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 2023  maggio 24 Mercoledì calendario

Biografia di Daniel Oren

Daniel Oren, nato a Tel Aviv il 25 maggio 1955 (68 anni). Direttore d’orchestra israeliano
Titoli di testa «L’Italia mia seconda patria, col pubblico più caldo, faticoso e appagante del mondo»
Vita Una mamma carismatica e ossessiva, una di quelle madri ebree grandi e terribili che ispirerebbero trionfalmente Woody Allen, la rivelazione di un padre dalle ‘ pericolose’ e rimosse origini arabe, la fede religiosa come motivazione accentrante, l’infanzia stretta nelle norme della musica [Leonetta Bentivoglio, Rep] • «Eravamo una famiglia molto povera, e mio padre, che penava per il pranzo e per la cena, cercava di scoraggiarla nella sua volontà di sacrificare tutto ai miei studi. Vinse lei, vinceva sempre. Papà aveva un’origine che trent’anni fa, nel mio paese, era considerata infamante: suo padre era arabo. È la prima volta che lo dico in Italia e ora ne sono fiero, perché mio nonno fu un aristocratico di grande cuore, un vero amico degli ebrei. Di recente un giornale israeliano ha pubblicato la notizia suscitando scalpore e anche onde negative. Cose blande al confronto di com’era prima: non si può immaginare cosa volesse dire per un ragazzino come me, a scuola, essere nipote di un arabo: poteva provocare un linciaggio. Oggi il clima è molto più tollerante» [Bentivoglio, cit. Era il 1994] • Chi fu il motore d’avvio dei primi 18 anni di formazione a Israele? «La mamma, e che mamma. Dura, determinata, totalizzante. Anche dietro artisti come Schlomo Mintz, Perlman, Zukerman c’ è stata una mamma così. Mia madre è di famiglia Hassidim, gruppo religiosissimo. I suoi componenti si dedicano alla lettura della Bibbia e dei testi sacri per poi esprimere questo studio nella musica e nel canto, una stanza verso Dio. Un’ eredità preziosa, che porto nel sangue. La mamma mi mandò in Conservatorio, ma non le bastava. Mi fece prendere lezioni private aggiuntive da tutti i migliori maestri israeliani. A sette anni pianoforte, a nove violoncello. E canto, solfeggio, armonia, composizione. Lei era lì, presente a tutte le lezioni. Quando avevo 13 anni si fissò: dovevo diventare direttore d’ orchestra. Le dicevano: sei pazza, tuo figlio è troppo giovane. Non si arrese, riuscì a trovarmi un insegnante. Prima che nascessi aveva già deciso, voleva far di me un messaggio d’ Israele da lanciare al mondo. Ne ero soggiogato, lei per me era tutto» [Bentivoglio, cit.] • All’età di 13 anni, nel 1968, il suo talento musicale lo porta a essere scelto da Leonard Bernstein per cantare l’assolo Chichester Psalm, in occasione dell’inaugurazione della Televisione di Israele. Quindi formazione in Israele fino ai 18 anni, poi trasferimento a Berlino «con un permesso speciale di Dayan per evitare tre anni di servizio militare, interruzione troppo lunga per il difficile cammino della musica». Debutto come direttore al Mozarteum di Salisburgo (1972), poi il concorso Karajan (1975) «vinto a vent’anni, fu il maestro a consegnarmi il premio». Dopo il debutto negli Stati Uniti, con la sua acclamata partecipazione al Festival dei Due Mondi nel 1978, la fama di Oren si consolida anche in Italia: «La prima volta in Italia fu nel 1976 e fu amore a prima vista. Qualche anno dopo mi fu affidata la direzione dell’Opera di Roma e per rimanere ho rifiutato molte offerte, non mi interessava stare a Parigi o Londra». Cosa l’attraeva dell’Italia? «La grande passione che gli italiani hanno per l’arte, l’amore per la musica e la conoscenza profonda delle persone. Mi rendevo conto che gli spettatori erano in grado di capire l’opera sin nelle pieghe più nascoste, conoscevano bene non solo la musica, ma anche le voci, sapevano giudicare alla perfezione. Non da ultimo sono rimasto folgorato dal cibo» [a Franca Cassine, Sta]. Dirige il Verdi di Trieste, l’Opera di Genova e il San Carlo di Napoli • Nel 1984 il debutto all’Arena con una Tosca «Ricordo benissimo la prima volta che salii sul palco – racconta il maestro - Fu un’edizione eccezionale. C’era Shirley Verrett, una delle più grandi voci del secolo. Non posso paragonarla alla Callas semplicemente perché i paragoni con la Callas non si fanno. La seconda protagonista era Eva Marton, immensa. E poi un superbo Giacomo Aragall, carismatico e amatissimo. Per ascoltarlo venivano pullman di appassionati da