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 2022  dicembre 08 Giovedì calendario

La prima di Giorgia alla Scala

Milano. Prima della prima, di prima mattina, la Scala mette in scena le proteste: alle 7.45 “cinque cittadini di Ultima Generazione” imbrattano i muri del Piermarini. Azione dimostrativa contro l’emergenza climatica. Per le 17, ora in cui vip e aspiranti tali cominciano ad arrivare per posare davanti ai fotografi, le pareti sono già state ripulite (efficienza meneghina) e i ragazzi di Ultima Generazione si devono accontentare dell’epiteto preferito del ministro Salvini, che forse per questioni di auto-rima, dà loro dei “cretini”.
C’è anche la protesta di uno sparuto gruppo di ucraini contro l’opera russa Boris Godunov: chiedono di “sostituire l’opera”, ma non sanno di cosa parlano visto che quello che va in scena è un atto d’accusa contro il potere autocratico, scritto da Modest Petrovic Mussorgskij a metà Ottocento e basato sull’omonimo dramma di Puškin. Risponde la presidente del Consiglio, fasciata in un abito di velluto Armani (“Spero sia all’altezza delle aspettative”) che oggi si ferma raggiante a parlare con giornalisti (attività che sappiamo non andarle proprio a genio). “Conoscete la mia posizione sul conflitto in Ucraina, ma penso che la cultura sia un’altra cosa. Non bisogna fare l’errore di mescolare dimensioni diverse”. Sul tema si esprime anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, in scintillante blu elettrico: “Non dovremmo lasciare che Putin distrugga questo Paese, anche per questo non vedo l’ora di vedere quest’opera”. E così, alla prima Prima della presidente che solo qualche anno fa tuonava “l’Europa non esiste”, è più che mai europeista. Come si cambia. Però il momento dell’orgoglio nazionale arriva con l’Inno di Mameli che la premier canta emozionata: Fratelli d’Italia è pure il suo partito.
Il palco Reale, per questa Prima politica come non è stata mai, è affollatissimo: oltre alle presidenti (“due delle donne più potenti del mondo”, azzarda il sindaco Beppe Sala), c’è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (salutato con cinque minuti di applausi e grida di ringraziamento) con la figlia Laura, il presidente del Senato Ignazio La Russa con la moglie, il presidente della Regione Attilio Fontana con la figlia, il sindaco con la compagna Chiara Bazoli. Restano fuori i ministri, presenti in nutrita delegazione. Gennaro Sangiuliano, titolare della Cultura con propensione alle gaffe, risponde ai cronisti che gli chiedono se Putin finirà male come lo zar del Boris Godunov, con saggia prudenza: “Questa è una lettura, la tirannia è sempre da avversare”. Eh no? Durante l’intervallo, nel blindatissimo ridotto delle autorità, è praticamente una riunione di maggioranza: ci sono anche Adolfo Urso, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Anna Maria Bernini. Alla fine arriva pure la senatrice a vita Liliana Segre, elegantissima in un completo nero Armani e festeggiatissima. A chi le chiede della strana compagnia nel palco Reale (Meloni e Mattarella insieme) risponde: “Siamo in democrazia, va bene così”.
Non c’è spazio né voglia per le polemiche, i poteri hanno già digerito il pericolo fascista (e il Covid: il pubblico con età media da ottava dose è tutto no mask): sorrisi e strette di mano, tra i Minzolini e i Signorini che si aggirano nel foyer. Fedele Confalonieri dà un dispiacere all’amico Silvio: “Berlusconi è il numero uno, anche se adesso Meloni gli ha rubato la scena. Sta lavorando bene”. Nel solito mare di plastica e canotti, è però una Prima sottotono. Mancano le Santanchè e le Marini, resistono quelli che un tempo contavano qualcosa e oggi faticano a trovare un fotografo che se li fili. Come Angelino Alfano, che si guadagna una domanda perché è tra i primi ad arrivare: “Le manca la politica?”. “Assolutamente no”. Ed è reciproco.