Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 05 Lunedì calendario

La precarietà dopo la laurea anche a Oxford

Partiamo da Oxford. Per capire cosa sta succedendo alle Università. Ce l’abbiamo sotto gli occhi, in Italia, la precarietà e i giovani che si sentono respinti. Ma andiamo dove non ci aspetteremmo di trovare «la miccia», nel prestigio di una istituzione, che non si sarebbe potuta permettere la «Gig economy accademica». Quella «economia dei lavoretti» che incastra una intera generazione di studiosi, «senza previdenza, assistenza, congedi di maternità». Le borse di dottorato, anche in Italia, legalmente non sono un compenso per un lavoro svolto, anche se sono state una lunga copertura a compiti extra, dalla didattica ai laboratori (impiegate per supplire il personale amministrativo). Hanno lasciato anni di buchi contributivi nelle vite dei trentenni, bisogna avere il coraggio di rifletterci. I docenti delle celebri realtà, dove i nostri giovani vanno sempre più spesso per trovare un clima internazionale, lavorano in condizioni precarie, come descritto da Emma Irving per il magazine 1843 dell’Economist nel marzo scorso. «L’università che forma i migliori professionisti non riconosce il valore economico come datore di lavoro». Ma chi non valorizza le persone e il loro futuro – noi lo sappiamo – alla lunga perde il capitale umano. Le università iscrivono sempre più studenti ai corsi post-laurea, sostenuti dalle ingenti tasse di giovani e famiglie nazionali e internazionali, generando liquidità, senza la necessità di grossi investimenti. Mentre un numero massiccio di ricercatori ha «contratti a tempo», come diretta conseguenza del modello di finanziamento della Ricerca» e, negli ultimi anni, questo è avvertito come un problema sociale. (Diffuso in tutto il settore dell’istruzione terziaria). Ad Oxford dal 2006 al 2021 il numero di studenti «post-laurea» è quasi raddoppiato ma a sorreggere il sistema è chi non potrà pagare gli studi ai figli, anzi al momento non ne fa.