tutto il mondo» [Annalisa Grandi, CdS] • Da allora è sul podio veronese ogni anno, fino a diventare uno dei direttori più presenti nei cartelloni areniani non solo per titoli verdiani, con le sue quattordici edizioni di Aida dal 1985 al 2012, otto di Nabucco dal 1989, Otello del 1994, Un Ballo in maschera nel 1998, Il Trovatore nel 2001, ma anche delle pucciniane Tosca con tre edizioni (oltre a quella del 1984, quella del 1990 e del 2006), Madama Butterfly del 2004, La Bohème del 2005, Turandot del 1995 e del 2009 e ancora Carmen di Bizet del 1995, del 1996 e del 2008 e Don Giovanni di Mozart nel 2012 • «Ho imparato tutto dai grandi Maestri italiani come Serafin, Antonino Votto, Arturo Toscanini, Victor De Sabata. Sono loro i miei grandi riferimenti fin da quando ho cominciato a dirigere l’opera. Non mi sono mai vergognato e non mi vergogno neanche oggi di imparare da loro. Tutto quello che loro hanno fatto era giusto e meraviglioso» [Ieri, oggi, domani, Opera, d’ora in poi Ieri, cit.] • Alla predilezione per la lirica, con un repertorio che abbraccia la maggiore produzione romantica e verista italiana, Oren affianca la passione per la musica sinfonica, nella quale ha riscosso grande successo alla guida di importanti orchestre come quella dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, la Filarmonica d’Israele, la Filarmonica di Berlino, e le orchestre radiofoniche di Monaco, Colonia, Stoccarda, Francoforte e Berlino [Arena], coltivando nel contempo stretti rapporti di collaborazione con i più autorevoli teatri europei e americani, tra i quali il Metropolitan di New York, il Covent Garden di Londra, lo Staatsoper di Vienna, il Colón di Buenos Aires, il Teatro dell’Opera di Tokyo, l’Opera Houses di Houston, Dallas, San Francisco e l’Opéra-Bastille di Parigi dove ha ottenuto un successo senza precedenti con Leo Nucci, Roberto Alagna e Angela Gheorgiu • «Ho diretto Il Barbiere in moltissimi teatri, quasi sempre con Leo Nucci. Ne ho fatta un’edizione anche all’Opéra Bastille di Parigi. In quell’occasione avevano annunciato un allestimento molto moderno e trasgressivo, e Leo giustamente rinunciò. Tuttavia poi fu invece uno spettacolo meraviglioso, uno dei più belli di quella stagione parigina. Ho lavorato moltissimo con Leo e fare musica con lui è davvero un godimento. Ci sono pochissimi che posso paragonare a lui. È un rapporto di dare/avere, un divertimento. E poi, come dovrebbe essere, ogni sera è diverso. Capita che con i cantanti non ci sia contatto, mentre con Nucci è il contrario, un contatto continuo. Penso in questa edizione [2018] di aver rispettato assolutamente Rossini e di aver approfondito la partitura in modo da darne autenticità stilistica anche all’Arena di Verona, rispettandone i colori. So che tantissimi Barbieri vengono suonati tutti sulle tinte del forte e del mezzoforte, ma ho cercato di esaltarne le mille sfumature. Ho cercato di non pensare al fatto di essere all’Arena, ma rispettare tutte le indicazioni cromatiche. Il confine è davvero molto labile, perché ho sentito qui delle recite dove i pianissimi erano esagerati e quindi non si sentivano nemmeno. Bisogna domandarsi quanto il piano dev’essere piano all’Arena di Verona. Negli anni penso di aver imparato come gestire le dinamiche, e questa volta non ho rinunciato alla leggerezza dello stile di Rossini. Delle volte ho avuto paura di esagerare e di rischiare di non arrivare alle orecchie del pubblico, ma ho rischiato e devo dire che è andata molto bene. Con Leo abbiamo avuto sofferenze, tristezze, tragedie nel Nabucco che abbiamo fatto molte volte insieme ma stavolta abbiamo avuto di nuovo un momento per divertirci. Siamo stati felicissimi. Lo so che esagero, perché non è davvero così, ma dopo Leo Nucci credo non si potrà fare più Il Barbiere di Siviglia» [Ieri, cit.] • Nel 1992 Pagliacci di Franco Zeffirelli «Ricordo per esempio la scelta delle comparse all’Opera di Roma nel 1992. Io non partecipo mai a questi momenti, ma in quell’occasione decisi di andarci, perché ero sicuro che avrei imparato moltissimo da questo genio e sarebbe stato molto emozionante. Restai con lui due ore e fu una vera e propria lezione vederlo scegliere i figuranti. Assolutamente affascinante e che non dimenticherò mai» [Ieri, cit.] • Particolare successo ha riscosso la sua interpretazione della Messa da Requiem di G. Verdi a Tokyo nel 1993 • Nel 1994 