Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  maggio 23 Martedì calendario

Intervista a Gazzelle

eressa come cambiano, io faccio quello che so fare e continuo a farlo, senza badare a dove tira il vento. E questo mi dà la possibilità di non perdermi».
Visto il successo dei lavori precedenti, per questo album c’è stata maggiore pressione?
«No, non ho lavorato con pressione, ma con molta serenità. Proprio per le conquiste fatte credo di sapere chi sono a livello artistico, so chi è il mio pubblico, so a chi sto parlando.
Quindi, per assurdo, è stato più semplice affrontare questo album.
Certo, c’è da difendere quello che ho conquistato fino a oggi, la tensione è in gran parte naturale, anche in vista di un concerto in uno stadio. Ma, in realtà, è stato un disco fatto con poca pressione e molto più tempo. Sono riuscito a entrare più nel dettaglio delle cose, sia nei suoni che nei testi, e il tempo in più mi ha permesso di godermi il lavoro e di fare maggiore ricerca musicale».
È un album dove rispetto alla malinconia di fondo del suo mondo musicale, c’è della “luce”.
«La malinconia non manca nemmeno questa volta, ma è evidente che le cose sono cambiate, nella mia vita ci sono state cose più belle e serene che mi hanno fatto venire voglia di vedere il mondo da un altro punto di vista. Manca ancora la giornata di sole nel disco, ma c’è della speranza, non è tutto così male.
È un mio modo artistico per dire al pubblico che posso scrivere anchecose più leggere».
Ora l’aspetta lo Stadio Olimpico il 9 giugno. La vedremo con i fuochi d’artificio?
«No, non ci saranno fuochi d’artificio. L’obiettivo è proprio quello di mettere in uno stadio una cosa cosìintima come la musica. La delicatezza è il vero gol di questo concerto, riuscire a fare una cosa normale in un posto che non è normale, fare diventare uno stadio accogliente come una piccola casa».
E montarsi la testa il giorno dopo
il concerto?
«No, impossibile. Mi alzerò, mi farò il solito cappuccino e tornerò alla vita normale. Inizierò di nuovo a sognare per fare qualcosa di nuovo. È probabile, comunque, che sarò depresso per un po’, non troverò lestesse emozioni nella vita di tutti i giorni, ma mi sono preparato a questa cosa, so che ne vale la pena.
Sarà un po’ come ubriacarsi per una sera: la mattina dopo stai male, ma la serata è stata divertente».