Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 19 Domenica calendario

Intervista a Edoardo Leo

Inesorabile, ma anche strettamente collegato alla percezione soggettiva. Maledetto, ma anche terapeutico, salvifico, rassicurante. Intorno allo scorrere del tempo, antica ossessione dell’umanità, esaltata, nella nostra era dall’affermarsi del mito dell’eterna giovinezza, il regista di Orecchie e di Io c’è Alessandro Aronadio ha costruito la sua nuova commedia Era ora( su Netflix), basata su Long Story Short di Josh Lawson, interpretata da Barbara Ronchi (Alice) e da Edorado Leo (Dante), costretto a misurarsi con il peggiore degli incubi: a ogni risveglio mattutino, corrisponde un anno in più di vita vissuta. «Credo che il tema del film riguardi tutti - riflette Leo -, a un certo punto ti ritrovi con i figli grandi e ti domandi quanto tempo è passato da quando gli cambiavi il pannolino, oppure compi 50 anni e pensi "ma ne avevo appena fatti 40"».
Qual è il suo rapporto con il tempo?
«Il mio è un lavoro particolare, quando si fa qualcosa che piace molto il tempo tende a volare. Ho trascorso lunghi anni senza essere affatto soffocato dal lavoro, anzi, avrei voluto esserlo, ma non succedeva. Poi le cose sono cambiate e, sì certo, sono stato anche travolto dagli impegni di lavoro, ma era quello che volevo, significava aver raggiunto obiettivi inseguiti da sempre».
Fermarsi per dare più spazio al privato è una scelta fatta di recente da donne in posizione di leadership, capi di governo, come la premier neo-zelandese Jacinda Ardern. Che ne dice?
«Se c’è una reale parità di condizioni, la scelta si può fare, funziona e va benissimo. Se però sono sempre le donne a prendere la decisione, molto più degli uomini, allora vuol dire che c’è una disparità. La rinuncia in quel caso ha il sapore della resa, e non va bene».
Ha rimpianti?
«In genere non faccio bilanci, però sì, qualche rimpianto ce l’ho, per esempio del tempo che non ho passato con i miei affetti, con gli amici, anche se so che, se avessi vissuto diversamente, sarei un’altra persona. Il mio è un mestiere che ti fa stare fuori, lontano da casa, per mesi, ma sono cose che si sanno e si mettono in conto. La passione è anche un’ossessione, comprende una parte eroica e una miserabile, sai che stai facendo una tournée in giro per l’Italia, magari mentre stai girando un film, ti chiedi perché lo fai e capisci che è per andare a prendere gli applausi del pubblico. Insomma, non puoi farne a meno, ma l’incapacità di stare senza è anche lo stimolo che ti spinge ad andare avanti, a migliorarti».
Ha mai desiderato fermare il tempo?
«A 30 anni non volevo fermarlo per niente, le cose andavano malissimo, faticavo a pagare l’affitto, volevo che quella fase finisse al più presto. Forse lo fermerei adesso, a 50 anni, oggi ho il lusso di poter scegliere, di lavorare su cose che mi interessano. È un momento ricco, c’è questo film, c’è quello che ho girato con Liliana Cavani che si chiama, guarda un po’, L’ordine del tempo».
Per il cinema non è un periodo facile. Lei come la vede?
«È una fase complessa, ma proprio per questo dobbiamo sentirci tutti più responsabilizzati, fare film migliori, raccontare il presente. Dobbiamo cogliere l’opportunità che ci viene dalla difficoltà, certi stilemi stiano cambiando e i risultati si vedono al box-office».
All’ultima Berlinale Pierfrancesco Favino ha lanciato un appello sulle condizioni di lavoro degli attori italiani. Lei che cosa ne pensa?
«Sono d’accordo con Favino. Noi attori stiamo cercando di affrontare insieme un problema che riguarda il riconoscimento del nostro mestiere, siamo gli unici in Europa a non avere un contratto. Stiamo cercando di parlarne con i produttori, la situazione va risolta e regolamentata, non abbiamo una paga minima stabilita. Non è solo una questione sindacale, riguarda il modo con cui viene considerato il nostro mestiere, da noi succede ancora che se dici che fai l’attore la domanda che viene dopo sia "sì, ma, di lavoro, che fai?».
Il nuovo governo vi ha dato risposte?
«No, questo governo non ha ancora fatto niente. Era iniziato un percorso, poi il governo è cambiato e tutto si è fermato».
Il film si chiama «Era ora». In quale caso avrebbe voglia di pronunciare la stessa frase?
«Spero molto di poter dire "era ora" solo quando si fermerà questa guerra ignobile cui stiamo assistendo ormai da più di un anno».