La sua partecipazione con il Nabucco di Verdi alla stagione inaugurale della Nuova Opera di Israele ha rappresentato un momento particolarmente significativo nella carriera di Oren: questo evento musicale è riuscito a far collimare la sua passione per l’universo operistico e l’amore per la sua terra d’origine; per un musicista come Oren infatti la musica rappresenta il miglior veicolo per la pace, la tolleranza, e l’unico linguaggio che ci accomuna tutti [Arena] • Nel 1996 è sul podio del Regio, il centenario del capolavoro di Puccini Bohème, con Mirella Freni e Pavarotti. «Luciano viveva un periodo di difficoltà, era fragile. La sera ci invitava sempre nel suo appartamento, aveva bisogno di calore umano. Non si sentiva sicuro, poi quando sono arrivati i microfoni della Rai, e si è riascoltato, ha preso coraggio, è tornato ad essere lui […] Lui e Mirella avevano un’intesa musicale meravigliosa, incantata. Lei è stata, è, resterà sempre la Mimì. Insuperabile» [a Sandro Cappelletto, Sta] • Quale chiave d’ascolto darebbe per Madama Butterfly? «Anzitutto suggerirei di lasciarsi trasportare dalla meravigliosa storia che può essere rilevante anche al giorno d’oggi, una storia d’amore, di tradimento e di delusione. Ha una portata storica perché evidenzia la lotta tra Occidente e Oriente, l’impatto che il primo ha avuto sul secondo. Puccini senza visitare il Giappone seppe cogliere tutto ciò racchiudendolo in una partitura incredibile. Ritengo sia il re dell’orchestrazione, ha inserito colori vivacissimi che mi affascinano. Se il pittore nella sua tavolozza ha milioni di colori a disposizione, i musicisti con Puccini ne hanno molti di più, specialmente con un’orchestra come quella del Regio. Assieme a loro io mi diverto a farli uscire per creare emozioni» [Cassine, cit.] • Nel 2007 fa causa al Verdi di Trieste per mobbing. «Ma il Verdi, per voce del sovrintendente Giorgio Zanfagnin replica con accenti quasi ironici: “Ma che vessazioni? Come si fa a maltrattare un omone di due metri come Oren”. Il litigio, già da tempo in mano agli avvocati, culmina con la richiesta del maestro israeliano di ben tre milioni di euro per risarcimento, esclusi quelli per i danni biologici che presenterà più avanti. “Quando sono tornato in teatro per provare la Manon in programma, non ho avuto né un saluto né una dimostrazione di stima, nemmeno quelle formalità che di solito in teatro ci si scambia col sovrintendente. Nei corridoi vedevo solo i giornali con i titoli della rescissione del mio contratto. Mentre dirigevo, gli sguardi del sovrintendente dal palco mi causavano attacchi di panico. Ho avuto bisogno del medico ripetute volte”» [Anna Bandettini, Rep]. Perderà la causa • Dal 2007 è direttore artistico della stagione lirico-sinfonica del Teatro Verdi di Salerno. Nel 2008 ha inaugurato l’anno di G. Puccini dirigendo Manon Lescaut al Teatro dell’Opera di Genova • Che consiglio si sente di dare ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera? Qual è il consiglio, invece, per i giovani cantanti? «Passione, studio e prudenza. Anche il talento, come altre qualità della vita, va amministrato con saggezza. Nel nostro mondo vedo troppe fughe in avanti e troppe carriere che sfumano per mancanza di cura. Il successo, se arriva, bisogna saperlo conservare» [Operalife] • Pur se giovane, ha incontrato e collaborato con i più grandi nomi della musica classica del secolo scorso. «Sono stato fortunato, ho incontrato grandissimi artisti, che i giovani di oggi non conoscono. Per questo sogno di fondare un’orchestra giovanile. Io ho la volontà di trasmettere quello che ho imparato da Bernstein, Karajan» [Angela Calvini, Avv] • Lei ha anche suonato nel 2015 in Aula Paolo VI per le opere di carità di papa Francesco… «È stato un mio desiderio grandissimo conoscere papa Francesco, è una delle personalità che ammiro di più. È stata una incredibile emozione suonare in Sala Nervi e davanti a duemila persone, fra poveri e profughi. Desidererei con tutto il mio cuore ripetere una cosa del genere, o suonare il Requiem di Verdi nella Cappella Sistina davanti al Giudizio universale». Il Papa cosa le ha detto? «Ho voluto avere la benedizione del Papa. Lui ha ricevuto me, mia moglie e i nostri quattro figli. Francesco è così sensibile. Mi ha chiesto “Maestro, ma se io le faccio una benedizione la offendo?”, e se poteva farmela in spagnolo. Era la benedizione di Aronne. “Questa è la benedizione che preferisco”, ha aggiunto... Per me lui è il numero uno» [Calvini, cit.]