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 2008  aprile 13 Domenica calendario

Tomasi di Lampedusa sotto le armi

olte vicende dell’ esperienza di vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’ autore de Il Gattopardo, di cui quest’ anno ricorre il cinquantesimo anniversario della pubblicazione, sono rimaste nell’ ombra, in qualche caso appena accennate dai suoi biografi. Come quelle, importanti, relative al periodo del suo servizio militare che, in una certa parte, coincise con il dramma della prima guerra mondiale. «Sulla guerra e la prigionia, che durerà un anno – scrive Gioacchino Lanza Tomasi depositario delle sue memorie più personali – Giuseppe Tomasi, come quando si trattava della propria vita, parlava poco». Eppure, quelle esperienze ebbero un peso importante nella sua formazione personale e, perfino, nelle sua tardiva produzione letteraria. C’ è perfino – in questo caso si tratta dell’ erudito monferrino Roberto Coaloa – chi ha ritrovato in alcune delle pagine più significative del romanzo, ma io aggiungerei anche nella novella Lighea, le tracce di un vissuto che non può che collegarsi a quelle esperienze. La figura del cavaliere Aimone Chevalley di Monterzuolo, il funzionario piemontese che incontra il principe Fabrizio Salina per offrirgli il laticlavio senatoriale, a detta del Coaloa sarebbe una riuscitissima caratterizzazione di uno dei tanti funzionari piemontesi che, nella seconda metà dell’ Ottocento, si sarebbero potuti incontrare soprattutto nel Monferrato territorio nel quale il principe di Lampedusa trascorse circa un anno come ufficiale di carriera. Proprio il Coaloa ha cercato di colmare certe lacune biografiche relative al periodo monferrino del principe di Lampedusa e di queste sue ricerche, per la verità più deduzioni che documentazioni, ne ha fatto un breve resoconto sul quotidiano” Il Monferrato”. Prima di arrivare alle deduzioni di Coaloa, ripercorriamo dunque, con le notizie che ci offrono i biografi ufficiali, le vicende del periodo militare dell’ autore del Il Gattopardo. Il Principe, da ora in poi lo indicheremo così, era nato nel 1896. All’ età di diciannove anni, nel novembre del 1915 – l’ Italia era entrata in guerra il precedente 24 maggio – viene richiamato alle armi e destinato alla piazza di Messina. «Come tutti i richiamati di buona famiglia», ci racconta Gioacchino Lanza Tomasi, «optò per il volontariato per un anno, un corso di formazione abbreviato e selezionato che dava accesso ai ranghi di ufficiale di complemento». Promosso caporale nel maggio dell’ anno successivo, viene in autunno assegnato ad una batteria ad Augusta al comando del tenente Cardile, «un letterato con il quale stringe amicizia». è nel 1917, quando va a partecipare a un corso di allievi ufficiali a Torino, che comincia la frequentazione con l’ ambiente piemontese. Una frequentazione che viene subito interrotta quando, a settembre, viene inviato al fronte ed assegnato ad un avamposto sull’ altipiano di Asiago. Quel repentino spostamento al fronte era conseguenza dell’ ordine diffuso da maresciallo Cadorna, il quale paventava l’ offensiva delle armate della Triplice, di approntare rapide difese a tutela del territorio. Il 24 ottobre, le truppe austro-tedesche sfondano il fronte a Caporetto, è la disfatta. Nella sconfitta viene coinvolto anche il Principe. L’ avamposto nel quale si trovava viene circondato da militari bosniaci e il futuro scrittore viene fatto prigioniero. La prigionia, dalle poche notizie che conosciamo, non dovette essere particolarmente penosa se si poté concedere un giro per Vienna e perfino una serata all’ Opera vestito da ufficiale austriaco. Ma seppure non penosa quella prigionia lo gravava tanto da fargli tentare la fuga, la prima – finita male – dal campo di prigionia di Szombathely in Ungheria, e poi, finalmente quella fortunata, sul finire del 1918, quando dopo un lungo e drammatico percorso raggiunse a piedi prima Trieste e poi finalmente Palermo. La fine della guerra non significa la conclusione della sua esperienza militare. Il 14 gennaio 1919, il Principe rientra in servizio a Casale Monferrato al Deposito del 2° artiglieria pesante alla caserma “Duca d’ Aosta” e, come presuppone il Coaloa, avrà assistito al “Politeama” casalese ad una splendida messa in scena del Barbiere di Siviglia di Rossini ed alla festa del Genio che si tenne a Casale il 13 febbraio 1919. Una festa che si concluse con un banchetto di circa 200 ufficiali fra i quali lo stesso tenente Giuseppe Tomasi. Fin qui, dell’ esperienza casalese, niente di particolare se si esclude la frequentazione dell’ ambiente e la esperienza di certe caratterizzazioni. La svolta avviene nei mesi successivi quando iniziano soprattutto nel nord – su iniziativa di socialisti, sindacalisti, anarchici – gli scioperi e le manifestazioni di piazza che molto spesso si traducono in violenze e tumulti. Non essendo sufficienti le forze dell’ ordine il Governo, Orlando prima e Nitti dopo, decidono di impiegare per ragioni di ordine pubblico anche l’ esercito. Anche il Principe-tenente fa esperienza dei moti di piazza, e lui aristocratico ed uomo d’ ordine, ne resta particolarmente colpito. Forse queste esperienze saranno alla base di certo suo iniziale entusiasmo per il fascismo che lo porta, in un momento di rilassamento a raccontare entusiasta al cugino Lucio Piccolo di Calanovella della sana bastonatura di Giovanni Amendola. Forse furono anche queste esperienze che lo portarono, il congedo è del 26 maggio del 1920, ad abbandonare la carriera militare per dedicarsi fino in fondo alla sua ricerca intellettuale. Certo, al di là delle deduzioni dello studioso monferrino, dischiudere, sol che la documentazione reperibile ce lo permetta, la finestra sul periodo militare del Principe, ci potrebbe sicuramente offrire ulteriori e significativi elementi per capire il personaggio e le sue opere. Allo stato ci accontentiamo di leggere, con un occhio più avvertito, alcuni brani delle stesse nelle quali sicuramente il Piemonte, Torino ed Monferrato sono così presenti da lasciare pochi dubbi per affermare con il Caoloa ch’ essi furono per Tomasi una rigogliosa fonte d’ ispirazione.