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 2023  maggio 28 Domenica calendario

Intervista ad Arianna Cecconi - su "La girandola degli insonni" (Feltrinelli)

C’è Ismael, il ragazzo delle Comore, che piega e scuote le gambe nel letto come se fossero attraversate da un dolore improvviso. Marius il liutaio, che non vede più quello che succede fuori ma ciò che esiste dentro al sogno. E André, il marinaio che non può più navigare perché si addormenta proprio quando dovrebbe stare più attento, di giorno. Aurora - «il mio nome è la frontiera tra la notte e il giorno» -, alter ego dell’autrice, sbircia le loro notti registrate nei dvd del centro del sonno di Marsiglia, va a cercare Ismael, Marius e André nella vita reale, e cerca in questo modo di guarire dall’insonnia che l’ha colpita da quando Lupo, il suo amore, se n’è andato. La girandola degli insonni (Feltrinelli), secondo romanzo dell’antropologa Arianna Cecconi, italiana di Marsiglia, è un viaggio nel sonno e nei suoi significati.

Perché il sonno le interessa tanto?
«Ho cominciato a occuparmene da antropologa in Perù vivendo con i Quechua. Poi ho continuato a lavorare sui sogni in Spagna e quando sono arrivata a Marsiglia ho studiato come dormono e sognano gli abitanti dei quartieri nord, quelli dell’immigrazione prima italiana poi maghrebina e infine dalle isole Comore nell’Oceano indiano. Mi interessa molto la dimensione sociale del sonno, come si dorme in modo diverso a seconda delle culture di origine».

Come dormiva nei villaggi peruviani?
«La prima cosa che ci si domandava al mattino era: che cosa hai sognato stanotte? Erano i tempi della guerra con Sendero luminoso e tante persone che erano scomparse tornavano a trovare i loro cari nei sogni. Il sonno e i sogni facevano parte della vita sociale, si dormiva assieme in grandi stanze e ci si svegliava insieme più volte la notte. Anche nei quartieri nord di Marsiglia molte donne hanno l’abitudine di dormire insieme perché è un modo per farsi forza e sconfiggere la paura».

È da questa esperienza che ha tratto i personaggi di Ismael e di sua madre Fatima?
«Sì, il romanzo è anche frutto del mio lavoro con il centro del sonno di Marsiglia».

La città di Marsiglia è coprotagonista del libro. Aurora insegna l’italiano ai francesi, e i loro errori sono divertenti: «Ce l’hai un incendino» per la sigaretta, «le lavo io le assiette» (i piatti, assiette in francese) oppure «lo vuoi un carretto di cioccolato?» (carré significa tavoletta). «Mi piace come le lingue si scambiano e si influenzano a vicenda. Ho cercato di raccontare Marsiglia, dove vivo da dieci anni, con lo sguardo di una straniera». Racconta per esempio del «vortex», la leggenda metropolitana secondo la quale tra la fontana delle Danaidi di piazza Stalingrad e la porta della chiesa c’è un mulinello, un microciclone, una specie di buco nero che a volte si apre verso universi paralleli. «È una cosa che raccontano in molti. C’è la storia di una donna, Tania Belfort, che sarebbe stata risucchiata dal vortice mentre portava a spasso il cane o la visione di Jean Gremieux, che si è trovato davanti una creatura mezza donna e mezza rana. Ad Aurora, nelle sue stanche peregrinazioni da insonne, gira la testa quando passa da lì».

E poi ci sono le mille tecniche usate dagli insonni per provare ad averla vinta e addormentarsi. Per esempio, il suono dell’asciugacapelli, su Internet si trovano quelli delle varie marche, Philips, Sephora, Rowenta, Imetec. Ognuno sceglie il suo. Milioni di clic.
«Ci sono persone che cercano il suono dell’infanzia, di quel phon magari usato dalla madre per addormentarli quando erano bambini. Il sonno è legato alla storia famigliare, sociale e culturale. A volte conoscere la propria storia permette di capire di più del proprio sonno e viceversa. Dormire è un’attività sicuramente naturale ma è anche molto influenzata dalla realtà sociale, al di là dell’aspetto normativo contemporaneo delle otto ore di sonno, che peraltro pochi riescono a rispettare».

