomo di Mosca in Donbass e sostituisce con i membri del suo apparato i locali nelle strutture delle repubbliche. Quattro giorni fa, intervenendo a un forum a Mosca, Kirienko ha detto che “la Russia vincerà sicuramente” in Ucraina, ma dopo inizieranno altri due conflitti: quello economico e poi il più duro, quello ideologico. Li combatterà il presidente 70enne o il 60enne che appare sempre alle spalle di Putin in foto, che sa sbucare come dall’ovetto, a sorpresa? Forse per prendersi non solo il Donbass, ma quello che in fondo tutti vogliono: Mosca.