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 2023  maggio 25 Giovedì calendario

Genovese, da stupratore a novello sposo

La storia di Terrazza Sentimento, delle feste e delle orge, violenze, abusi, ketamina infilata in ogni orifizio, ragazze ridotte a bambole di pezza, si interrompe lo scorso dicembre. Siamo lontano da riflettori, dai fasti degli aerei privati e lo champagne a bancali che inondava l’attico con piscina a sfioro a due passi dalla Madonnina di Milano. Alberto Genovese, l’enfant prodige delle start up condannato a 8 anni e 4 mesi di galera per aver abusato di Aurelia, studentessa e modella appena maggiorenne, e di un’altra ragazza a Ibiza, si sposa. Convola a nozze con un’ex fidanzata, D., 46 anni, manager di successo nel panorama della consulenza aziendale, persona integra, sana e da sempre innamorata di quel lato di Genovese mai raccontato, finito a frantumi come la loro storia già interrotta dopo quattro anni di fidanzamento serio senza l’immondizia che lui accumulerà in seguito nella sua vita.
Ecco, questo matrimonio è una scommessa esistenziale, si spinge ben oltre la classica promessa di fedeltà per tutta la vita. Genovese può contare ora su pochissime persone, la sorella, la mamma e appunto lei, D., che negli anni del delirio e degli abissi stava a fianco, magari a lato, combattendo come poteva una battaglia disperata per arginare, frenare la discesa negli inferi di chi sentiva come e più di un amico. Ma Genovese era tossico. Lei era salita sull’altalena di trattative, speranze e delusioni, sorrisi e incazzature e tonfi che solo chi si ritrova a provare sentimenti profondi per un tossicodipendente può capire. In questo percorso tortuoso, divisivo, osteggiato da una parte della morale profonda del nostro Paese, il matrimonio cristallizza un altro gradino in risalita che segue quelli compiuti nei lunghi soggiorni in diverse comunità con incarichi sempre di maggior responsabilità assolti riscuotendo la soddisfazione di medici e terapeuti. A iniziare dalla Narconon Gabbiano di Oliveto Lario, comune di 1.200 abitanti in provincia di Lecco, dove si applicano terapie naturali senza somministrazione di farmaci e psicofarmaci.
In parallelo, arriva la svolta nell’esecuzione della pena: l’imprenditore, con gli avvocati Antonella Calcaterra e Salvatore Scuto, chiede di lasciare il carcere di Bollate per riprendere il percorso terapeutico e scontare gli ultimi 4 anni della condanna che gli restano in una struttura di recupero. Tra riti alternativi e sconti, Genovese non tornerà quindi più in carcere? Rinunciando all’appello grazie alla legge Cartabia ha già goduto di un sesto di riduzione della pena, al quale aggiungere un ulteriore sconto per il rito abbreviato. Saranno ora i giudici a decidere ma il parere favorevole della procura generale aumenta le possibilità che la richiesta venga accolta. Senza però dimenticare che l’imprenditore attende anche l’esito dell’indagine bis per altre presunte violenze, con la procura ordinaria che proprio in questi giorni sta limando la richiesta di rinvio a giudizio, in attesa che Genovese venga sentito, probabilmente già entro metà giugno. Tra le parti offese proprio di questo procedimento c’è Ylenia, giovanissima modella abusata per l’accusa da Genovese e che potrebbe costituirsi parte civile. Anche lei, come Aurelia, è andata in televisione a raccontare le violenze patite, mettendo faccia, nome e cognome. Qualche settimana fa ha consegnato il suo cellulare per farlo analizzare come richiesto dai difensori dell’imputato e di Sarah Borruso e autorizzato dal gip per meglio analizzare i fatti. Ma la notizia arriva dalla sua vita privata. Ylenia ha lasciato Milano, si è fidanzata, è diventata mamma. Proprio ieri ha pubblicato sui social le foto della sua cucciola. Ha atteso due settimane dal parto prima di comunicarlo a tutti, poi si è decisa con gli scatti di questa splendida creatura.
Le storie di carnefice e vittima si intrecciano sui social e nei notiziari. E forse meriterebbe più di una riflessione il fatto che, se da una parte Genovese ha accesso a percorsi di recupero per disintossicarsi e cercare quella strada di reinserimento sociale previsto dai codici, le vittime spesso sono abbandonate al loro destino. Aurelia, ad esempio, dopo aver rifiutato 155 mila euro di risarcimento, chiedendone un milione e mezzo, si è vista quantificare dai giudici una somma di provvisionale assai contenuta, di soli 50 mila euro. Ma al di là delle cifre questa ragazza dopo tutto quello che ha subìto è rimasta di fatto da sola priva di quelle risorse e di quei sostegni che invece dovrebbero essere assicurati, anche ad anni di distanza, a chi subisce questi traumi. «La riforma Cartabia con la rinuncia all’appello di Genovese - spiega Luigi Liguori, difensore della ragazza - prevede che gli appelli per le statuizioni civili vengono trasferiti alle relative corti, facendo prova tutto quanto stabilito nel giudizio abbreviato penale. Ma essendoci il ricorso della Borruso, dovremo attendere se il procedimento si sdoppierà o meno. Insomma, per vedere la somma che le spetta, Aurelia rischia di dover attendere anni e anni mentre quei denari le servono ora per ricostruirsi prima come persona e poi mettere le basi per il futuro che merita». Insomma, un tempo davvero insopportabile e che, al contrario, dovrebbe essere celere e certo.