Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 24 Martedì calendario

L’arte dei risvolti

MARCO
STRACQUADAINI
Un libretto dalla grafica vivace, ma qualcosa ti dice che le edizioni Zanzibar non esistono più. Opere complete (e altri racconti) di Augusto Monterroso, traduzione di Hado Lyria, 1992. Qualcosa dice anche che lo stesso risvolto («Monterroso è più simile a un classico latino che a un narratore del “boom” ispano-americano») sia di Hado Lyria. E Zanzibar davvero non esiste più, inghiottita da Giunti un paio d’anni dopo quel ’92, e di chi sia il risvolto svelto ed efficace non si sa. Ma come siamo messi, oggi, con i risvolti? Non pareva un buon segnale che il classicissimo struzzo Einaudi, incisione del Cinquecento, fosse sparito per lasciare il posto allo struzzo che cammina senza motto, senza sfondo e senza storia dei Tascabili. In realtà il logo disneyano è rimasto ai soli tascabili e quello con il motto, Spiritus durissima coquit, non è sparito. I primi segni degli snellimenti formali editoriali hanno iniziato a vedersi trenta o vent’anni fa.
Un’edizione dei racconti di Mastronardi scomodava Montale per fargli dire che nell’autore «c’è la stoffa del narratore».
Come se Mastronardi assicurasse: «Che poeta Eugenio Montale». La fascetta in copertina la si lasciava ai vincitori di un premio e ai bestsellers americani. Poi le frasi da fascetta si sono estese invadendo le librerie. Banalizzandosi e sgomitando, scacciano il vecchio risvolto. Ma il discorso è più complesso: la fascetta – la citazione laudatoria – è breve, il risvolto è lungo. La fascetta si copia, il risvolto no. La fascetta è uno spintone, il risvolto un discorso. Alcuni editori restano fedeli all’impegno e alla civiltà di quel “discorso”. Calvino e Vittorini litigavano per come dovesse presentarsi un autore. Vittorini notoriamente voleva un po’ troppo “vendere” un libro, ma non tanto come si crede, e in certi casi in quella sede dissente apertamente. I suoi testi sono spesso sicuri, mossi e propositivi. Riusciva a farvi entrare, in quasi tutti, scrive Giancarlo Ferretti, notizia biografica, riferimento all’attualità, iter precedente dell’autore, giudizio sul testo, sottolineatura del “nuovo”, richiamo al lettore, riserve.
Sciascia scriveva le presentazioni dei volumetti de “La Memoria” nel percorso a piedi da casa alla sede dell’editore, a mente. Arrivato, si sedeva e “copiava”. E le sue schede sono rotonde nella misura e nella sintassi e puntute nelle arguzie.
Quando deve occuparsi di propri libri – “La Memoria” esordisce con Dalla parte degli infedeli – si tiene basso e aderente alle pagine, accenna alle circostanze della scrittura, all’idea iniziale. Calasso ha raccolto parte del migliaio di risvolti scritti in Cento lettere a uno sconosciuto. Ne risulta una specie di accattivante catalogo ragionato delle sue edizioni, e quanto i testi di Sciascia sono aperti e ironici, tanto i suoi sono ombrosi e sfuggenti. Forse l’editore, fingendo di parlare a tutti, parla a pochi?
D’altra parte, come si parla «a uno sconosciuto»? E a chi si rivolgeva, tacitamente, ognuno degli altri più noti e maggiori “risvoltisti”: Garboli, Debenedetti, Manganelli, Pontiggia…? Pontiggia disse in un’intervista che quando iniziò a scriverne dedicava a ognuno una trentina di ore.
Quanto al risultato, se ne può avere un’idea dai testi concisi, paradossali e lavoratissimi di Contemporanei del futuro. Da un versante personale, umile e snob partivano Fruttero e Lucentini scrivendo questa autopresentazione, per L’idraulico non verrà: «Da quando segretamente uscì nel 1971, questo nostro sgusciante, inafferrabile idraulico (…) ci ha permesso di cullarci in sogni di celebrità negativa. Per oltre vent’anni abbiamo potuto sentirci poeti, se non proprio maledetti, almeno totalmente sconosciuti.» La scheda sugli autori è pensata con lo stesso piglio: «Fruttero e Lucentini non è che non abbiano bisogno di presentazione; piuttosto, non ne hanno voglia, dopo aver passato gran parte della loro vita a scrivere risvolti per libri altrui e propri». Questo accadeva ieri, ma oggi?
Oggi nel peggiore dei casi succede questo, per esempio: «Di scrittori così ne nasce uno ogni ottant’anni, massimo». The Guardian. Subito sotto, o sopra : «L’ho già letto tre volte». Luca. Nel migliore dei casi invece ciò che si accennava: molti editori, spesso medi o piccoli, credono ancora all’impegno e alla civiltà di quel “discorso”.
Ed estendono il rispetto per il libro a quello per il lettore, poiché di questo si tratta