. • Nel 2018 debutta, riscuotendo grande successo, alla Scala di Milano con Aida nello storico allestimento di Franco Zeffirelli in occasione dei 95 anni di quest’ultimo • Il 21 giugno e il 22 agosto 2019, onorando la memoria di Franco Zeffirelli, dirige La traviata all’Arena di Verona nell’allestimento creato dal maestro recentemente scomparso [Wikipedia] • «Questa stagione ha segnato il mio trentacinquesimo anno qui all’Arena. L’emozione è fare musica, come sempre e in qualsiasi posto del mondo; qui però è diverso, perché c’è una magia particolare che non vi è in nessun altro luogo. Basta scendere quella discesa per dirigere, vedere il pubblico con le candeline e sentire quelle quindicimila persone dietro di te che ti danno una vibrazione particolare. Penso di essere il direttore che ha diretto di più all’Arena di Verona. Sono riuscito a trovare il compromesso per “fare musica” anche qui e non per far suonare semplicemente tutto forte, pensando solo di fare un grande spettacolo» • Nel 2022 torna al Verdi di Trieste con Otello: «Questo allestimento di Giulio Ciabatti non va finalmente contro il compositore, contro Verdi, ma è fatto con gusto, con estetica». Secondo il maestro, in giro si vedono cose brutte perché «i registi non amano la musica, non amano Verdi, non amano Puccini e vogliono essere loro i protagonisti, vogliono essere loro il dio, invece il dio è stato e rimane Verdi» • La regista lirica Sarah Schinasi che ha debuttato il 19 maggio 2023 alla regia dell’opera I Lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi all’Opéra Royal de Wallonie a Liegi affianco a Daniel Oren: «Poter assistere alla prove d’orchestra con Daniel è un’esperienza indimenticabile. Quando i colori cromatici musicali non tornano dice spesso, anche per sdrammatizzare, “Peppino non ha scritto cosi!”» [il Tirenno]
Religione Ebreo osservante. Porta sempre la kippah. «Io sono credente e la musica è un contatto con Dio. L’ho detto anche quando a novembre ho diretto il Requiem di Verdi a Santa Cecilia: non sono stati concerti, ma preghiera. Io pregavo durante le prove molto meglio che in sinagoga, era una preghiera continua. Non c’entra niente se in latino o in ebraico. Mi sentivo innalzare attraverso il Requiem a livelli altissimi grazie a questi testi meravigliosi anche se non sono i miei».
Amori Due figli nati entrambi dalla unione con la prima moglie Dvorit • Nessuno avuto con la seconda, Shulamit Orvieto • «A Trieste molti che frequentano il teatro Verdi ricordano Shulamit Orvieto la donna, allora molto giovane e ancora fidanzata di Daniel Oren, tenere per mano il direttore d’orchestra impegnato durante le prove di un’opera lirica. Il matrimonio tra i due venne celebrato all’inizio degli anni Novanta: Shulamit indossava un abito confezionato da Clara Centinaro, una stilista molto nota nella Capitale. A Centinaro si deve anche l’abito nuziale indossato della principessa Windisch Graetz Fürstenberg. Il nome di Shulamit appare anche nel sito del Film Festival di Hollywood del 1999, nel cui ambito è apparsa in un documentario dal titolo My Yiddische Mama’s Dream girato assieme al marito, nel cast così Franco Zeffirelli. Con Shulamit Orvieto è rimasto sposato una dozzina d’anni» [Rep]. La storia finisce male. Nel 2004 Oren viene arrestato per aver disertato un’udienza del processo intentato da lei per chiedere il risarcimento di 100mila dollari • Franco Zeffirelli: «Shulamit Orvieto non mi è mai piaciuta, quella donna è infatuata della propria bellezza. Ma è talmente presa da sé stessa che a volte si dimentica degli altri. Oren non ha nessuna colpa se non quella di essersi sposato con Shulamit Orvieto. È questa la verità. Lei e Daniel Oren si sono separati perché lei non ha mai voluto aver figli. Il maestro Oren ha portato pazienza per anni, ma alla fine ha ceduto e ha detto basta e se n’è andato. Sono disposto ad andare in tribunale per testimoniarlo. Ora Oren vive con una ragazza francese che gli ha dato una bambina. Ed è finalmente un uomo felice» [a Corrado Barbacini, Rep] • La ragazza è Bérengère Warluzel che di figli gliene ha dati quattro: Romane, Ysaure, Guilad e Ariel.
Titoli di coda Qual è l’opera che preferisce dirigere? «Non vorrei che la risposta apparisse retorica, ma l’ultima che dirigo».