Lo storico Roger Ekirch sostiene che l’abitudine di dormire la notte in modo continuativo è relativamente recente, successiva alla rivoluzione industriale. Prima si dormiva una prima fase la sera e un’altra prima dell’alba, con una pausa in mezzo per mangiare o fare altro.
«Il sonno bifasico era sicuramente una realtà pre-industriale, che ho potuto sperimentare nel mio periodo in Perù. La notte era frammentata, ci si svegliava per andare a controllare gli animali, poi si tornava a dormire. Il ritmo contemporaneo delle otto ore notturne è funzionale alla scuola e al lavoro».

Ma oltre agli insonni ci sono André che ha il problema di addormentarsi nel momento meno opportuno, di giorno, soffre di narcolessia.
«L’ho messo nel romanzo perché mi piaceva parlare di questa dimensione onirica che invade il giorno, parlare di che cosa succede quando il sonno e i sogni si mescolano alla realtà».

Ma lei come dorme?
«Un piccolo aspetto autobiografico è che io sono asmatica come la protagonista Aurora, la notte per me è un momento delicato. L’asma mi ha portato ad avere difficoltà nel sonno, anche senza arrivare alle apnee notturne che riguardano molte persone. L’idea che si possa smettere di respirare durante il sonno in effetti fa abbastanza paura».

Qual è il rapporto della nostra società con il sonno e i sogni, oggi, secondo lei?
«Mi pare che abbiamo un po’ perso questa abitudine a raccontarci e a condividere i sogni, che forse è un modo per scacciare dalle nostre vite una dimensione meno controllabile e più legata all’inconscio. A parte chi fa un lavoro psicanalitico legato all’analisi dei sogni, nella pratica comune il sonno ha perso la sua dimensione sociale. Che rimane però in certe comunità, per esempio a Marsiglia, dove nelle periferie ci sono sogni famosi perché raccontati da più persone e condivisi, ormai parte di una storia comune».

Lei che cosa pensa delle «otto ore di sonno»?
«Niente in contrario, osservo solo che siamo influenzati da due richieste sociali contraddittorie: da un lato l’ingiunzione a dormire le famose otto ore, dormire bene, perché fa bene alla salute e perché dobbiamo essere produttivi il giorno dopo; dall’altro meno dormiamo e meglio è, arrivano di continuo le testimonianze di quelli che dormono poche ore a notte e quindi hanno un vantaggio competitivo notevole sugli altri. Dormire otto ore è un valore ma lo è anche dormirne solo quattro, anzi meglio quest’ultima situazione. Diciamo che queste due esigenze opposte sono accomunate dalla richiesta più o meno implicita di essere il più possibile performanti, produttivi, efficienti. E poi ci sono gli smartphone».

Cioè?
«Mi sembra che soprattutto i giovani siano sottoposti all’ingiunzione delle otto ore, o anche del dormire meno se possono, e comunque le notifiche non si fermano mai, le notizie continuano a tutte le ore, i social sono un flusso ininterrotto, cosa che rappresenta comunque una rottura nella storia. Fino a qualche generazione fa questa tentazione perpetua non esisteva».

Il sonno e i sogni sono importanti anche per mantenere i contatti con chi non c’è più, non è così?
«È una dimensione che permette di comunicare con chi una voce non ce l’ha, gli animali, o con le persone che abbiamo perso. Anche chi di solito non dà grande importanza ai sogni viene molto colpito quando viene visitato nel sonno da una persona che non c’è più, che gli manca. Nel romanzo volevo parlare proprio di questo rapporto con la visita, della possibilità di parlare alle persone scomparse che continuano in questo modo a fare parte delle nostre vite. Aurora viene visitata nel sonno dall’amato Lupo, che l’ha lasciata. È un’esperienza che credo capiti a molte persone, che magari possono riconnettersi non ad amanti perduti ma a famigliari che non ci sono più. Nel sonno le frontiere tra vita e morte sono meno rigide».

Ci sono persone che programmano i loro sogni, che si pongono nelle condizioni più propizie per ricevere queste visite?
«Sì, è una cosa che succede molto anche in Europa. I “sognatori lucidi” si mettono in condizioni particolari per sognare, ma anche la cultura dell’Islam prevede l’abitudine di dormire in certe posizioni o le tecniche di abluzione per favorire certi tipi di sogni. Esistono tecniche di preparazione ai sogni, che variano a seconda delle culture. Come ci si prepara a un’occasione significativa nella vita diurna, ci si può preparare a un momento importante nella vita notturna, ovvero ad accogliere l’arrivo del sogno».