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 2023  giugno 05 Lunedì calendario

Biografia di Kurt Hamrin

1670, Firenze, un enorme drappo campeggia su uno dei muri che circondano il Mercato Nuovo. Annuncia che dopo la messa celebrata nella chiesa della SS Annunziata avrà luogo la partita in Piazza Santa Croce al rullo di tamburi accompagnati da una scuola di sbandieratori. Due squadre ognuna formata da 27 elementi in costumi di raso e velluto dai colori sgargianti, ammessi al gioco solo uomini di provata onestà, nobili e principi. Vince la squadra che getta il maggior numero di palloni oltre lo steccato alle spalle degli avversari e a poco serve il divieto di colpire con calci e pugni, è lotta, vale tutto.
Ora, è forse forzata la primogenitura del calcio che conosciamo ma di sicuro il gioco in livrea dei fiorentini ha avuto un miracoloso seguito e la Viola ne è la legittima erede. Come si fa a non amarla. Qualche mezz’ora è passata, oggi ci sono gli americani, prima un certo Mario Cecchi Gori che nella sua squadra giovanile ci ha giocato e prima ancora una finale di Coppa dei Campioni il 30 maggio 1957 al Santiago Bernabeu contro il grande Real Madrid, prima squadra italiana a raggiungerla. Preistoria in un calcio che brucia e consuma i ricordi, la gara inizialmente prevista per le otto di sera viene anticipata alle 17,30, da noi non ci sono impianti dotati di illuminazione e i nostri giocatori non ne sono abituati. Sugli spalti 124mila spettatori, il Madrid vince due a zero, segnano Gento e Di Stefano su rigore giudicato anche dalla stampa spagnola molto generoso. È una Fiorentina grandi firme, Sarti, Orzan, Cervato, Segato, Julinho e lo straordinario Miguel Montuori, la prima finale gira male, nella seconda c’è Kurt Hamrin, il calciatore lieve, e la Fiorentina la vince. C’è un minatore italiano che vive in Svezia appassionato di calcio, è juventino e lontano dai fatti che accadono qua da noi ma con un bisogno assoluto di partecipare, si procura l’indirizzo dell’avvocato Gianni Agnelli e inizia a tempestarlo di lettere. Gli scrive di un certo Hamrin, un ragazzino di un metro e settanta, fa l’imbianchino ma gioca nello Stoccolma, è bravo, veloce e furbo, uno che vola sulla fascia destra, in Italia sarebbe formidabile. Finisce che i dirigenti vanno a vederlo a Lisbona, si gioca Portogallo-Svezia e Hamrin è titolare. Il calcio in Svezia è assolutamente a livelli dilettantistici, di pallone non si vive, solo in caso di vittoria alcuni presidenti di club accettano di dividere parte dell’incasso con i giocatori. A Lisbona quel giorno c’è addirittura l’avvocato, il ragazzo è davvero leggero, sembra che neppure appoggi i piedi sull’erba ma non gliela toglie nessuno, e segna, organizza su due piedi un incontro negli uffici della Fiat di Stoccolma e per 15mila dollari se lo porta a Torino. Kurt ha ventidue anni, d’estate gioca a calcio, d’inverno a hockey, è talmente scaltro che lui gli schianti alla balaustra li scansa come un torero le corna del toro. Spettacolo. Si cimenta anche nel ballo ma lì è un fiasco, nelle sale ci va ma resta seduto a guardare, una ragazza lo nota, lui le chiede se le permette di accompagnarla a casa e dopo un quarto d’ora se vuole sposarlo, sono ancora assieme con un sogno, venire in Italia. L’idolo di Kurt è Arne Selmosson, lui ci è riuscito, gioca nell’Udinese, e i due sposini sognano. Ma a Torino gira male, quello che sperava Nereo Rocco che se lo porta a Padova, qui diventa subito l’idolo della tifoseria e il Paron poi lo chiamerà anche al Milan: Ma quando sento pronunciare il nome calcio io penso subito alla Fiorentina.
È a Firenze che Kurt Hamrin diventa una leggenda, 151 gol, per trent’anni miglior marcatore straniero, due volte vice campione d’Italia, due Coppe nazionali e quella straordinaria Coppa delle Coppe. La finale di quella prima edizione viene disputata con partite di andata e ritorno contro i Rangers, il 17 maggio 1961 all’Ibrox Park di Glasgow ci sono 80mila spettatori, 2-0 per i viola, ritorno il 27 maggio alle 3 e mezza del pomeriggio, 2-1 e il gol della vittoria è di Kurt Hamrin all’86’, tripudio, lo svedesino è il cannoniere del torneo, miglior giocatore della manifestazione e la Fiorentina il primo club italiano a vincere una coppa europea. Il calciatore lieve e trasversale vive tutt’ora a Coverciano con la moglie Marianne da cui ha avuto cinque figli. Come si fa a non amarlo.