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 2023  maggio 28 Domenica calendario

Biografia di Lodovica Comello raccontata da lei stessa

Dal successo in Argentina con la telenovela Violetta (era Francesca e fra riprese e tour del musical, rimase in Sudamerica dal 2011 al 2014) alla maternità, per la trentatreenne Lodovica Comello c’è stato di tutto: un marito, due dischi, due libri, una tournée mondiale, una partecipazione al Festival di Sanremo, la conduzione di Italia’s Got Talent su SkyUno, delle Iene su Italia 1 (una puntata con Nicola Savino), una fiction (Extravergine su Fox Life), un paio di talk su Radio 105 e via elencando. La nascita tre anni fa del primo figlio però, Teo, ha cambiato un po’ tutto. Non sempre in meglio. Anzi, per niente.
Adesso a che punto è?
«Mi sto ritrovando. Gli anni dopo la maternità sono stati difficili e solo adesso sto ritrovando la mia strada, che era diventata un po’ oscura e complicata».
Cos’è successo?
«Quella che ero prima non c’è più come persona e come professionista
. Nella prima fase mi sembrava di non avere più una vita: ero solo un dispensatore automatico di latte. Nella seconda ho iniziato a riappropriarmi di me stessa anche se mi sentivo a disagio perché non ero più quella di prima e avevo una cosa a cui dovevo badare sempre: mio figlio Teo. Nella terza, quella che sto vivendo attualmente, devo lavorare il doppio o il triplo degli altri per ribadire che ci sono ancora sul fronte sociale, professionale e di coppia. Ci sono, nonostante tutto».
Nonostante cosa?
«Ho avuto a lungo molti problemi con l’allattamento. Cosa che mi ha fatto molto male fisicamente e psicologicamente. E poi il corpo che cambia, le ansie, il tempo per te che non c’è mai, i pannolini, le rivalità fra mamme, il sesso che non si fa più, le pressioni di ogni tipo, sentirsi sempre imperfetta... Insomma, una rivoluzione. Per questo sono incazzata».
Perché?
«Come è stato possibile sbattere contro questo muro senza che nessuno mi dicesse qualcosa sulle complicazioni della maternità? Tutte solo a ripetere come è bello diventare mamma, sarà meraviglioso, è la cosa più
emozionante del mondo... è tutto vero, ma non è solo quello. È anche un casino».
Non si è informata? Si è fermata alla favoletta?
«Avevo fatto il corso pre-parto...».
Il suo ambiente professionale come ha accolto i cambiamenti?
«Non male, anzi. Ho fatto cose nuove, tipo L’asciugona (modo di dire milanese per indicare una persona logorroica, ndr), il mio podcast sulla maternità che al momento è il progetto a cui tengo di più (3 milioni di ascolti sulle piattaforme digitali, ndr) e che vorrei anche trasformare in una serie o in uno spettacolo teatrale. Ho iniziato a registrare a casa prima di partorire, in pieno lockdown, e adesso sono alla quarta stagione. Dico quello che voglio, anche se ho avuto paura di farlo».
Di cosa?
«Nessuno aveva mai parlato della maternità così fuori dai denti. A lungo mi sono chiesta se fosse la cosa giusta da fare. In fondo tocco temi delicati in maniera non proprio popolarissima. La maternità non è vero che è la cosa più istintiva, tranquilla e infiocchettata della vita. Per fortuna ho trovato tante mamme entusiaste di sentire che si affrontava la questione senza far finta di niente».
Qualcuna si è scandalizzata?
«No. Non mi sembra, o forse non me lo ricordo».
Ha dedicato un episodio del podcast sul perché non bisogna chiedere a una donna con un figlio se ne farà un secondo: questa ipersensibilità non rischia di essere eccessiva se non proprio ridicola?
«Forse. Di sicuro è un argomento molto personale che anche io valuto diversamente da quando sono mamma. Io sono rimasta incinta subito, ma ci sono tante donne che non riescono ad avere figli, altre che li hanno persi, altre ancora che non li vogliono... E tutte loro, ogni volta che sentono quelle domande gratuite, ci restano male».
Certo. Ma non è esagerato? Si presume che ci sia sempre malafede.
È vero, ma se una persona non sa chi ha di fronte, dovrebbe usare più accortezza per non esercitare pressioni indesiderate, o rinnovare sofferenze.
In un episodio ha parlato anche di maternità surrogata: lei è favorevole?
«Sì, assolutamente».
Lei farebbe mai la portatrice?
«Non credo. Ancora non so se avrò un secondo figlio... Però ammiro le donne che lo fanno».
Quasi sempre lo fanno per soldi.
«A me piace pensare che sia un gesto d’amore nei confronti di qualcuno che non può averli».
Ha mai conosciuto una di queste donne?
«No, mai. Però mi piacerebbe molto incontrarne una».
Secondo lei perché si fanno pochi figli in Italia?
«Servizi all’infanzia scarsi, cari e malfunzionanti. E poi la colpa è anche dei partner poco collaborativi. Il settanta per cento delle donne si fa carico di casa e figli in maniera esclusiva».
Vale anche per lei?
«No, sono fortunata. Io e mio marito il produttore argentino Tomas Goldschmidt - siamo giocolieri: viviamo a Milano e non abbiamo i nonni su piazza. Facciamo l’impossibile. E siamo liberi professionisti: magari per mesi non lavoriamo, poi può succedere che tutti e due dobbiamo star fuori per giorni».
Suo marito è argentino di origini tedesche: prevale il Sudamerica o il Nord Europa nella gestione del figlio?
«Tutte e due. Ha passione e precisione».
Lavora con lei?
«Fa produzioni, ma da quando è in Italia fa anche la regia in tv e mi aiuta dietro le quinte».
Si definirebbe una mamma in carriera?
«Certo. Anche se andar via da casa e stare fuori a lungo, adesso, è più difficile».
All’audizione che fece nel 2008 per entrare al Mas di Milano, centro di formazione per lo spettacolo, portò il monologo del trans Agrado tratto dal film "Tutto su mia madre" di Pedro Almodòvar, che finiva così: "Una è più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa". Cosa ha sognato lei da ragazza e a che punto è oggi?
«Credo di aver rispettato abbastanza l’idea che avevo di me stessa, anche se mi sono data da fare in troppi campi diversi proponendomi come artista poliedrica, cosa che spesso mi ha fatto passare per quella che fa tutto perché niente le viene bene».
Il sogno qual era?
«Cantare e fare musica. Però mi sono scontrata violentemente con la realtà quando ho cercato di trasformarlo in professione e ho capito che non fa per me».
Ha chiuso con le canzoni?
«Sì. Sanremo 2017 è stato il mio saluto in grande stile al canto. Mi è andata meglio in tv».
Con tutte le cose che ha fatto finora sente di aver raccolto quanto meritava?
«Fino a 30 anni ho fatto troppo. Poi ho avuto il bimbo, ho rallentato, e ora voglio macinare».
Come Agrado, che si è costruita chirurgicamente, lei cosa è pronta a rifarsi?
«Il seno piccolo. Ma ho scoperto che va di moda, quindi niente».
Anni fa disse che avrebbe volentieri recitato in un film di Gabriele Muccino: Emma Marrone c’è riuscita.
«Mai dire mai. Però meglio concentrarsi su poche cose».
È un po’ una maniaca del controllo?
«Sono sempre stata precisa, e ho sempre avuto le idee molto chiare. Invece la maternità mi ha messo in crisi. Mi sento insicura, oggi. Felice ma insicura».