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 2023  marzo 18 Sabato calendario

La crisi delle banche vista da Paul Krugman

La Federal Reserve e il governo degli Stati Uniti hanno salvato Silicon Valley Bank e Signature Bank. E hanno fatto bene, secondo il premio Nobel per l’economia Paul Krugman. In un intervento apparso sul New York Times, il luminare prende in esame le possibili critiche al soccorso pubblico dei due istituti americani.
Perché di salvataggio di Stato si è trattato, secondo Krugman. «Vorrei che l’amministrazione Biden non cercasse di sostenere il contrario», sottolinea. «Gli azionisti sono stati azzerati, è vero. Ma legalmente, i depositi sono garantiti solo fino a 250 mila dollari; scegliendo di rimborsare tutti i clienti, il governo federale ha fatto un enorme favore ai titolari di grandi conti».
Ciò premesso, il Nobel giudica opportuno l’intervento e confuta quattro possibile obiezioni. La prima è definita risibile. «Nel lato destro dello spettro politico, molti hanno sposato la tesi che Silicon Valley Bank sia fallita perché era eccessivamente “woke” – che è solo marginalmente meno assurdo che sostenere che la “woke culture” causi il deragliamento dei treni». Secondo Krugman, invece, «le banche falliscono da secoli, molto prima che i dipartimenti delle risorse umane iniziassero a includere clausole di stile sulla responsabilità sociale nelle loro dichiarazioni di missione». Di conseguenza, conclude, «parlare di “wokeness” non ci dice nulla sui fallimenti bancari, ma molto sulla bancarotta intellettuale e morale della destra americana moderna».
La seconda obiezione riguarda la natura non sistemica della banca californiana. Il suo fallimento non avrebbe cioè rischiato di travolgere l’intero settore finanziario. In linea di principio Krugman sarebbe di questa opinione. Ma «Silicon Valley Bank era diventata un attore chiave dell’ecosistema finanziario del settore tecnologico». Sebbene «distruggere l’industria cripto sarebbe un servizio pubblico», aggiunge con malizia, il crac di Svb avrebbe affossato anche le altre startup californiane, il futuro dell’economia americana. «Il salvataggio di Svb è stato simile al salvataggio di General Motors e Chrysler nel 2009, giustificato anche dal fatto che avrebbe preservato una parte cruciale dell’ecosistema economico», argomenta.
C’è poi chi sostiene che, assicurando tutti i depositi senza imporre limiti sul loro utilizzo da parte delle banche, la Fed abbia creato un incentivo per prassi irresponsabili, al cosidetto azzardo morale. «Tuttavia», nota Krugman, «sinora stiamo assistendo a un deflusso di fondi dalle banche più piccole a quelle grandi e più strettamente regolamentate». Quindi, «in generale, sembra che il sistema finanziario stia muovendosi verso una riduzione, non un aumento, del rischio».
L’ultimo rilievo, il più serio secondo l’economista, è che i fallimenti bancari spingeranno la Fed a rallentare il percorso di rialzo dei tassi e dunque comprometteranno il controllo dell’inflazione. In tal modo, a giudizio di alcuni esperti, la Fed privilegerebbe la tutela di Wall Street alla protezione dei consumatori dalla corsa dei prezzi.
«È vero che i collassi bancari hanno spinto gli investitori a riconsiderare il futuro corso delle politiche monetarie della Federal Reserve», ammette Krugman. «Un rialzo dei tassi alla prossima riunione della banca centrale, che sembrava cosa fatta, ora appare incerto, con i mercati che prezzano la possibilità di un taglio dei tassi e con i tassi d’interesse a due anni (un buon indicatore delle attese della politica della Fed nel prossimo futuro) che precipitano».
Alla luce del tracollo delle banche in borsa, sostiene però Krugman, c’è ragione di prevedere che «la maggior attenzione delle banche al rischio e il travaso dei depositi verso banche più strettamente regolamentate finiranno per raffreddare l’economia anche se la Fed non aumenta i tassi» d’interesse.
«Le conseguenze dei problemi bancari hanno reso una situazione economica incerta ancora più incerta, e ci vorrà del tempo – forse un’eternità – prima di sapere se i decisori politici hanno fatto la scelta giusta», conclude Krugman. «Sento però molta retorica apocalittica che al momento non pare giustificata dai fatti».